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sabato 26 marzo 2011

E’ un grave illecito esentare il PD dal pagamento della Tosap ed è sbagliato che il sindaco non riconosca questo abuso. Abbiamo inoltrato gli atti alla magistratura e alla corte dei conti e diffidiamo gli amministratori e i dirigenti del Comune dal perseverare in questo comportamento

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Da molti mesi stiamo chiedendo a quale titolo, il Comune di Casola esenti il Pd dal pagamento della Tosap nella concessione del Parco Pertini per svolgervi ogni anno la Festa del Partito. Si tratta di una tassa non da poco perché comporterebbe un introito per il comune di qualche migliaio di euro.

La TOSAP (la tassa per l’occupazione di suolo pubblico) deve obbligatoriamente essere pagata per le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate nelle strade, nelle vie, nelle piazze, nei parchi e comunque sul suolo appartenente al Comune o su suolo privato ma gravato da servitù di uso pubblico costituita nei modi e nei termini di legge.

Il sindaco nella sua risposta alla nostra interrogazione n. 21 del 27/11/2010 sostiene che la tassa non sarebbe dovuta per due ragioni: perché la concessione comunale eliderebbe l’obbligo della Tosap e perché i partiti ne sarebbero esentati.  Non è vera né la prima né la seconda motivazione come ben sanno gli organi tecnici e di validazione giuridica degli atti del Comune che abbiamo cercato di chiamare in causa ma che non si sono espressi.

In più occasioni la giurisprudenza ha precisato che l'esistenza di una concessione non vale ad escludere l'applicazione della tassa. In altre parole, il fatto che l'ente territoriale abbia concesso al privato di utilizzare uno spazio pubblico non esclude affatto che la sottrazione all'uso pubblico della superficie occupata avvenga per fatto del privato, o comunque su accordo tra il privato e l'amministrazione, e, soprattutto, nell'interesse del privato medesimo.
Nel sistema non si configura alcuna incompatibilità tra il canone di concessione e la tassa per l'occupazione del suolo pubblico in quanto trattasi di proventi assolutamente diversi, per natura e fondamento.
Da un lato, il canone ha natura patrimoniale, costituisce la controprestazione del godimento del bene ottenuto in concessione, e trova il suo fondamento giuridico nel rapporto bilaterale (anche se non paritario) che disciplina la concessione stessa.
D’altro canto, la tassa ha natura strettamente pubblicistica, e costituisce un'entrata di carattere tributario, imposta per legge in favore dell'ente pubblico territoriale ed a carico di tutti i soggetti che occupino spazi pubblici di pertinenza dell'ente stesso.
Già l’art. 18, del D.P.R. 26/10/72, n. 639 (nel sistema preesistente al nuovo regime normativo introdotto col D.Lvo n. 507/93) recitava che: “Qualora la pubblicità sia effettuata su beni di proprietà comunale o dati in godimento al comune, ovvero su beni appartenenti al demanio comunale, la corresponsione della imposta non esclude il pagamento di eventuali canoni di affitto o di concessione, né l'applicabilità della tassa per l'occupazione dello spazio ed aree pubbliche”.
Inoltre, il comma 7 dell’art. 9 del d.lgs. 15.11.1993 n. 507 e s.m.i., nel testo integrato con l’art. 145, comma 55, della legge 23/12/00, n. 388, prevede: “Qualora la pubblicità sia effettuata su impianti installati su beni appartenenti o dati in godimento al comune, l'applicazione dell'imposta sulla pubblicità non esclude quella della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, nonché il pagamento di canoni di locazione o di concessione commisurati, questi ultimi, alla effettiva occupazione del suolo pubblico del mezzo pubblicitario”.
Dopo l’entrata in vigore del citato decreto 507/93 è stata emanata la legge 28/12/95, n. 549 la quale, all’art. 3, comma 64, ha statuito che “Per le aree su cui i comuni e le province riscuotono i canoni di concessione non ricognitori i comuni e le province possono deliberare la riduzione fino al 10 per cento della tassa per l'occupazione permanente o temporanea di spazi ed aree pubbliche prevista dal D.Lvo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni”.
Infine, la legge 15 maggio 1997, n. 127, che al comma 63 dell'art. 17 ribadisce questi stessi concetti.
In altre parole, dalle richiamate disposizioni normative si evince che il legislatore ha sempre riconosciuto compatibile con la TOSAP il canone d’uso degli spazi ed aree pubbliche.
Tutto ciò precisato, si ritiene confermata l’impostazione da noi sostenuta che il canone giornaliero non esenti alcuno dal pagamento della tassa stante le richiamate diversità (di natura e presupposti) per l’applicazione dei proventi in questione.

Per quanto riguarda la presunta esenzione a favore dei partiti politici, la normativa è chiarissima: l’esenzione si applica per “occupazioni temporanee relative a manifestazioni o iniziative a carattere politico purché l’area occupata non ecceda i 10 mq” che non è propriamente lo spazio utilizzato a Casola Valsenio.

A riprova di questo, per non citare la smisurata quantità ti materiale giuridico ci basta riportare lo specchietto della TOSAP applicata dal Comune di Ravenna in cui questo criterio viene esattamente ripreso e confermato:

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Naturalmente ci auguriamo che l’amministrazione di Casola Valsenio si ravveda e corregga queste evidenti storture ereditate dal passato, perché non c’è niente di più iniquo che l’esercizio del potere per fini di parte e per sostenere un interesse privato, in questo caso, coincidente con quello del partito del sindaco.

A ulteriore documentazione:

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domenica 14 novembre 2010

Il disastro delle pubbliche affissioni

affissioni[7]Risposta-interrogazione 18_Pagina_1_Page_1

Il comune ha pochi soldi, lo sappiamo tutti perché ciascuno può verificare quotidianamente il difficile stato delle manutenzioni e dei servizi. Ma sappiamo anche che è tradizione storica della sinistra porre pochissima attenzione alla gestione delle entrate comunali perché ad esse prioritariamente deve provvedere lo stato secondo la visione centralistica e statalistica che la caratterizza.

Nel nostro piccolo abbiamo un bell’esempio di noncuranza e di sciatteria nel modo con cui sono organizzati i servizi di pubblica affissione, abbandonati a sé stessi perché gestiti da una società che non dispone di alcuna referenza sul territorio e che è indifferente sia alla qualità delle erogazioni sia alla raccolta di denaro da versare alle casse comunali. La piazza di Casola è così piccola e così commercialmente limitata da non offrire ritorni economici di interesse per le aziende che operano in bacini territoriali amplissimi.
Qualcuno ricorderà che poco più di un anno fa i nostri amministratori avevano accettato tutte le condizioni assurde che aveva richiesto la società di affissioni. Le richiamiamo ancora una volta perché sono l’indicatore perfetto di cosa può produrre la burocrazia e l’inedia degli amministratori quando si alleano.

Lo sventurato che avesse mai avuto la necessità di affiggere un manifesto a Casola doveva dunque:
1) Recarsi in comune dove gli avrebbero dato un numero verde per chiamare Milano e la distinta di pagamento
2) Chiamare Milano dove avrebbe prenotato l’affissione e gli avrebbero comunicato l’importo da pagare
3) Recarsi presso la tesoreria comunale per versare l’importo
4) Spedire per fax a Milano l’avvenuta ricevuta di pagamento
5) Aspettare a casa, nel giorno prefissato, l’incaricato che sarebbe venuto a ritirare i manifesti da affiggere
Inutile dire che in qualsiasi città e paese d’Italia queste operazioni si svolgono in meno di cinque minuti, lasciando a uno sportello i manifesti e pagando.

L’appalto che successivamente fu organizzato dall’Unione dei Comuni doveva in buona parte sanare queste aberrazioni burocratiche e insistemmo molto all’epoca per inserire in capitolato di gara l’obbligo di apertura di un ufficio a Casola per almeno due giorni alla settimana che poi furono ridotti a un giorno perché il nostro sindaco si dimostrò fin troppo solerte e premuroso verso le aziende partecipanti.
Come siano andate a finire le cose è descritto nella risposta alla nostra interrogazione.

L’ATI che si è aggiudicata la concessione ha continuato a fare esattamente quello che faceva prima dell’appalto con la sola differenza che ora non si telefona più a Milano ma a Rimini e, naturalmente, l’ufficio a Casola Valsenio non è mai stato aperto. In questo modo, per quanto l’assessore Barzaglia nella sua risposta cerchi di minimizzare, il disservizio a carico dei cittadini è ancora tutto presente e il danno economico è rilevante perché:
1) le affissioni si sono ormai ridotte al lumicino
2) le affissioni mortuarie, le uniche che a Casola assicuravano entrate con una certa continuità, sono state affidate dall’ATI all’autogestione delle imprese funebri che pagano ora l’affissione normale e non più i costosi diritti di urgenza (e per questo supponiamo che ringrazino)
3) i controlli sulle affissioni volanti (volantini, locandine) sono quasi inesistenti
4) i controlli sulle affissioni di materiale pubblicitario in sagre, feste, eventi sono inesistenti come abbiamo anche rilevato dalla precedente interrogazione sull’uso del Parco Pertini
Rimangono esclusivamente le riscossioni sugli impianti fissi (insegne dei negozi, cartellonistica permanente ecc.) che l’ATI sbriga con un unico controllo annuale.

La domanda è: cosa impedisce ora di procedere alla rescissione contrattuale e trovare in loco forme di gestione meno demenziali?

mercoledì 29 settembre 2010

Coriacei a tutto

caldaia Non c’era alcun dubbio sulla conferma della decisione di costruire la caldaia a cippato nella scuola ma non si può fare a meno di annotare che la risposta alla nostra interrogazione è esemplare per stile e per metodo.
Con il consueto atteggiamento altezzoso della sinistra italiana che non si sottrae mai al piacere onanistico di impartire lezioni , tentano di accreditare l’idea che questa sia una scelta non solo giusta ma giustissima, reclamata a gran voce dai cittadini e dalla scuola.

Ci vuole una singolare faccia tosta a fare finta che il progetto fondativo di Senio Energia non sia loro scoppiato in mano e che tutto il disegno strategico della Esco casolana non si riveli sempre più una povera cosa, in balia di risorse pubbliche che non arrivano e che non arriveranno e di capitali d’impresa che non ci sono perché i cosiddetti soggetti privati si guardano bene dall’entrare in questo affare.

La collocazione della caldaia a legna dentro la scuola, a 385mila euro, non è una scelta né strategica né coraggiosa, è solo la scelta della disperazione di chi non sapendo a che santo votarsi, butta là una decisione strampalata nella speranza che i cittadini non si accorgano che quando si seccano i ruscelli di denaro pubblico queste finte società vivono tra stenti e alla fine muoiono malamente.
Oggi hanno solo attaccato una bombola di ossigeno al capezzale della società facendo pagare a caro prezzo a tutti i cittadini di Casola una scelta costosissima e inutile, una delle tante, purtroppo, alle quali non riusciamo ad abituarci.

Per anni ci hanno voluto far credere che erano i migliori e che Casola aveva proprio bisogno di questo modello amministrativo. In realtà non sono i migliori in nulla e l’unica capacità di cui hanno dato prova in questi decenni è quella di riuscire a dilapidare denaro pubblico senza avere alcuna idea veramente innovativa per lo sviluppo della nostra comunità. Come i fatti dimostrano, ogni giorno di più, purtroppo.