lunedì 30 novembre 2009

Con la riscoperta della via Francigena facciamo conoscere le nostre radici cattoliche

Il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla, e l’assessore alla Cultura, Turismo e Commercio della Regione Toscana, Paolo Cocchi, hanno presentato, il 26 novembre, nella sala stampa di Palazzo Chigi, il progetto sulla via Francigena, l’antico sentiero di pellegrinaggio medievale.
Si tratta di un piano infrastrutturale che prevede la valorizzazione dello storico itinerario che attraversa da nord a sud tutta l’Italia.
Il “master plan” messo a punto dalla Regione Toscana rappresenta un esperimento pilota che risponde all’obiettivo del Ministro del Turismo di coniugare l’aspetto storico religioso del percorso con un’adeguata offerta che sappia attrarre su tutto il territorio nazionale turisti, pellegrini ed escursionisti di ogni nazionalità. Proprio dalla Toscana prende avvio la prima tranche del progetto interregionale “Via Francigena”, che prevede infatti il coinvolgimento di tutte le altre regioni che rappresentano le tante tappe della via Francigena italiana.
La via Francigena, che da Canterbury portava a Roma, è un itinerario che appartiene alla nostra storia, una via maestra percorsa per ragioni penitenziali e devozionali, soprattutto all’inizio del secondo millennio, da una moltitudine di pellegrini, in occasione del Giubileo.
Per il Ministero del Turismo sarà fondamentale creare lungo tutto il tratto italiano della celebre via (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Lazio), un itinerario escursionistico, attrezzato con aree di sosta, informazione e accoglienza, e con strutture ricettive adeguate a pellegrini e a turisti concentrati sull’aspetto paesaggistico, culturale e naturalistico del luogo, senza la frenesia del “mordi e fuggi”. Il progetto si articola in una serie di interventi di carattere generale che, oltre a dare omogeneità al percorso, restituiranno alla via Francigena l’antica visibilità.

Il Partito Democratico di Faenza dimostra di avere più buon senso e più coraggio di quello di Casola. L'ordine del giorno che hanno approvato assieme a PDL UDC e Lega è molto simile al nostro che invece è stato respinto. Intanto la Lega continua la raccolta di firme che a Casola sono oltre duecento


domenica 29 novembre 2009

Sul voto per il Crocifisso il centro-sinistra casolano dimostra che il centro scompare sotto la spinta della sinistra più oltranzista

Il voto sull’Ordine del Giorno per l’esposizione del crocifisso nelle scuole che abbiamo presentato nel consiglio comunale di sabato 28 novembre 2009, rappresenta una esemplificazione perfetta del modo con cui il gruppo consiliare di centro sinistra si comporta in ogni circostanza.

Chiunque legga il nostro odg può ben vedere come non ci sia stato alcun tentativo di politicizzare l’argomento, di trarre rendite politiche da temi che nulla hanno a che fare con il confronto tra i partiti e soprattutto non ha voluto negare alcuno dei diritti che fondano le basi della convivenza dei popoli e dei cittadini nella nostra nazione.

Tutto l’ordine del giorno è stato costruito per unire e non per dividere, per comprendere non per escludere, per collegare e non per disgregare.

Ha un solo difetto: ritiene che i valori cristiani e cattolici che caratterizzano così profondamente il nostro popolo e la nostra civiltà debbano essere difesi quando si cerca di indifferenziarli e di annacquarli com’è avvenuto appunto nel caso della sentenza della corte europea in nome di una incomprensione palese per la nostra storia e per la nostra cultura.

Naturalmente ci saremmo aspettati che un ordine del giorno così formulato trovasse nel gruppo consiliare Uniti per Casola guidato da un capogruppo a lungo militante nell’Agesci e con una certa presenza cattolica, almeno una attenzione partecipe ed un rispetto sul merito.

Così non è stato: il gruppo di centro sinistra senza porsi problemi di sorta, né cercare un accordo sul testo, ha votato compatto contro l’ordine del giorno, presentandone un altro alternativo (preventivamente preparato) dove naturalmente non si manca di accusare il governo (persino sul crocifisso trovano il modo di farlo!), di difendere con una accentuazione esagerata - e perciò sospetta - i diritti dei non cattolici, accusando di uso strumentale dei simboli religiosi non si sa chi e perché . Molto altro ancora c’è in quel testo di cui raccomandiamo vivamente la lettura. Ciascuno, leggendolo potrà valutare il livello di malizia politica e di doppiogiochismo che è stato utilizzato anche in questa vicenda.

A noi che ad ogni consiglio ci dobbiamo misurare con queste forme di attacco ferocemente rancorose contro il Governo, la cosa non fa quasi più effetto, ma vogliamo sperare che faccia invece effetto e scandalo in tutti coloro (e sono tanti) che pensano che questo modo vecchio e datato di fare politica debba cedere il passo verso forme più moderne e mature di intendere il rapporto tra le persone ed anche tra i partiti.

o
















sabato 28 novembre 2009

E così, alla fine, anche Iseppi dice no al parcheggio in Piazza Sasdelli e Via Matteotti. Per la "mobilità dolce", sostiene. Mah?!




ooooooooooooo
Naturalmente ci siamo dichiarati insoddisfatti della risposta. Non ci rimane che sperare che gli incontri che il Sindaco ha promesso di fare con i commercianti e i cittadini della zona lo convincano ad accogliere le richieste che noi invece riteniamo giuste e legittime.

In Settembre presentammo una interrogazione sulla fogna a cielo aperto del Rio Casola: questa la risposta dell'assessore Ricciardelli
























A quanto dice l'assessore il problema nasce da un certo numero di abitazioni di Via delle Vigne che convogliano direttamente i reflui nel Rio Casola nel quale confluisce anche una fognatura pubblica a servizio di via Roma.
Dicono gli amministratori che gli abitanti di via delle Vigne dovranno allacciarsi alla fognatura a loro spese mentre per la fogna di via Roma il Comune intende provvedere nel 2010.
Abbiamo qualche timore che le spese di allacciamento al sistema fognario per gli abitanti di Via delle Vigne possa risultare particolarmente oneroso a causa dei problemi tecnici descritti nella risposta.
Per questa ragione pensiamo che un supporto economico del comune a favore delle famiglie interessare potrebbe risultare opportuno.

Il Portale turistico di Casola nasce con poche idee e, purtroppo, con pochi soldi: una nostra interrogazione nel consiglio comunale del 28/11/2009

giovedì 26 novembre 2009

Una intera classe politica senza tutele


Oggi è in atto un violentissimo scontro sulla giustizia che, tra le altre cose, riguarda il controllo sui pubblici ministeri, quelli che hanno determinato la caduta di due governi (Berlusconi nel 1994 e Prodi nel 2006).


Proviamo a vedere come stanno le cose negli altri paesi:
In Gran Bretagna il lord cancelliere, ministro della Giustizia, è al tempo stesso uomo politico e più alto magistrato del regno: nomina i magistrati su parere di una commissione consultiva istituita in ciascuna giurisdizione e può essere rimosso in qualsiasi momento dal primo ministro. Il pm è nominato da un omologo del nostro procuratore della Repubblica nominato a sua volta da un omologo del nostro procuratore generale di Cassazione. Sono entrambi esponenti del partito di maggioranza, restano in carica quanto il governo, possono sospendere i processi penali in corso, ma anche impedirne l’avvio, qualora ritengano che possono nuocere all’interesse nazionale o alle relazioni internazionali. L’ultimo caso è quello per lo scandalo dei rimborsi spese gonfiati dai parlamentari, chiuso senza l’avvio di procedimenti penali.
In Francia l’apertura di un procedimento è lasciata alla discrezionalità del pm che dipende da un procuratore della repubblica, che dipende da un procuratore generale, che dipende gerarchicamente dal ministro della Giustizia. Questi, dopo la riforma del 1993, deve trasmettere per iscritto le sue disposizioni ai magistrati.
In Germania i pubblici ministeri sono funzionari che «devono conformarsi agli ordini dei loro superiori», cioè del governo. Nelle corti federali vengono nominati dal ministro della Giustizia, con l’approvazione del Senato.

In Belgio, dove tutta la magistratura è sottoposta agli altri poteri dello stato, i pubblici ministeri sono semplici funzionari nominati discrezionalmente dal re.

In Svezia i pm sono nominati dal ministro della Giustizia.

Nei Paesi Bassi i pubblici ministeri rispondono direttamente al governo.

In Spagna dipendono dal procuratore generale nominato dal re su proposta del governo.

In Svizzera il tribunale federale è nominato dal parlamento.

In Giappone i magistrati della Cassazione e delle corti inferiori sono nominati dal governo.

Negli Stati Uniti tutta la magistratura è di natura politica.
In Portogallo, i pubblici ministeri e giudici dipendono da consigli superiori diversi e i pm rispondono gerarchicamente a un procuratore generale che si muove lungo linee di politica criminale tracciate da governo e parlamento. Il Portogallo ha avuto una dittatura più lunga del fascismo, eppure ha scelto una strada più cauta della nostra.

Quando Bruno Vespa chiese a Giulio Andreotti perché nella Costituente si decise una soluzione diversa da tutti i paesi europei garantendo l’autonomia anche ai pubblici ministeri, il senatore rispose: «Prima delle elezioni del 1948 noi e i comunisti avevamo paura gli uni degli altri. Ma introducemmo l’autorizzazione a procedere per i parlamentari come salvaguardia da eventuali abusi». Ebbene, anche quell'unica tutela fu abolita nel 1992-1993 sotto i colpi di tangentopoli.

Insomma, ogni persona in buona fede vede quanto forte sia lo squilibrio tra una magistratura che di fatto non risponde a nessuno e una classe politica eletta democraticamente, che si trova senza più alcuna tutela.

Circonvallazione di Castelbolognese: qualcosa si muove anche per merito del PDL

martedì 24 novembre 2009

Sondaggi politico elettorali: Istituto Piepoli - Pubblicato il 19/11/2009 * Sondaggio ISPO Srl - Pubblicato il 23/11/2009: tutti confermano una tendenza molto positiva per il centro destra



Il consiglio comunale del 28/11/2009 - Mozione e ordini del giorno presentati dal nostro Gruppo



Mozione:    Sostegno all'autonomia della Romagna
OdG :         Mantenimento della presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche
Odg :         Opposizione alla istituzione dell'ora di religione diversa da quella cattolica nelle scuole pubbliche

Predicare bene ma razzolare male

La Provincia di Ravenna ha aderito alla settimana europea per la riduzione dei rifiuti promossa dall’Unione europea come ha spiegato l’assessore Andrea Mengozzi.
In questa circostanza ha promosso azioni per indurre a limitare il consumo di acqua in bottiglie di plastica incentivando l’uso dell’acqua che sgorga dal rubinetto di casa.
Buona idea in quanto siamo convinti che l’acqua che arriva a Ravenna sia di ottima qualità provenendo dalla diga di Ridracoli. Anzi risulta essere un’acqua migliore della stessa acqua minerale nelle bottiglie di plastica, come afferma l’assessore Mengozzi
Per questa ragione chiediamo all’assessore perché nel 2008 la Provincia di Ravenna abbia speso per l’acquisto di acqua minerale per i soli uffici provinciali la bella somma di 22mila euro?!  Quando si predica bene ma si razzola male!

venerdì 20 novembre 2009

Il nuovo Logo del Parco. Non è male ma forse si poteva fare di più


Utile a sapersi


Servizi locali: e adesso le regole

È dunque legge il decreto salva infrazioni per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della corte di giustizia europea. Il provvedimento contiene, fra le altre, la riforma dei servizi pubblici locali, tra cui la gestione dell'acqua e la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.
Nella gestione di tre servizi, ovvero acqua, rifiuti e trasporti locali il decreto segna una svolta sostanziale. L’aspetto fondamentale è che si cerca di rendere molto difficili gli affidamenti diretti di un comune a una impresa interamente pubblica. Se si vogliono fare affidamenti diretti, ci deve essere, con almeno il 40 per cento, un socio privato industriale (non solo finanziario) con compiti di gestione. Se no, si va in gara.

CONTRO LE INEFFICIENZE
La ratio è evidente. Accanto a tante imprese pubbliche efficienti, ce ne sono tante che gettano via denaro pubblico. Si noti che i privati, motivati dai profitti, a parità di efficienza verosimilmente chiederanno prezzi più alti delle imprese pubbliche. E allora le imprese pubbliche efficienti resteranno a galla, anche perché se sono veramente tali vinceranno le gare. Quelle che sono così inefficienti da perdere le gare perfino contro i privati - che dai prezzi devono ricavare margini di profitto - nessuno le rimpiangerà.
Per dare un’idea, nel 2005 risultavano in perdita circa un terzo delle imprese locali del settore igiene urbana e il 40 per cento nel settore idrico. E il trasporto pubblico locale va anche peggio.
Nella più ottimistica interpretazione, siamo di fronte a deficit pubblici che le amministrazioni locali nascondono nelle loro imprese per non farli risultare dai bilanci comunali. Ma temiamo che in molti casi ci sia di ben peggio. A queste situazioni occorre dare una risposta, anche per lasciare spazio a imprese vere; magari pubbliche, perché no, ma vere.
Una delle norme introdotte dice che se si vuole evitare la gara, c'è bisogno di almeno il 40 per cento di capitale privato. Diversi studi sull’Italia (ma non solo) ci dicono che le imprese a capitale misto sono più efficienti di quelle totalmente pubbliche. Ma è evidente che l’arrivo “forzato” del privato non è in sé una panacea; tante volte le imprese miste sono migliori di quelle pubbliche proprio perché sono state vendute al privato le imprese più appetibili (quelle scadenti, nessuno se le compra). Oltre tutto, costringere a vendere non promette bene quanto a gettito pubblico e si può dubitare che molte amministrazioni vorranno andare su questa strada, se non per eludere la norma con qualche socio privato di comodo. Ma, come si diceva, se non ci riescono non è la fine del mondo: è solo la messa a gara del servizio.

NON C’È UNA PRIVATIZZAZIONE DEL SERVIZIO IDRICO
È triste che qualcuno chiami tutto questo “la privatizzazione dell’acqua”. È cattiva informazione, ai limiti della mala fede. Quello che si vuole è la messa a gara dei servizi. Se uno poi vuole mantenere la proprietà pubblica delle imprese lo può fare, ma queste devono dimostrare sul campo di valere almeno quanto quelle private. Si noti bene: le imprese pubbliche “brave” non avranno problemi, e in Italia per fortuna ne abbiamo diverse.
Il timore di qualcuno è che la presenza dei privati aumenti i prezzi, in particolare dell’acqua.
No, a questa obiezione la risposta è semplice: se non si vogliono i privati allora si faccia una gara, e se l’impresa interamente pubblica farà veramente prezzi più bassi, allora il privato non passerà. Avremo una gestione privata solo se sarà il privato ad avere prezzi più bassi, ma allora il problema non esiste.
Resta poi un'altra questione, che prescinde dalla proprietà pubblica o privata. Ovvero, il fatto che il settore idrico ha bisogno di investimenti immensi (decine di miliardi di euro già oggi previsti) e che i costi dovranno essere coperti da prezzi più alti.
Ma questo resterà vero anche se il gestore è pubblico, ed è cosa nota da almeno quindici anni: la legge Galli è del 1994, quando al governo c’era Carlo Azeglio Ciampi; il provvedimento per l’adeguamento dei prezzi data al 1996, firmato da Antonio Di Pietro nel primo governo Prodi.

I PROBLEMI APERTI
Il provvedimento lascia aperti un paio di problemi. Il primo, risolvibile con un regolamento apposito, è come saranno fatte le gare. Il secondo è invece assai più serio, ovvero chi regola questi settori. Si spinge per una maggiore presenza privata in alcuni servizi che però non hanno una regolazione degna di questo nome.
Ad esempio, nell’acqua già oggi questo è un problema che sta per esplodere. Da un lato, il regolatore non può essere (come è oggi) un organo politico locale, troppo sottoposto a pressioni elettorali spicciole: inutile obbligare alla privatizzazione se non si creano le condizioni per tutelare gli investitori.
Dall’altro, i livelli di qualità rischiano di essere sacrificati se i comuni non hanno organi capaci di svolgere il monitoraggio. Problema, questo, ancora più acuto per il settore dei rifiuti. Per questo pensiamo che l’istituzione di organi di regolazione per questi servizi non possa attendere.

giovedì 19 novembre 2009

Comunicazione

Stanno accadendo episodi molto sgradevoli nei commenti ai post.
Sempre più spesso vengono usate pesanti volgarità che nulla hanno a che fare con il dibattito politico locale e nazionale e trovano giustificazione solo nel disprezzo e nell'odio che alcuni nostri concittadini nutrono nei confronti del PDL ed anche personalmente nei miei.
Molto raramente ho cancellato i commenti poco compatibili con questa stanza perchè non mi piace utilizzare questi metodi ma intendo precisare che qui la volgarità e le offese non saranno più tollerate.
Non volevo rassegnarmi, ma evidentemente l’educazione e l’intelligenza neppure a  Casola sono beni di largo consumo.
D’ora in avanti chi manderà commenti offensivi  e di dileggio politico nei confronti del PDL e dei partiti dell'opposizione politica casolana (ma anche dello stesso PD) sarà bandito ed invitato ad utilizzare altri spazi, che sicuramente troverà in abbondanza
Fabio Piolanti.

Travolto da un isolito destino

Travolto da un insolito destino, Luca Casarini ha smesso la tuta bianca con cui dava l’assalto al mondo globalizzato e ha cambiato guardaroba. Non okkupa più, adesso l’ex leader dei disobbedienti veneti è occupato. Lavora. Niente tuta blu, quella è prerogativa di chi sta alla catena di montaggio.
Lui no, fa l’imprenditore, un po’ colletto bianco e un po’ manager di se stesso. «Ho aperto un’impresa individuale di consulenze sul marketing e design pubblicitario e la scorsa settimana l’ho registrata», rivela.
Il signore sì che di marketing se ne intende: aveva poche centinaia di seguaci, i frequentatori dei centri sociali, ma per anni ha seminato il panico nelle città del Nord. A ogni piazzata richiamava un numero di agenti anti-sommossa inversamente proporzionale alla cerchia di fedeli.
Il marketing è stato l’asso nella manica dei no global. Internet pullula ancora di siti antagonisti del tipo «Boicotta la Coca Cola» oppure «Guerriglia marketing», sottotitolo «fottere il mercato per entrarci».
Casarini non poteva che dedicarsi all’arte in cui eccelle: ottenere il massimo della visibilità con il minimo degli investimenti. Oggi il marchio antagonista non tira più. I vecchi leader del movimento come Vittorio Agnoletto e Francesco Caruso sono arnesi da museo. Lo stesso Casarini è un reduce che colleziona guai giudiziari: l’ultimo (9 novembre) è un rinvio a giudizio con 40 compagni che nel 2007 bloccarono la stazione di Mestre con un corteo anti americano.
Ed ecco il salto. Casarini, veneziano, figlio di operai, 42 anni e una famiglia da mantenere (la compagna e un figlio di tre anni), aveva tentato di inventarsi come romanziere. La sua opera prima, «La parte della fortuna», un «social-noir» (definizione sua) non memorabile, è stato pubblicato l’anno scorso nientemeno che dalla berlusconiana Mondadori nella collana «Strade blu» che raccoglie anche i libri di Roberto Saviano e Mario Calabresi. La vera svolta è delle scorse settimane, a fianco della «classe più debole di quest’epoca»: le partite Iva del Nordest. I piccoli capitalisti non più brutti sporchi e cattivi.
«I disobbedienti sono al capolinea – ammette Casarini al “Corriere del Veneto” – ora sto con la piccola impresa contro le tasse e lo stato. Prometto di dare battaglia insieme a loro».

mercoledì 18 novembre 2009

Il Financial Times premia la politica del rigore di Tremonti

Il Financial Times ha presentato la sua classifica annuale dei ministri delle Finanze europei. L’italiano Giulio Tremonti è, insieme con lo svedese Anders Borg, la sorpresa del 2009.
Tremonti passa dalla quindicesima posizione del 2008 alla quinta di quest’anno. «Merito del rigore sui conti pubblici», dice il FT. Prima la francese Christine Lagarde, secondo il tedesco Peer Steinbrück, ultimo l’irlandese Brian Lenihan.
Tre i parametri di giudizio. Ogni ministro viene valutato in base a valori economici, politici e di credibilità. La giuria internazionale è composta da un pool di economisti, fra cui anche Marco Annunziata di UniCredit. Il risultato del titolare di Via XX Settembre arriva dopo la notizia della ripresa dell’inflazione, frutto dell’enorme massa di liquidità immessa sui mercati per fronteggiare la crisi sistemica.
E proprio questo è stato uno dei metri di paragone fissati dal quotidiano finanziario londinese per stilare la graduatoria dei dicasteri economici europei più virtuosi. Solo un anno fa, tutto ruotava intorno all’esposizione verso i derivati delle singole nazioni.

Sarebbe molto meglio che la Provincia usasse i soldi per i fini istituzionali, strade e scuole in primo luogo, piuttosto che utilizzarli per improprie partecipazioni societarie


Nell'ultimo consiglio provinciale - in base alla legge n. 244 del 24.12.07 (Prodi) e alla successiva integrazione n. 69 del 18.6.09 (Berlusconi) - si doveva eseguire la ricognizione delle società partecipate dalla Provincia al fine di “evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori” e in particolare si doveva verificare il perseguimento delle finalità istituzionali al fine di non assumere nè mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza,  in società improprie essendo ammessa esclusivamente la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e che servano servizi di committenza a supporto degli enti senza scopo di lucro.
Era un'ottima occasione per fare chiarezza sulle venti società alle quali la Provincia partecipa con un impegno finanziario di circa 24 milioni di euro, oltre all’erogazione annuale di contribuiti per circa 1,6 milioni di euro.
Tra queste ci sono alcune società come la Stepra, una vera immobiliari “pubblica” nata per realizzare aree produttive, Brisighella Medioevale per gestire le omonime Feste, l’Agenzia Polo ceramico di Faenza, Delta 2000, Saline di Cervia, società tutte giuste e legittime per i vari Comuni, ma che non perseguono gli scopi istituzionali della Provincia.
Gravissimo appare inoltre l’avere contratto mutui per la loro gestione.
Il parere favorevole espresso dalla maggioranza consiliare per il mantenimento della partecipazione a queste  società è, a giudizio del Gruppo Pdl-Fi, non conforme ai disposti della legge e viziato da evidente illegittimità e pertanto il voto è stato contrario. La delibera sarà inviata alla Corte dei Conti per i controlli di legge ed il Gruppo segnalerà l’evidente contrasto con le finalità della legge e un inutile aggravio della spesa pubblica.
Con i fondi ricavati dall’uscita dalle partecipazioni improprie si potrebbero realizzare invece le opere che ricadono nei fini istituzionali della Provincia, scuole superiori e strade in primo luogo.

martedì 17 novembre 2009

La notizia è che per una volta siamo d'accordo con Gianpaolo Sbarzaglia

La notizia è che per una volta siamo d’accordo con Gianpaolo Sbarzaglia quando dice “... i Sindaci dei territori si approprino direttamente dello strumento parco, la delega alla provincia di Ravenna ha esaurito il suo compito.”
Diamo atto a Gps di non averle mai mandate a dire sul Parco e, com’è nel suo stile giacobino, di avere sempre tagliato i problemi con l’accetta  (forse anche per questo nel partito democratico è stato così pesantemente emarginato).
La situazione del Parco si profila esattamente come avevamo preconizzato: una farraginosa struttura politico amministrativa, tecnicamente debolissima, che si muove come un pachiderma perso nelle sabbie mobili, piantato ad ogni piè sospinto.
Assediati da ogni parte questi amministratori segnati dall’apatia, dall’indifferenza, dallo sconforto mostrano, ogni giorno di più, di non sapere da che parte cominciare.
Intanto devono fronteggiare le frange ambientaliste che iniziano a rumoreggiare di fronte al vuoto progettuale e propositivo, ma soprattutto devono tamponare il pressing degli agricoltori che avevano ricevuto garanzie di ingresso nella gestionalità diretta del Parco e che ora si trovano beffati, scornati e pesantemente danneggiati nelle proprietà.
Sbarzaglia li chiama “i furbetti del contadino” usando una immagine per nulla spiritosa, che tradisce tutto l’astio e il disprezzo che l’ex presidente della Comunità Montana nutre per i suoi concittadini che avevano chiesto di sedere al tavolo delle decisioni. Li sfida e li sbeffeggia perchè avevano minacciato ricorsi al Tar senza sortire risultati e ora intendono reiterarli.
E’ notorio lo stile del nostro uomo, dirigista e volitivo fino al limite estremo della prepotenza, che in un quarto di secolo di governo indisturbato della collina faentina ha maturato un atteggiamento mentale che gli impedisce spesso di introiettare le regole politiche della disponibilità e dell’attenzione verso gli avversari.
Su una cosa però ci troviamo d’accordo con Gps. I sindaci hanno una percezione del proprio territorio e della propria gente sicuramente diversa da quella di un assessore provinciale.
Si cominci allora ad attribuire ai sindaci la direzione dell’esecutivo del Parco sia per accellerare il processo decisionale, sia per dare risposte positive al mondo agricolo che per un atteggiamento manicheo e miope è stato relegato alle aule di tribunale anzichè alle stanze di governo del parco come si sarebbe dovuto fare da subito.
Persino Sbarzaglia sembra cominciare a capirlo.

lunedì 16 novembre 2009

La magia del governatore rosso: inaugura l’ospedale che non c’è

C’è una carta che, forse più di ogni altra, Vasco Errani vuole giocare per centrare il tris alla guida della Regione Emilia Romagna.
Se davvero, come probabile, l’uomo di Massa Lombarda supererà le resistenze interne al Partito democratico e correrà in primavera per il suo terzo mandato, lo farà presentando un biglietto da visita contrassegnato da un solco speciale: la parola fine sul maxi polo ospedaliero di Cona, alle porte di Ferrara.
Quello che dovrà diventare il primo ospedale emiliano romagnolo è noto, ai più, soprattutto per i quattro blitz del Gabibbo e per essersi trasformato nella meta di pellegrinaggio di quei politici locali che negli anni ne hanno annunciato l’apertura con una quindicina di date diverse. Benedetto da Papa Wojtyla con la posa simbolica della prima pietra nel 1990, iniziato circa un lustro più tardi, passato attraverso una chilometrica serie di battaglie legali, varianti e diatribe progettuali, l’ospedale «infinito» è costato la bellezza di 285 milioni di euro (360 mila euro a posto letto, 1.600 euro a metro quadro) contro i 200 miliardi di lire previsti alla fine degli anni Ottanta.
La sforbiciata al nastro, considerate le decine di milioni di euro pompate a vario titolo da Bologna per Cona, Errani è intenzionato a darla in concomitanza delle elezioni regionali di marzo, settimana più settimana meno.
Per prestare fede, almeno, alle ultime promesse (il contratto sottoscritto dalla sanità regionale con il consorzio dei costruttori «Progeste» prevede il complesso sanitario «sostanzialmente ultimato» entro il prossimo 31 dicembre). Peccato che si tratterà inevitabilmente di un’inaugurazione fittizia (o, appunto, elettorale), dato che per quella data dentro il nuovo nosocomio dei pazienti non ci sarà nemmeno l’ombra.
In questi giorni, del resto, sulla via Emilia più che i politici sono stati i tecnici a parlare e ad aggiornare il quadro dei ritardi.
Se la gran parte dei lavori sarà effettivamente ultimata entro marzo o aprile del 2010 (ma anche in questo caso in barba agli annunci istituzionali lanciati nell’ultimo sopralluogo al cantiere lo scorso maggio), il primo paziente, nella più ottimistica delle previsioni, entrerà nell’ospedale non prima dell’autunno dello stesso anno. Considerato che il tormentone dei finanziamenti da qualche mese si è risolto con lo sblocco di un rogito di oltre 65 milioni di euro da parte dell’Inail, infatti, le spine che ora rimangono sono di natura squisitamente tecnico-organizzativa.
Si va dai cosiddetti lavori infrastrutturali accessori (dai raccordi stradali passando per la metropolitana di superficie) alla complessa fase dei collaudi e dei traslochi tecnologici dal vecchio ospedale ferrarese situato nel cuore della città estense, il Sant’Anna di corso Giovecca. Fuori dal taglio del nastro di Errani rimangono, oltre alle attività non prettamente ospedaliere del futuro polo, i cinque laboratori ad alta tecnologia che il Sant’Anna tuttora ospita (tra cui quelli di analisi e i farmaceutici), per i quali proprio in queste ore i responsabili dei lavori stanno lavorando all’ennesima perizia di variante suppletiva.
Il punto è che se i trasferimenti e le acquisizioni non avverranno al massimo entro i primi giorni del novembre 2010, si slitterà fatalmente all’anno successivo.
Secondo le autorità sanitarie i collaudi delle apparecchiature (senza pazienti) dovrebbero durare almeno 3 mesi, i traslochi altri 2. Una stima a giudizio di diversi esperti piuttosto ottimistica, considerate le incognite di turbolenza meteorologica e no che si profilano sull’orizzonte di Cona.
Qualche tensione al centro del consorzio Progeste, infatti, di recente è stata confermata anche dai responsabili del cantiere: «È normale che soprattutto per opere di questa portata i rapporti tra i committenti e gli esecutori non siano idilliaci, rientra nella caratura di appalti del genere», è stato detto.
Insomma, pure la scadenza iper-prudenziale (dicembre 2010) fissata dal nuovo sindaco ferrarese Tiziano Tagliani alla festa locale del Partito democratico potrebbe davvero non bastare.
«Ci ritroveremo nei primi mesi del 2010, a quel punto per l’apertura vera e propria del nostro ospedale più importante», aveva scandito in maggio il veterano della sanità emiliano romagnola e braccio destro di Errani, l’assessore Giovanni Bissoni, cercando di rispedire al mittente le accuse di sprechi.
Di vero e proprio, probabilmente, ci sarà poco più di una nuova passerella. Salvo sussulti verecondi dell’ultima ora.
Luca Donigaglia – Il Giornale

Quoziente Parma: primo esempio innovativo a misura di famiglia, utile anche per Casola Valsenio

Il Comune di Parma, amministrato dal centro destra, ha presentato una grande novità in tema di tasse locali battezzata (con l’orgoglio che echeggia i fasti di quella che fu la capitale di un piccolo-grande ducato) “Quoziente Parma”.
E’ la rimodulazione dell’Isee, cioè del coefficiente in base al quale i contribuenti con redditi bassi possono ottenere sconti nelle tariffe dei servizi comunali (asili nido, scuole di base, assistenza sociale e sanitaria, eccetera). Le voci che compongono quell’indice non sono state cambiate, ma è stato ricalcolato il loro peso tenendo conto del cosiddetto “quoziente familiare” che campeggiava nel programma elettorale del governo Berlusconi.
Chi è interessato trova qui una sintesi più dettagliata con alcune tabelle che permettono di valutare il risparmio per le famiglie, mediamente del 15 per cento. In altre parole, un cittadino che dovesse versare 100 euro di tariffa Isee, ne verserebbe 85 con il “quoziente Parma”.
E’ la prima volta che un comune italiano (guidato da Pietro Vignali, l’erede di Elvio Ubaldi) introduce il quoziente familiare. Un segnale da raccogliere con attenzione: significa che ridurre le tasse si può anche in periodo di crisi. E un invito al governo perché con maggiore coraggio introduca il quoziente familiare nel sistema tributario nazionale.

venerdì 13 novembre 2009

Per favore, non con "Gigino 'o drink"

Prendiamo a prestito alcune righe da un bellissimo pezzo di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera di oggi per dire in maniera diretta e senza tanti giri di parole che Nicola Cosentino allo stato dei fatti non ci sembra candidabile dal Pdl come Governatore della Campania per quanto siamo consapevoli che da moltissimo tempo sono annunciati, a mezzo stampa, indagini e provvedimenti nei suoi confronti che come d’abitudine si concretizzano solo sotto elezioni.


Scrive Stella:
C’è un altro Paese al mondo dove il sistema pubblico si prende come soci «Panzone », «Capagrossa» e «Gigino ‘o drink»? Il fascicolo dell’inchiesta su Nicola Cosentino, riassunto ieri da Marco Imarisio, toglie il fiato.  E fa venire in mente, forse per quei nomi che sembrano imparentati con Macchia Nera e Gambadilegno, il modo in cui furono dipinte qualche anno fa, quando dilagarono da Vipiteno a Capo Passero, le società miste.
Ricordate? Pareva fossero dotate della bacchetta magica della fata Smemorina capace di trasformare la zucca di Cenerentola in una carrozza e i topolini in cavalli. Formula magica: la forza del sistema pubblico più l’efficienza imprenditoriale del privato. Come sia finita si è visto: i ratti si sono mangiati spesso la bacchetta, la carrozza e anche la zucca.

Stella, da par suo, richiama i rischi e i limiti delle società miste, quelle dove il pubblico metteva la forza e il privato l’efficienza.. Anche noi abbiamo in Senio Energia la nostra società mista sulla quale nutriamo più speranze che timori, ma sulla quale tuttavia terremo gli occhi bene aperti affinchè i ratti non mangino la bacchetta, la carrozza e anche la zucca.

Parco della Vena dei Gessi, Coldiretti: "Ancora divisi agricoltori ed Istituzioni"


"Il 13 febbraio del 2008, agricoltori ed Istituzioni, avevamo trovato un accordo e firmato un Protocollo di Intesa che risolveva alcuni dei problemi più importanti legati alla costituzione (avvenuta per legge nel lontano 2005) del Parco della Vena dei Gessi, ma a distanza di tanto tempo l'accordo non ha trovato nessuna concreta applicazione" spiegano da Coldiretti Ravenna.
"In una nota inviata ieri ai Comuni interessati, alle Province di Ravenna e Bologna nonché alla Regione Emilia Romagna da tutte le Organizzazioni di Rappresentanza degli agricoltori - Coldiretti, Cia, Confagricoltura, Copagri - si chiede il rispetto integrale del Protocollo firmato nel 2008 e di fatto si rispediscono al mittente, le proposte avanzate qualche giorno fa dall'Assessore Regionale Zanichelli".
"Le questioni sulle quali gli agricoltori pretendono chiarezza ed impegni concreti - commentano le Organizzazioni agricoltori - sono quelle di avere certezza di poter avere dei confini funzionali alle attività economiche del territorio (che non blocchino le aziende agricole), di avere una risposta chiara in merito a chi pagherà i danni provocati dalla selvaggina, di avere una adeguata rappresentanza degli agricoltori all'interno di tutti gli organi deputati al governo del parco".
"In poche parole, gli agricoltori proprietari delle aziende coinvolte nel Parco - continua Coldiretti - chiedono alle Istituzioni di smetterla di usare due pesi e due misure, cioè: da un lato consentire l'uso della dinamite per scavare gesso, dall'altro accanirsi con le imprese agricole, che non distruggono ma costruiscono ambiente, imponendogli dei vincoli".
"Gli agricoltori - conclude la nota delle Organizzazioni - non chiedono altro che avere delle garanzie reali per poter continuare ad esistere, a lavorare e mantenere vivo un territorio e di non dover lottare ogni giorno con vincoli ed imposizioni inventati da qualche burocrate di turno".
"A questo punto la palla passa alle Istituzioni, Regione in testa - conclude Coldiretti Ravenna -, per trovare una soluzione giusta e rispettosa dei diritti degli agricoltori di un territorio che merita di essere valorizzato e premiato e non desertificato".

giovedì 12 novembre 2009

Un utile contributo sulla sanità pubblica a Casola Valsenio e nel Comprensorio


E’ la persona, con i suoi bisogni concreti, il nostro punto di riferimento … E vogliamo salvaguardare e migliorare la qualità e la quantità dei servizi sanitari sul territorio, perché siamo consapevoli che questo tema a Casola, per una popolazione che vive lontano dalle strutture sanitarie e ospedaliere, chiama in causa più che altrove un diritto fondamentale di cittadinanza. La nostra iniziativa verso l’AUSL, nella conferenza sanitaria, sarà continua e incalzante: vigileremo per il mantenimento dei servizi sanitari sul territorio, a partire dalla valorizzazione del ruolo dei medici di base, per migliorare l’accesso alle prestazioni sanitarie, per l’utilizzo di tutti i supporti informatici utili a colmare la distanza che separa Casola dalle strutture sanitarie e ospedaliere ….”.

Anche con queste parole, e idee, il 26 giugno 2009 s’insediava il nuovo sindaco a Casola Valsenio. Ma poi? La realtà è ben diversa!
Sono passati 4 mesi, signor Sindaco, non un atto, non una comunicazione ufficiale riguardante la sanità, ovviamente tralasciando il solito attacco a Berlusconi” l'IRAP se, improvvisamente, la tassa venisse abolita, cosa succederebbe? Chi pagherebbe la sanità, l'assistenza ospedaliera, i servizi di cura e le strutture sanitarie? Chi provvederebbe agli anziani, ai più bisognosi, ai più deboli, agli indigenti (i n d i g e n t i !) che non hanno soldi per pagarsi le cure?”
Sono passati 4 mesi, non una critica all’azienda USL, non una critica alla precedente amministrazione, possibile che la situazione dell’ospedale sia degenerata in soli 4 mesi? Ammissibile che l’amministrazione Sagrini-Giacometti non abbia mai sbagliato nulla?
A Imola si è costruito un complesso nuovo, è già in fase di realizzazione un ulteriore ampliamento, si sta cercando di risolvere il grave problema delle liste d’ attesa quasi annuali,a Faenza non si parcheggia,si sosta nei corridoi per ore,ci sono reparti quasi inesistenti ecc. ecc. ecc. purtroppo.
Eppure anche Imola è un “feudo rosso”, anche a Imola Berlusconi “ha operato tagli dissennati a sanità e comuni”, il bacino di utenza dell’ azienda USL di Imola è molto più ampio di quello di Faenza, hanno pure la loro vallata scomoda, ma le cose là funzionano molto meglio perché?
La responsabilità non è da attribuire solo alla gestione delle USL. Forse i sindaci, gli assessori, il presidente delle comunità montana, anche egoisticamente, hanno pensato più al bene dei loro cittadini e della loro comunità che agli indirizzi politici dettati dall’alto (anche se continuate a negarlo),”indirizzando” alcune decisioni della stessa USL.
Spero che qualche miglioramento ci sia, spero signor sindaco che Lei possa dire “è anche merito mio questo miglioramento”, spero che il tutto avvenga in breve tempo perché questa è salute non arredo urbano.

(ho prelevato questo contributo da un commento lasciato, purtroppo in forma anonima, sul post della critica situazione del Pronto Soccorso di Faenza)

L'ultima che sta circolando tra i dipendenti pubblici

Un uomo ricchissimo compra una vettura, nella versione esistente più lussuosa e tecnologicamente innovativa. Paga uno sproposito, ma la macchina è bellissima.
Fatti pochi chilometri,decide di accendere la radio... ma non riesce neanche a trovarla.
Il cruscotto, probabilmente progettato dalla NASA, contiene migliaia di dispositivi di tutti i tipi, ma nulla che somigli a un'autoradio.
Inca..atissimo, torna dal concessionario. "Mi avete venduto una macchina costosissima, costa quanto un Concorde ma non ha la radio!".
Il venditore gli spiega che la radio, incorporata nell'infonavigatore satellitare, sfrutta un sofisticatissimo congegno di riconoscimento vocale, per cui basta dire il tipo di musica che si vuole e lei la suona.
Il tizio riprende la macchina, fa pochi metri e dice: "Blues!"
Subito la radio trasmette un bellissimo pezzo di B. B. King in dodecafonia dolby stereo surround che neanche al Madison Square Garden si sente cosi.
Dopo un po' decide di cambiare musica. Fa: "Rock!" e la radio commuta su un esaltante pezzo dei Deep Purple.
Dopo qualche minuto prova: "Bach!" e immediatamente parte il secondo Concerto Brandeburghese.
Beato dalla musica, non fa molta attenzione alla strada e quasi investe un ciclista imprudente.
Inca..atissimo, gli grida: " Testa di ca..zo!".
Subito la radio: "E adesso, dai microfoni di Radio Rai, la parola al Ministro BRUNETTA.........".

Il Ministro è intelligente e spiritoso per apprezzare anche questo tipo di popolarità.

Frammenti di “buona amministrazione”: la strana storia di Formula Imola

Qualcuno ricorderà che nel maggio 2008 fu inaugurata in pompa magna la nuova gestione dell’Autodromo “D. Ferrari” di Imola con una cerimonia costata oltre un milione di euro.
La società di gestione era Formula Imola della quale non ci potrebbe importare di meno se non fosse che il ben noto Con.Ami è socio al 20%, naturalmente non con soldi privati ma con soldi pubblici.
Succede ora che la società milanese di organizzazione eventi, Mis Mas, ha presentato un’istanza di fallimento al Tribunale di Bologna ai danni di Formula Imola che a fronte del milione dovuto ha pagato solo 400mila euro. L’udienza si terrà il prossimo 14 dicembre, data nella quale gli avvocati delle parti dovranno discutere anche dei costi faraonici della festa d’inaugurazione.
Il consigliere comunale imolese Simone Carapia del Pdl chiede che il sindaco Daniele Manca relazioni in Consiglio su tutta questa edificante vicenda.
Magari anche il nostro Giorgio Sagrini che siede nel consiglio di amministrazione di Con.Ami ci potrà dire qualcosa di più sui costi (non in percentuale ma in valore assoluto) della partecipazione del Consorzio a Formula Imola, aggiungendo se possibile l’elenco delle società, associazioni, enti ecc sponsorizzati e/o partecipati da Con.Ami.
(In foto: una immagine della grandiosa inaugurazione dell'autodromo nel maggio 2008)

Quante storie e quanta inutile solidarietà alla Meloni! Il nostro GPS fa di ben peggio


martedì 10 novembre 2009

Chi sbaglia storia, sbaglia politica. E dopo non c'è ritorno

Non mi piace parlare dei principi in astratto perché in politica i principi sono come la cicca americana, si possono tirare da tutte le parti e alla fine sono buoni per tutte le bocche.
Lo faccio a malincuore e brevemente perché questa stanza non è fatta per la teoria ma per l’azione, ed è fatta solo per una piccolissima porzione di mondo,Casola, non per il mondo intero. Preferisco una visione minimalista delle cose rispetto all’assoluto nel quale inevitabilmente mi perdo, ci sto troppo largo e non ho riferimenti.
Alcuni interlocutori, che talora passano per questa stanza, sono di una generazione molto diversa e lontana dalla mia perché ci dividono trent’anni di vita. Sono tanti al punto che mi chiedo se le parole di un sessantenne hanno la stessa corrispondenza in un trentenne, soprattutto se queste parole sono impastate del vissuto della storia. A volte ho l’impressione che quando uso il temine “comunismo” le percezioni siano così diverse tra noi!
Massimo Barzaglia, il nuovo segretario del PD casolano, mi chiede di smetterla di fare riferimento al comunismo perché lui, che quando cadde il muro andava alle elementari, non è un comunista e non lo è mai stato, né lui né la sua generazione.
Mi viene troppo facile - e perciò ci vado con i piedi di piombo - ricordare a Massimo e agli altri che sbaglia se pensa di cavarsela tanto a buon mercato.
Così come l’antifascismo ha sostanziato e ancora sostanzia giustamente l’azione politica di intere generazione ben oltre piazzale Loreto - che al pari della caduta del muro di Berlino segnò una frattura epocale - così l’anticomunismo non può essere messo nel dimenticatoio come niente fosse accaduto. So bene che c’è chi vorrebbe proprio questo: dimenticare. Ma non si deve, non si può.
Il comunismo reale ha rappresentato uno degli orrori del ‘900 e su questo non conviene soffermarsi perché siamo quasi tutti d’accordo, credo. Ovunque il comunismo al pari del fascismo è stato portatore di sciagure immani anche se è pur vero che i comunisti italiani, da Berlinguer in poi, si sono sempre proclamati diversi (e in parte lo erano) nonostante la pervicace resistenza a transitare in tempi non sospetti verso l’area del socialismo democratico lasci infiniti dubbi sulla vera natura del PCI.
Per questo non è un’offesa richiedere a Massimo, alla sua generazione, ma anche al suo partito, il PD, una attestazione di anticomunismo da affiancare a quella ben preesistente di antifascismo.
Ed anche quando questa ci sia, noi continueremo a sperare che l’habitus politico delle regioni dove il PD governa da lustri, Emilia Romagna, Toscana, Marche, modifichi sostanzialmente il sistema di potere consociativo e spartitorio proprio del vecchio modello pcista.  Certamente quel modello è nato, si è sviluppato, si è alimentato nel consenso, ma non per questo è meno pericoloso ed escludente per chi non è parte della nomenclatura. E’ un sistema raffinato capace di manovrare sapientemente molti poteri paralleli.
Dobbiamo intenderci: non si tratta della politica condizionata dalla mafia come avviene in alcune aree del sud, né della politica sporcata dalla corruzione e dalle tangenti. Questa roba non appartiene al modello storico del sistema pcista che invece è pervasivo, occupa ogni spazio,diffonde l’idea di vivere nel miglior mondo possibile al punto da rendere indifferente e amorfa l’idea stessa del cambiamento e dell’alternanza. Il sistema pcista è un mondo ovattato, soporifero fatto di poteri diffusi e tutti collegati, verticistico e spartitorio.
Quando in Toscana finalmente abbiamo beccato assessori di sinistra corrotti, non abbiamo tanto pensato ad una improbabile “mani pulite” fiorentina, ma abbiamo pensato e sperato che si palesasse una frattura tra società e potere capace di incrinare il modello.  E’ il modello soporifero che deve cadere quindi il messaggio che abbiamo dato è quello della speranza di rottura di sistema.
Non diamo la caccia ai comunisti con l'Unità che spuntava dalla tasca che è molto probabile che non ci siano più, ma al modello comunista che continua ad essere presente in forza nelle regioni ancora governate da personale politico proveniente per molta parte dalla formazione pcista.
E’ vero e onesto quello che dice Massimo “la fine delle ideologie ha in qualche modo fatto scemare anche il mito della superiorità etica e morale della sinistra” ma questa consapevolezza prova appunto la superba e altezzosa strategia frattocchiana del PCI.
Per questo non finiremo mai di rendere merito alla forza dei democristiani del dopoguerra, De Gasperi in primis, che seppero bloccare la deriva verso cui l’Italia sembrava inesorabilmente diretta.
Non sono in grado di dare consigli a nessuno anche perché il mio partito, il PDL ha moltissimo da mettere a punto, moltissimo da lavorare per selezionare una classe dirigente forte e sicura sul piano morale e operativo, ma una cosa questo lungo pezzo di vita che ho alle spalle me l’ha insegnato ed è la consapevolezza che chi sbaglia storia, sbaglia politica. E dopo non c’è ritorno.

lunedì 9 novembre 2009

Tra scandali e arresti finisce il mito delle buone amministrazioni rosse in Toscana

Il mito della buona amministrazione rossa in Toscana si è offuscato da tempo, da quando alla fine degli anni Novanta cominciarono a cadere i primi fortilizi (Grosseto, Arezzo, Montecatini) sotto i colpi di un elettorato insoddisfatto.
La rete clientelare stesa da sessant’anni su tutta la regione dal sistema di potere comunista e post non è insomma più sufficiente a scongiurare la fuga delle parti più dinamiche di una società in movimento e anche di quell’elettorato non strettamente ideologizzato che ha cominciato a pensare in proprio disubbidendo agli ordini del partito-padrone. Sta accadendo, dunque, quello che accade al crepuscolo di tutti i regimi, e il segnale di Prato, dove la sinistra è stata mandata a casa dopo 63 anni ininterrotti di governo, è una campana suonata per tutti. Questo dal punto di vista strettamente politico.
Ma a incrinare definitivamente la leggenda della superiorità etica e amministrativa della sinistra toscana sono arrivate alcune devastanti inchieste giudiziarie che hanno colpito il Pd proprio a Firenze, cioè nell’ultima capitale italiana del vecchio mondo comunista. Un anno fa quella di Castello, che dimezzò di fatto la giunta Domenici bloccando l’unico asse possibile di espansione urbanistica della città, quello a nord-ovest, e impedendo ai Della Valle di costruire il nuovo stadio con annesso il museo del calcio, e oggi quella significativamente denominata "Mani sulla città", che vede per protagonisti l’ex capogruppo del Pd a Palazzo Vecchio (finito in carcere) e l’ex presidente della commissione urbanistica, anch’egli ovviamente del Pd.
Renzi contro Domenici
Il neosindaco Renzi ha preso immediatamente le distanze: "Questi rubavano per sé – ha detto al Corriere della Sera – facevano cose inaudite", dando così un giudizio politico e morale senza appello nei confronti di una parte degli amministratori dello stesso colore politico che lo hanno preceduto. Forse qualche sentore lo aveva avuto, il nuovo sindaco, visto che si è tenuto per sé l’assessorato all’urbanistica, ha cambiato tutti i dirigenti del settore e ha chiamato come consulente l’ex sindaco di Genova Pericu. Ora ha bloccato a tempo indefinito tutte le costruzioni, temendo che dietro a ogni licenza ci sia un possibile guaio giudiziario. L’ex sindaco Domenici, invece, ha fatto il Ponzio Pilato, negando che durante la sua amministrazione a Firenze si sia verificata quella "corrosione dell’etica pubblica" denunciata dai magistrati. "Ma quale Cupola – ha detto – chi ha sbagliato deve pagare e basta".
L’autocritica
Nel Pd fiorentino è scattata, come di prammatica in questi casi, una "severa autocritica". "Abbiamo avuto scarsa attenzione sul principio della trasparenza. Va tracciata una riga per riportare coerenza tra valori etici e comportamenti. Ma non si può non criticare gli altri livelli del partito, che finora hanno solo usato toni diplomatici, lasciandoci di fatto soli". È una sintesi del documento del gruppo consiliare del Pd, partorito  dopo una riunione durata tre ore. Non c’è, fra i firmatari, il consigliere eletto nella lista Renzi e poi passato al Pd indagato per un presunto falso su una dichiarazione di inizio attività in scadenza: si parla di sospensione o dimissione dal ruolo che ora ricopre, quello di vicepresidente del consiglio in Palazzo Vecchio. Il documento del gruppo consiliare cita persino Lenin: «Che fare?».
Stop ai conflitti d’interesse
Il primo dovere è, per il gruppo del Pd, "superare il distacco che, nel tempo, si è venuto a creare tra i cittadini e la politica, rimettendo, con forza, al centro della sua azione la coerenza fra i valori etici dichiarati e i comportamenti posti in essere". In sostanza, non dovranno ripetersi circostanze o situazioni in cui si possano intravedere più o meno latenti forme di conflitto d’interessi o, comunque, zone d’ombra che si caratterizzano per l’opacità dei rapporti. E poi: "L’impressione che si ritrae, forse condizionata anche dalla complessa fase di costituzione ed organizzazione del nuovo partito, è quella di un movimento che non ha corrisposto pienamente ai dichiarati valori dell’etica politica e del necessario rigore".
Anche il Comune indaga
Palazzo Vecchio ha aperto un’indagine interna per verificare tutti gli atti urbanistici coinvolti nell’inchiesta sui cantieri a Firenze e anche quelle varianti già approvate ancora in itinere, in modo che anche su di esse ci sia chiarezza fin da subito. È la decisione condivisa sia da maggioranza e opposizione emersa durante la seduta della commissione urbanistica che ha deciso di demandare alla presidente Titta Meucci (Pd) e al vice presidente Giovanni Galli (PdL) l’elaborazione di un documento sulle modalità con cui sarà eseguita l’indagine interna. Questo documento verrà portato nella prossima seduta di commissione e messo in votazione

sabato 7 novembre 2009

De Tollis, possibile candidato sindaco PD di Faenza, parla di scuola ma dimostra di saperne poco

Il segretario del PD faentino, candidato sindaco, interviene in una materia, quella della scuola, che è evidente che conosce poco e male.

Dice De Tollis:
"… assistiamo solo a una serie di tagli, su tutti i fronti, che non migliorano la situazione attuale, ma che solo impoveriscono la scuola e con essa gli studenti. L'amministrazione comunale è dovuta intervenire con un contributo economico che ha permesso di aprire una sezione in più nella scuola materna di San Rocco solo in questo modo si è data risposta a circa trenta bambini che rischiavano di restare a spasso fino alla scuola elementare, subendo un grave danno dal punto di vista pedagogico. Il tema vero è quindi proprio quello della riduzione degli insegnanti, anche nella scuola dell'obbligo, cosa che mette in crisi tutto il sistema; le scuole medie inferiori faentine, ad esempio, sono state costrette a ridurre l'orario a causa della mancanza del personale docente".

Gli attacchi aprioristici nei confronti delle misure riformatrici del Ministro Gelmini si susseguono sempre più stancamente perché si avverte in modo diffuso che c’è sostanza e qualità nel tentativo di ridisegnare una scuola migliore e più efficiente e ciò rende visibile a tutti una direzione che entra in rotta di collisione con la sinistra che ha sempre considerato la scuola un proprio feudo ed una propria prebenda.
Anzi la speranza dei riformatori è che né il governo né il ministro si lascino intimorire dai conservatori dello status quo e si prosegua con forza su questa strada per riconosce il merito e la progettualità a scapito dell’appiattimento e della deriva lassista e falsamente egualitaria.
Come tutti sanno l’incipit del progetto Gelmini nasce dalla necessità di mettere sotto controllo la spesa per la scuola che una serie di automatismi e di regole permissive e dissipatrici (molto volute dalla sinistra politica e sindacale per adescare il consenso, ma non per migliorare il prodotto) ha determinato nel sistema scolastico italiano. Una spesa che negli ultimi anni stava aumentando di circa un miliardo di euro all’anno ed era diventata insostenibile e spropositata anche perché non accompagnata da una dinamica di pari segno nella qualità del lavoro e nell’innalzamento degli standard di efficienza. Proprio come stava avvenendo in tutta l’area del pubblico impiego, della magistratura, della sanità dove il Governo con pari impegno e con altrettante resistenze sta cercando di avviare processi di contenimento e di miglioramento.

A Faenza come in tutt’Italia la riforma ha comportato una immediata ottimizzazione delle risorse riuscendo finalmente a far sì che non si assistesse più alla disperante deriva di classi di 14-15 bambini con due ed anche tre insegnanti, ma imponendo la formazione di classi tra 20 e 28 alunni con il maestro unico senza pregiudicare mai la prosecuzione del tempo scolastico pomeridiano.
Non è vero, e sfidiamo De Tollis a provare il contrario, che le scuole medie faentine sono state costrette a ridurre gli orari: hanno operato in accordo con le famiglie un ridisegno dei servizi forniti, ma non c’è stata alcuna riduzione degli orari dell’accoglienza, non c’è stata riduzione nei servizi integrativi, non c’è stata riduzione nel sostegno all’handicap, non c’è stata riduzione nei finanziamenti per il supporto all’integrazione scolastica degli stranieri.
E’ ben triste che si debba ricorrere a forzature di questo segno sulla testa delle famiglie e dei bambini per argomentare le proprie tesi politiche!
E’ vero invece che nelle scuole materne il ministero non ha fornito il personale docente per aprire nuove sezioni volendo concentrare le risorse per servire prima al meglio la scuola dell’obbligo anche perché nell’area materna esiste un forte sistema integrato su tutto il territorio nazionale.
Ricorrere al sistema integrato voleva dire consentire che le scuole materne autonome (prevalentemente cattoliche) fossero aiutate a far fronte all’accoglienza dei bambini. A Faenza da molto tempo il 40% della domanda nell’area materna è servita dalle scuole paritarie.
Al termine delle iscrizioni sono stati circa 80 i bambini che non hanno trovato posto nelle scuole materne statali di Faenza e che senza difficoltà avrebbero potuto essere accolti nelle paritarie.
Naturalmente il PD faentino, non poteva perdere l’occasione di dimostrare i “danni” prodotti dai provvedimenti ministeriali e così imbastiva un finto dramma del disagio sbandierando a destra e a manca che avrebbe assunto su di sé le spese per assumere nuovi insegnanti nella scuola materna statale da farsi, naturalmente, attraverso le cooperative amiche ignorando le possibilità offerte dalle scuole del sistema integrato.
Ma i genitori hanno capito benissimo che si trattava di una operazione strumentalizzata politicamente e così degli ottanta bambini in attesa, una cinquantina si sono iscritti alle scuole cattoliche ed i restanti sono entrati in una sezione finanziata dal comune di Faenza con circa 40mila euro che comunque cadono come una goccia d’acqua nel mare di debiti che l’amministrazione Casadio lascia in eredità ai futuri amministratori ma soprattutto ai cittadini di Faenza.
A proposito di scuola faentina, è bene non dimenticare che questi amministratori sono gli stessi che hanno avuto l’incuria di costruire piani sviluppo dell’edilizia abitativa per migliaia di nuovi residenti senza curarsi minimamente dei servizi scolastici da erogare e così si troveranno tra pochi anni nell’impossibilità di accogliere gli alunni di interi quartieri (soprattutto in Borgo e a S. Rocco).
State certi che troveranno il modo di darne la colpa alla Gelmini!