venerdì 30 aprile 2010

Quella mitica mezza mela

Non si può non rimanere molto colpiti da un articolo pubblicato dall’Espresso sui voli a Strasburgo dei deputati europei. La domanda è: perché gli eurodeputati fino all’anno scorso viaggiavano in low cost e adesso invece solo in prima classe?
Risposta: semplice, è cambiato il meccanismo dei rimborsi. Mentre fino all’anno scorso il rimborso era forfaittario (mille euro a viaggio, indipendentemente dal biglietto acquistato) ora invece l’Unione europea rimborsa il biglietto realmente acquistato, da documentare esibendo carta d’imbarco e ricevuta di pagamento.
Dunque fino all’anno scorso conveniva stare un po’più scomodi in volo e far la cresta sul rimborso, oggi invece, allegria, si scialino pure allegramente i pubblici denari.
E poi c’è qualcuno che si indigna se i sindaci scendono in piazza a rivendicare un po’ più di soldi per le loro comunità. La pratica delle mani bucate è molto difficile da fermare, anche con le leggi giuste
Cresce sempre di più la nostalgia per il presidente Einaudi con la sua mitica mezza mela…

giovedì 29 aprile 2010

Alla fine a loro interessa solo sparare contro il Governo: le ragioni del nostro voto contrario all’Odg di Uniti per Casola sul federalismo fiscale

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Quanti e quali incarichi ha ricevuto la Cooperativa Montana Valle del Senio dagli enti pubblici?

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Chi ha deciso di chiudere i vecchi magazzini?

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La risposta del sindaco è stata immediata:

la Sala Spadolini è aperta!

 

Ne abbiamo preso atto ma abbiamo rilevato che è in uno stato di degrado evidente e segnaliamo la necessità di prevedere qualche lavoro di manutenzione e di adeguamento alle norme.

Un brivido alla schiena

pere4 Ho cambiato canale e c'era un tizio americano che ormai da trent'anni ha scelto di vivere qui sul Mediterraneo, e che - diceva - mai rinuncerebbe al clima che sappiamo, e il sole, il mare, il cibo, le solite cose, e però - diceva - sono giusto trent'anni che certe cose non cambiano mai, proprio mai.

I sindacati sono comandati da relitti pseudo-comunisti che si oppongono a tutto e ogni volta annunciano uno sciopero generale come la venuta del messia, quando possono paralizzano il paese con incredibili scioperi dei trasporti pubblici, statali e insegnanti e pensionati restano il loro core-businnes, ogni volta che fanno un corteo sembra di tornare agli anni Settanta, priorità e discussioni sono sempre le stesse, i dipendenti pubblici  sono troppi e costano un botto e hanno il posto a vita,  la gente va in pensione a 60 anni mentre i tedeschi per dire, ci vanno a 67, e - diceva - ogni volta eterne diatribe sulla necessità di liberalizzare, privatizzare, razionalizzare, tagliare enti e municipalizzate, comunità e province, diminuire il debito, la solita solfa, con la sinistra che protegge i parassiti, la destra che protegge gli evasori fiscali, le ferrovie indebitate, la compagnia aerea fallita, ecco, rimane giusto il turismo, sinché dura: appunto il sole, il mare, il cibo, le solite cose.

Poi un brivido alla schiena: parlava della Grecia.

mercoledì 28 aprile 2010

Perché i comuni della collina hanno deciso di non chiedere il fondo di compensazione per gli insediamenti commerciali di Faenza? Probabilmente lo hanno deciso i dirigenti del PD di Ravenna, indifferenti alle necessità degli abitanti di Casola Valsenio, Brisighella, Riolo Terme. Una nostra interrogazione nel Consiglio dell’Unione.

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L’onesto Napolitano

Davide_con_testa_di_Golia L’onesto Napolitano questa settimana ha fatto partire un paio di colpi che hanno fatto vacillare la sinistra forcaiola e le toghe più rosse.
L’uno due è cominciato col discorso sulla Liberazione. Per l’occasione il capo dello Stato ha preso in prestito le parole di Berlusconi, mollando uno sganassone a tutti quelli che volevano utilizzare il 25 aprile come grimaldello per scardinare il risultato elettorale e prendersi una rivincita sul governo.

Ma più ancora della commemorazione della vittoria su nazismo e fascismo ci ha colpito il discorso di ieri, con cui il presidente ha bacchettato i magistrati. L’argomento è di solito giudicato tabù, soprattutto per chi provenga dalle fila della sinistra, fazione che ha sempre goduto di un trattamento di favore da parte delle toghe. Per questo stupisce che sia stato il primo capo dello Stato post comunista a dire che i giudici devono fare autocritica e riconoscere che qualcosa non va anche tra le proprie file. Fino ad oggi sono stati coccolati dai vari governi rossi e questo li ha resi intoccabili, impedendo qualsiasi riforma degna del nome.

I tribunali sono un tempio di inefficienza e ad essa non contribuiscono solo le cattive leggi varate dal Parlamento negli ultimi sessant’anni, ma anche le pessime abitudini di signori che si nascondono dietro la toga pur di lavorare il meno possibile. Le sentenze del Consiglio superiore della magistratura da questo punto di vista sono illuminanti: ci sono giudici e pm che battono la fiacca da tempo, accumulando ritardi su ritardi, ma i provvedimenti presi contro di loro spesso si limitano alla riduzione di uno o due anni di anzianità oppure al trasferimento ad altra sede. Come dire che un fannullone basta trasferirlo per trasformarlo in uno stakanov.
Di fronte alle sollecitazioni dei ministri che volevano punire scaldasedie e magistrati più attenti alle proprie idee politiche che al codice, l’associazione di categoria ha sempre reagito come un sol uomo, rifiutando il dialogo e considerando un attacco qualsiasi ragionamento di buon senso, compreso quello che vorrebbe ridistribuire il personale in toga dove se ne richiede la presenza, rendendo di fatto inamovibile qualsiasi giudice.

Il discorso di Napolitano, invitando all’autocritica, rompe il tabù e potrebbe spingere la parte più responsabile della magistratura a mettere da parte le crociate per ragionare su come migliorare le cose anche nelle aule di giustizia. Se il Quirinale tiene duro e appoggia le riforme, impedendo i sabotaggi dei soli noti, forse qualcosa potrebbe muoversi e non solo tra i giudici.
Peccheremo di eccesso di fiducia o forse d’ingenuità, ma visto come perfino Di Pietro ora s’atteggia a statista, almeno una volta in un miracolo ci vogliamo sperare.

martedì 27 aprile 2010

Finalmente Internet a banda larga per le zone non coperte

Lepida spa, società a capitale pubblico costituita dalla Regione Emilia Romagna nell’ambito del Piano telematico regionale (PitER), ha avuto mandato dalla Regione di trovare una soluzione per facilitare l’accesso a Internet ai cittadini del nostro territorio regionale. A questo scopo la società ha firmato un protocollo d’intesa con Open Sky e Skylogic, due fra le più importanti aziende nazionali nel settore della connettività a banda larga in tecnologia satellitare.

Sulla base di questo accordo i residenti della nostra regione possono godere – fino al 31 dicembre 2010 – di forti agevolazioni per l’installazione di parabole per connettività internet in tecnologia satellitare Tooway (tecnologia che consente la fornitura di servizi a banda larga alle utenze con caratteristiche paragonabili a quelle dei servizi Adsl). Tutti gli utenti interessati a usufruire dell’offerta devono prenotarsi sul sito di Open Sky: www.open-sky.it/lepida .

lunedì 26 aprile 2010

Ma questi sindaci da che parte stanno?

gerarchia Do atto volentieri al Sindaco Iseppi di essere un attento lettore della nostra stanza e di non mancare di puntualizzare spesso e di chiosare le nostre argomentazioni. Magari qualche volta lo fa con una puntigliosità un po’ altezzosa, ma va bene comunque, anche perché, se ha ragione, non facciamo alcuna fatica a dargliene conto.

Come qualcuno avrà notato, il Sindaco è intervenuto oggi su una questione di grande importanza, gli ipermercati Coop e Conad di Faenza, un po’ tirato per la giacca da un nostro titolo leggermente irriverente Mentre a Faenza Coop e Conad si contendono la piazza a suon di denunce, noi stiamo ancora aspettando la nostra parte del fondo di "perequazione" cioè l'indennizzo per l'impatto di questi colossi sul territorio. Svegliati Sindaco!

La questione riguarda il fondo di perequazione (termine orribile che all’incirca si traduce in “compensazione”) che dovrebbe essere versato dal Comune di Faenza ai comuni del territorio per “ripagarli” di scelte pesanti sul piano urbanistico ed economico effettuate nell’ambito del Piano Territoriale.

Dice Iseppi: “Svegliati” mi sembra eccessivo, quantomeno perché nessuno sta dormendo e nemmeno ci sono allori su cui adagiarsi. Prendo sempre umilmente le lezioni che mi si vogliono dare, vista la mia limitata esperienza politica, ma sarebbe opportuno che questo avvenisse su fatti concreti e verificabili.
Eviterei quindi di aumentare tensioni su questioni per le quali non abbiamo, purtroppo, nulla da pretendere.
Gli accordi territoriali che prevedono la perequazione sono stati firmati sulle varianti del PSC (Faenza e Solarolo) e sul terreno del futuro Outlet di Faenza. Si tratta di due trattative distinte e quindi anche di due “salvadanai” distinti. Per entrambi è previsto un accordo in cui gli oneri di urbanizzazione andranno a beneficio dell’intero comprensorio per opere di rilevanza comunale e/o sovra comunale da decidersi al momento opportuno (quando si versano gli oneri).
L’Ipercoop di Faenza fa parte della “famosa” variante 14 per la quale (ahinoi!) non fu previsto accordo di perequazione. Se così non è, e riesci a dimostrarmi il contrario sarò ben felice di correggermi e di ricercare questa trattativa. Ne sarebbero molto contenti anche gli altri Sindaci del comprensorio, che immagino stiano tutti dormendo come me.
Buone cose.
Nicola

Iseppi sostiene dunque che per l’Ipercoop di Faenza non sarebbero stati previsti “accordi di perequazione” mentre io ribadisco che se anche non previsti, un buon sindaco dovrebbe sbattere i pugni sul tavolo e pretendere quello che l’evidenza e la ragionevolezza impone, cioè una compensazione per le ricadute che quella scelta determina su tutto il territorio comprensoriale non potendosi giustificare una mancanza così vistosa da parte degli amministratori che in precedenza avevano avvallato quelle scelte, in spregio, anche, ad una buona legislazione regionale.

Vincenzo Galassini, capogruppo PDL in Consiglio Provinciale, mi ha trasmesso successivamente la delibera adotta il 24 luglio 2006 in Consiglio Provinciale di Ravenna dal titolo “ACCORDO TERRITORIALE FRA PROVINCIA DI RAVENNA E COMUNE DI FAENZA PER L'ATTUAZIONE DEL NUOVO POLO FUNZIONALE COMMERCIALE DI FAENZA. APPROVAZIONE DELL'ACCORDO IN CONFORMITA' ALLE DISPOSIZIONI DI CUI ALL'ART.15 DELLA L.R. N.20/2000.” nella quale il cosiddetto fondo perequativo previsto dalla legge regionale n.20/2000 art. 5 comma 3 veniva richiamato e demandato agli Accordi territoriali tra i vari soggetti con questa dizione: “Ricadendo il polo in oggetto all’interno di uno degli ambiti produttivi strategici del PTCP, il presente accordo ne rappresenta un primo stralcio attuativo, e pertanto la sua realizzazione dovrà essere rapportata alla scala più ampia che sarà oggetto del successivo accordo territoriale del medesimo ambito strategico. Si conviene inoltre che in detta sede si dovrà quindi completare tutto l’assetto infrastrutturale a dare risoluzione alle molteplici problematiche ambientali e territoriali inerenti l’ambito produttivo strategico.”

Insomma parrebbe da tutto ciò che all’accordo tra Provincia e Comune di Faenza dovesse poi fare seguito una intesa ulteriore dove forse avrebbero dovuto trovare spazio le compensazioni territoriali. Cosa che non è avvenuta. Una ragione in più allora per richiedere il rispetto della lettera e della ratio dell’accordo del 2006. Chiudiamola qui, per ora. Alla fine siamo sicuri che il sindaco Iseppi al tavolo delle trattative con gli altri comuni saprà utilizzare con profitto  almeno la stessa energia che è solito usare nei confronti del governo al quale rimprovera persino di “fargli la cresta sull’Irpef” e di avergli sottratto come un ladro di notte 43mila euro. O no?

Mentre a Faenza Coop e Conad si contendono la piazza a suon di denunce, noi stiamo ancora aspettando la nostra parte del fondo di "perequazione" cioè l'indennizzo per l'impatto di questi colossi sul territorio. Svegliati Sindaco!

sabato 24 aprile 2010

Liberi e uniti

Il consiglio comunale di Giovedì 29 Aprile

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Parleremo di:
Rendiconto Esercizio 2009: relazione della Giunta allegati: 12345678910111213 -14
Modifica Piano triennale delle opere : allegato
Variazioni di Bilancio 2010 : storni, variazioni, nuovi capitoli, quadratura: variazione, investimenti 2010, 2011
Convenzione tra Riolo e Casola per spese Istituto comprensivo “Pascoli”, allegato
Piano attività estrattive
Programma di riqualificazione urbana comparto Galeazzi Raspanti
Modifica statuto Parco dei Gessi: relazione alla modifica, statuto
Esercizi di vendita al dettaglio: indirizzi in materia di apertura e chiusura al pubblico
Ordine del Giorno di Uniti per Casola per revisione del patto di stabilità e avvio federalismo fiscale

Chiunque necessiti di chiarimenti o intenda avanzare proposte sui punti in discussione può contattare uno dei consiglieri comunali del Gruppo consiliare Pdl Lega Nord Udc Indipendenti: Vittoria Benericetti, Alessandra Bertozzi, Paolo Giorgi, Fabio Piolanti.

Dove sono i nostri soldi? Gli agricoltori dell’Emilia Romagna chiedono conto dei contributi comunitari non erogati da AGREA, l’organismo pagatore della Regione

patate Gli agricoltori emiliano-romagnoli denunciano il "grave danno che stanno subendo per la mancata erogazione da parte di AGREA, l'agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura, dei contributi comunitari". In una nota Confagricoltura, CIA e Copagri sottolineano che "mancano infatti all'appello i fondi previsti dal PSR per gli adempimenti sulle misure agro-ambientali e i milioni di euro ancora bloccati a causa dell'impossibilità, da parte delle imprese, di risolvere gli errori rilevati sulle domande uniche 2009".

"Restano irrisolti, a 30 giorni dal termine ultimo - prosegue la nota - i gravi problemi che devono subire le imprese i per la presentazione della Domanda Unica per l'anno 2010. Lo sblocco di questi giorni da parte di AGREA dei soldi della PAC dell'anno passato, a seguito del forte e determinato intervento esercitato nelle sedi opportune da parte di Confagricoltura, CIA e Copagri, non riduce l'attenzione delle organizzazioni sulle risorse attese e sul grido di sofferenza lanciato dalle imprese". "È necessario avviare - sostengono Confagricoltura, CIA e Copagri - con l'inizio della nuova legislatura un'attenta e profonda analisi del modello gestionale che la Regione Emilia-Romagna si è dato per l'erogazione delle risorse comunitarie stanziate per le aziende agricole.

La creazione di un Organismo Pagatore Regionale deve rispondere - evidenziano le Organizzazioni Agricole - ai principi ispiratori ovvero "avvicinare le istituzioni alle aziende semplificando le procedure e velocizzando l'accesso alle risorse". Questi obiettivi, via via disattesi da AGREA, devono tornare ad essere l'asse portante del rapporto tra le imprese agricole e le Istituzioni".

I Presidenti delle tre Organizzazioni ritengono che "l'Agenzia debba mettere da un lato le aziende nelle condizioni di avere, come promesso già dal 2010, una corretta ed esaustiva informazione sulle loro pratiche ed una velocizzazione dei versamenti delle risorse sui conti bancari e dall'altro porre i Centri di Assistenza Agricola nelle condizioni di poter svolgere le funzioni a questi delegate". "Il modello a cui si deve tendere - sottolineano le tre Organizzazioni - è quello in grado di assicurare alle imprese, come avviene in altre regioni ed in altri paesi dell'Unione europea, l'accesso al 100% delle  risorse dovute già nel mese di dicembre e non entro giugno dell'anno successivo come previsto ma non obbligato dalle norme comunitarie. Confagricoltura, CIA e Copagri dell'Emilia-Romagna confermano di essere pronte a farsi carico della richiesta degli agricoltori di far sentire la propria voce anche scendendo in piazza per sbloccare la situazione, sburocratizzare il sistema e sensibilizzare tutte le forze politiche del disagio dei produttori."

venerdì 23 aprile 2010

Anche all’Unione dei Comuni il PdL chiede di non buttare via i soldi e propone la chiusura dell’Ufficio Stampa Associato ormai ridotto a un ufficio di propaganda ad uso esclusivo del PD

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Mercoledì 28 Aprile si riunisce il Consiglio dell’Unione dei Comuni

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Parleremo di

Anche a Castel Bolognese il Centrodestra chiede di non buttare via i soldi

DIREZIONE PDL - DOCUMENTO CONCLUSIVO - Roma, 22 aprile 2010

La Direzione Nazionale del Popolo della Libertà sottolinea la vittoria del Centrodestra nelle recenti elezioni regionali e amministrative, con un risultato storico: oggi 40 milioni di italiani sono governati a livello regionale dal Centrodestra, contro i 18 milioni amministrati dal centrosinistra.
Il Centrodestra si è confermato maggioranza nel Paese in modo inequivocabile e il Popolo della Libertà si è riaffermato come la prima grande forza politica nazionale: questo è vero al Nord dove il Popolo della Libertà ha agito in alleanza ma anche in competizione positiva con la Lega; ed è vero nel Centro-sud, dove ha dimostrato di possedere un forte radicamento territoriale.
Tutto ciò rende paradossali alcuni aspetti della polemica interna sviluppatasi in questi giorni: tensioni all’interno delle grandi forze politiche possono manifestarsi, ma è incomprensibile che vengano provocate all’indomani di una grande vittoria, dopo due anni di successi in tutte le consultazioni elettorali e dopo due anni di grandi risultati dell’azione di governo certificati dal costante consenso dei cittadini, unico caso in Europa, durante un periodo di grave crisi economica in contro tendenza rispetto alla sfiducia che ha colpito tutti gli altri governi.
Anche il confronto che si è svolto durante i lavori della Direzione ha rivelato come certe polemiche pubbliche fossero pretestuose e comunque non commisurate ad un dibattito responsabile e costruttivo.

Nei prossimi tre anni il governo, la maggioranza e il Popolo della Libertà completeranno la realizzazione del programma che ci impegna principalmente
1. a ridurre e a razionalizzare la spesa pubblica,
2. a realizzare una riforma del sistema fiscale con l’obiettivo di ridurre le tasse, compatibilmente con i vincoli di bilancio,
3. a sostenere le famiglie, il lavoro, le imprese,
4. a proseguire nella riforma e nella digitalizzazione della Pubblica amministrazione,
5. a realizzare un Piano per il Sud,
6. ad ammodernare e potenziare il sistema delle grandi infrastrutture,
7. a realizzare una riforma organica del sistema giudiziario,
8. a realizzare le riforme istituzionali, ivi compresa la modifica dei regolamenti parlamentari,
9. a proseguire nella lotta alla criminalità organizzata che ha già prodotto risultati mai raggiunti nella storia della Repubblica.

Siamo convinti che una forte ed autorevole leadership, quale quella assicurata dal Presidente Berlusconi, garantirà il raggiungimento di tutti questi obiettivi. La leadership forte è ormai un tratto caratteristico dei moderni sistemi politici e gli italiani certo non rimpiangono le leadership deboli e i governi instabili del passato.

martedì 20 aprile 2010

Aperta la parentesi. In margine alla discussione in casa del Popolo della Libertà

ultimacopertina Che cosa chiede la gente alla politica? Che cosa vogliono gli elettori dal partito di maggioranza e dalla maggiore forza di governo? La risposta è scontata, ed è la stessa a tutte le latitudini, in ogni parte del mondo.
I cittadini chiedono in primo luogo di essere governati. Vogliono – banalmente – che le cose funzionino. Poiché pagano le tasse e sono loro a far girare l’economia e il Paese, questo è un loro sacrosanto diritto; ed è un dovere, il primo dovere della politica, rispondere a queste richieste.
In secondo luogo la gente chiede riforme. Togliendo a questo termine una certa retorica ritualità, le riforme non sono qualcosa di astratto ma ciò che serve a far funzionare meglio la società. Un tagliando periodico, un miglioramento continuo alla macchina pubblica affinché la società civile possa servirsene al meglio.
Questo è ciò che la gente chiede, ed è ciò che il governo nei suoi primi due anni di vita, ha dato. Crediamo al meglio, in una situazione difficilissima per tutti i governi del mondo.
Poi la gente conosce, ed in una certa misura capisce, anche le esigenze interne della politica. Nonostante i luoghi comuni, nonostante l’insofferenza che affiora continuamente tanto a destra come a sinistra, gli elettori preferiscono essere rappresentati da partiti anziché da governi di tecnici; e sanno che questi partiti hanno al loro interno umori e personalità differenti.
Lo capiscono, appunto, e lo accettano anche come un segnale positivo di democrazia. Non lo capiscono più, e lo accettano molto meno, se si accorgono che le discussioni interne servono soltanto a chi discute, e che dietro la richiesta di democrazia si celano solo questioni di potere.
Ed è questa tra l’altro la vera debolezza di ogni ipotesi di terzo polo, di governo misto tra eletti e tecnici. Una somma di terze forze, di frazioni, di cenacoli ristretti e di esperimenti di laboratorio, non fa una forza vera e di governo. Non la comprenderebbe nessuno. Ed infatti ogni esperienza tentata in questa direzione è sempre fallita.
Affascina qualche addetto ai lavori, ma nelle urne viene regolarmente sconfitta. Chiusa la parentesi.

La politica turistica per la collina secondo la Società d’Area

170310-week-11-2010-19-large Avevamo chiesto alla presidente dell’Unione dei Comuni di farci conoscere le linee di politica turistica preparate dalla Società d’Area in relazione alle obbligazioni contrattuali che la stessa Società ha con noi.
Qualche settimana fa la presidente ci ha consegnato il Programma Turistico 2010 che contiene una summa di tutta la possibile offerta del comprensorio faentino. Come era prevedibile il documento racconta l’aggregato dell’insieme dell’offerta che, è bene ricordarlo, non dipende in via esclusiva dalla Società, ma raccoglie, ordina, confezione una serie di prodotti che le varie comunità sono riuscite a mettere in campo negli anni.
A noi è parso, e lo abbiamo detto più volte, che la collina abbia ancora una offerta debole e “vecchia” e che alcune scelte scontino fin troppo vistosamente le preminenti opinioni di quelli che conoscono assai poco la nostra realtà e le nostre possibilità tanto è vero che, fingendo lunghe riflessioni, ci relegano a esclusivo contenitori di eventi e di sagre assegnando invece ad altre località le strutture e le infrastrutture che in realtà sono la portante della movimentazione turistica del futuro.
Comunque non è questa l’occasione per una analisi compiuta delle prospettive turistiche dei paesi dell’appennino e dell’Unione ne l suo insieme: adesso è il tempo di leggere e di cercare di capire dove ci stia portando chi governa questi processi.
Il documento che segue è un utile strumento per cominciare a farlo.
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Come il PCI si impadronì della memoria dei fratelli Cervi

Gli addetti ai lavori, aprendo domenica scorsa l’inserto culturale del “Sole 24 ore”, saranno sobbalzati.
Titolo della copertina: «Italo, Alcide e il mito». Sottotitolo choc: «Fu Calvino, con i suoi articoli sui sette fratelli Cervi, a trasformare quella famiglia in un’icona “rossa” della Resistenza».
Il bello è che tale articolo era firmato da Sergio Luzzatto, uno storico che fino ad oggi si è distinto per le sue veementi polemiche contro i cosiddetti revisionisti (in particolare contro Giampaolo Pansa).
Luzzatto scrive che la storia dei sette fratelli reggiani, barbaramente fucilati dai repubblichini il 28 dicembre 1943, diventa un mito epico grazie a una serie di articoli del 1953 di Italo Calvino che «era allora il tipico interprete del “lavoro culturale” svolto per conto del Partito comunista: autore e funzionario della casa editrice Einaudi, collaboratore fisso dell’Unità».
Fu «l’eloquenza» degli articoli di Calvino, sostiene Luzzatto, a «spingere i dirigenti nazionali del Pci a lanciare una vera e propria campagna di propaganda, per trasformare i sette figli del cattolicissimo Alcide nella quintessenza del martirologio resistenziale comunista».
Fu Togliatti in persona a guidare l’operazione. Per costruire il mito e  per segnalare agli italiani che la vera storia della Resistenza in Emilia era quella, non l'immagine che cominciavano a darne i partiti anticomunisti con le prime denunce dei crimini nel cosiddetto “triangolo della morte”».
Ne nacque quel libro di memorie di papà Alcide Cervi, I miei sette figli, redatto dal giornalista dell’Unità Renato Nicolai, anche in base «alle direttive della Commissione stampa e propaganda» del partito. Il libro vendette più di un milione di copie, fu per decenni un bestseller e costituì uno dei pilastri della cultura popolare comunista.
Luzzatto sottolinea però che il mito creato dall’ “intellighenzia comunista” non era proprio aderente alla storia reale. In quei primi mesi della Resistenza, «i sette fratelli Cervi erano stati tutto fuorché altrettante incarnazioni del “rivoluzionario disciplinato” né erano mancate le frizioni fra loro e i dirigenti locali del Partito comunista
clandestino che accusavano i fratelli Cervi di comportarsi da “anarcoidi”».
Luzzatto ha provocato il mal di pancia a Gianni Barbacetto che su Micromega online ieri ha criticato le sue critiche. Pure Repubblica è corsa ai ripari: lo storico, al telefono con Simonetta Fiori, ha chiarito che «la decostruzione del mito nulla toglie alla dimensione eroica dei Cervi». Inoltre Luzzatto fa sapere che non ha nulla a che fare con i «revisionisti peggiori». In realtà il caso non esiste, perché Luzzatto non ha scoperto nulla.
Da quasi venti anni si conoscono «i dissapori fra i Cervi e i comunisti» del Pci reggiano. Inoltre l’articolo di Luzzatto non fa che presentare la riedizione di Einaudi del libro di Alcide Cervi, nella cui introduzione di Luciano Casali c’è già tutto. E c’è pure qualcosa che Luzzatto non menziona. Perché «nel 1971 è successo qualcosa di cui quasi nessuno si è accorto». Casali nota infatti che «se si prende in mano una copia de I miei sette figli nelle edizioni pubblicate a partire dal 1971, ci si rende conto che in tutto il libro non si incontrerà neppure una volta la parola “comunista”, come si imparerà che i sette fratelli non leggevano né diffondevano il giornale clandestino “l’Unità”, né avevano contatti con le organizzazioni politiche e militari del Partito comunista».
In pratica nelle nuove edizioni del libro mancano tutti i riferimenti al comunismo, all’Urss, a Stalin, «cosicché dal 1971 i Cervi non appaiono più a un lettore del libro come “comunisti”,ma come “democratici” e il loro impegno politico non aveva più come scopo quello di costruire una società “comunista”, bensì una società “democratica”».

Ora però conviene ammettere che il mito dei sette fratelli, che Togliatti volle costruire non scandalizza ormai più. Anzi, appare geniale sul piano politico e moralmente ammirevole. Perché il loro eroismo non è inventato.
Perché lui lo usò per isolare la corrente operaista e insurrezionale di Secchia. E perché Togliatti seppe rispettare e valorizzare le radici cattoliche della famiglia Cervi e perfino il loro talento imprenditoriale nella modernizzazione della loro fattoria, per inserire il Pci nella storia cattolica italiana e per parlare al ceto medio emiliano tendenzialmente riformista.
Una grande lezione a tutti gli schieramenti politici di oggi che spiega come fu costruito il più forte Partito Comunista d’occidente. È anche una lezione di intelligenza culturale per i cattolici che non hanno mai valorizzato - per restare proprio alla zona di Reggio Emilia - grandi figure di cattolici della resistenza antifascista e anticomunista come Giorgio Morelli e il “comandante Azor”.

lunedì 19 aprile 2010

Sconcertante! Bilanci falsi al Consorzio dei Servizi Sociali di Ravenna: scoperti 9 milioni di euro di debiti. Chiamati a rispondere i Comuni di Ravenna, Cervia e Russi e l'Asl. Sarà meglio che i sindaci PD e i dirigenti Asl diano convincenti spiegazioni.

Il bubbone è scoppiato. Sono stati trovati in un armadio fascicoli con fatture da pagare per 6 milioni di euro risalenti a vecchi debiti del Consorzio dei Servizi Sociali in capo ai Comuni di Ravenna, Russi, Cervia e l'Ausl. I soldi sarebbero stati fatturati da alcune cooperative per erogare servizi in un debito ingrassato negli anni. "E' una situazione gravissima su cui va fatta chiarezza. Troveremo i colpevoli e ne dovranno rispondere" afferma il sindaco Matteucci che si chiama coinvolto come "parte danneggiata".
La Corte dei Conti ha avviato subito la procedura per trovare i responsabili della torbida vicenda e scoprire se i servizi siano stati effettivamente svolti.

Bertozzi (Pdl): "Sorprende lo stupore dei sindaci"
"Sinceramente, sorprende moltissimo lo stupore, quasi ingenuo, dei Sindaci di Ravenna, Cervia, Russi e del Direttore Generale dell'A.U.S.L. nell'apprendere, oggi (così come affermano sugli organi di informazione) del pazzesco e incredibile debito di circa 7 milioni di Euro accumulato dal Consorzio per i Servizi Sociali in liquidazione. Chi ha ideato e creato il Consorzio? Chi ha gestito il Consorzio in tutti questi anni di attività? Non erano forse i delegati rappresentanti di questi Comuni? Chi ha voluto l'A.S.P. che, a detta di tutta l'opposizione, nasceva male e già zoppa anche senza rilevare i debiti del Consorzio che l'ha preceduta?".
"Erano loro, sempre loro, fortissimamente loro - attacca Bertozzi -. E adesso, il Sindaco Matteucci, il Sindaco Retini, il Sindaco Zoffoli e il Direttore Generale Carradori se ne vogliono lavare le mani così facilmente. Anche in occasione dell'ultimo sostanzioso assestamento di Bilancio, a fine 2009, in vista della liquidazione, avevamo posto l'attenzione sulle difficoltà del Consorzio, ma speravamo che fosse rimesso tutto a posto con quell'iniezione di denaro".
"Così non è stato: qualcuno pagherà, forse, per le sue responsabilità - conclude il consigliere -. I cittadini, invece, hanno già pagato tanto e ancora dovranno pagare. Nel 2011 se lo ricorderanno".

Anche Gianguido Bazzoni, neo consigliere regionale del Pdl, dopo avere anticipato che appena possibile presenterà un'interrogazione in materia, ha precisato che “il disavanzo di 9,5 milioni di euro non dovrà pesare sulle rette delle case di riposo. Vigileremo - ha aggiunto - perché non ci sia alcun ritocco". Quanto al consiglio comunale di domani sera, Bazzoni ha sollecitato il sindaco a spiegare "in quale misura il disavanzo peserà sulla casse dell'amministrazione ravennate. Il tentativo - ha concluso - che la maggioranza locale sta facendo in queste ore di lavarsi le mani è imbarazzante" in quanto "il Consorzio è stato guidato da un Cda nel quale sedevano politici del Pd".

Richieste di chiarimenti al sindaco di Ravenna arrivano anche dal capogruppo comunale di FI-Pdl Eugenio Costa secondo cui ora "occorrono rigorosi meccanismi di controllo nelle Asp".

Una richiesta di maggior trasparenza e rigore arriva pure da Cesare Sama, coordinatore di "Ravenna Radicale". Per Gianfranco Spadoni, consigliere comunale dell'Udc, "questa grave situazione più in generale mette in evidenza la crisi totale di un sistema che ha dilagato nella gestione dei vari enti della nostra Regione".

giovedì 15 aprile 2010

L’ignobile attacco del PD al Sindaco leghista di Andro che ha preteso che le rette del servizio di refezione scolastica fossero pagate da quanti non sono stati esentati dai servizi sociali.

PAKISTAN DAILY LIFENel sito del PD casolano viene riportato un articolo che attacca in modo pesante e, per alcuni aspetti vergognoso, la Lega Nord e la sua politica amministrativa.
La Lega non ha certo bisogno dell’aiuto del PdL per difendersi, ma dato che l’attacco  è particolarmente volgare e punta la Lega per colpire in realtà tutto il centro destra, qualche precisazione sentiamo di poterla fare proprio partendo dalla vicenda di Andro che viene così raccontata dal PD:
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L’impressione è che il PD viva veramente fuori del mondo perché su questa vicenda più volte  la gente di Andro, prima ancora che il sindaco leghista, ha detto che non ci sta a farsi prendere per il naso: se c’è un servizio a pagamento, è giusto che tutti paghino. Chi più, chi meno, in base alle proprie possibilità e quanti non ce la fanno si possono rivolgere ai servizi sociali.
La vicenda è tutta qui: la mensa è gestita da un’associazione parascolastica di genitori, la quale applica tariffe di poco più di un euro al giorno per le famiglie a reddito minimo e fino a quattro per quelle che guadagnano di più. In totale fanno 22 euro al mese nella fascia bassa, ma qualcuno non vuole versare neppure quelli e così il buco si è allargato via via.
Lettere e richiami non sono serviti a nulla e alla fine il sindaco, il quale l’anno scorso aveva ripianato il disavanzo con oltre 50 mila euro (dovendo pagare le mensa gestita da una associazione parascolastica che ovviamente non regala i pasti di nascosto come talvolta fanno i comuni quando gestiscono in forma diretta), ha avvisato che non metterà mano al portafogli una seconda volta.
Ecco allora che si arriva al grande scandalo, con l’accusa di voler ridurre alla fame i poveri bambini extracomunitari. Sciocchezze: il discrimine non è razziale ma reddituale. Molti stranieri sono in regola con la retta e nessuno si è mai sognato di privare i loro figli del cibo. Ci sono anche famiglie di immigrati in difficoltà e per questo vengono assistite consentendo ai bimbi di continuare a ricevere il pasto. Infine c’è chi fa finta di niente, o perché pur essendo in regola lavora in nero e dunque dichiara nulla o più semplicemente perché preferisce far mangiare i figli a sbafo. Se fosse davvero indigente potrebbe chiedere aiuto ai servizi sociali, invece dopo l’annuncio della sospensione della mensa ha preferito quello della Cgil, alla quale ovviamente non è parso vero di poter attaccare un’odiata giunta leghista e farne una vertenza.

E così è partita la grancassa, coi giornali a parlare d’infamia e di un Carroccio che liscia il pelo ai peggiori istinti o di doveri elementari, che poi sarebbero quelli di dar da mangiare a chiunque. Essendoci di mezzo i bambini, anche i grandi organi d’informazione si sono commossi,criticando il cuore di pietra della Lega. Nessuno naturalmente si è chiesto se le cose stessero davvero così e soprattutto perché alcune centinaia di brave mamme di altrettanti scolari fossero incavolate con chi non paga. Tutte razziste? Tutte meschine e avide? O non più semplicemente brave genitrici che non vogliono essere prese in giro da chi i soldi li ha ma preferisce spenderli in altro modo piuttosto che saldare la retta?
Vedremo in atti se la situazione che si registra a Casola è poi così lontana da quella di Andro e vedremo se nei confronti di coloro che non pagano i servizi a domanda (cioè servizi non obbligati come li chiama la legge) non vi siano ricadute e conseguenze. Vorremmo proprio vedere anche questo!!

Centoventimila euro per accogliere sette bambini nel nido non ce li possiamo più permettere. Aspettiamo le proposte dell'amministrazione e nel frattempo lanciamo le nostre

E’ sotto gli occhi di tutti il costo esorbitante che il comune di Casola Valsenio sostiene per il Servizio di Asilo Nido, un costo che costringe perfino la gestione immobilista di Iseppi a considerare la necessità di qualche intervento.
La spesa complessiva che grava sulle casse comunali nel 2010 è di 120mila euro a fronte di una entrata di 17mila euro. Sostanzialmente ciascuno dei sette, otto bambini iscritti costa alla comunità circa 17mila euro.
Poichè così non si può andare avanti occorrerebbe prendere decisioni affinchè già dal prossimo anno scolastico fossero individuate soluzioni in grado di mantenere il servizio di accoglienza per i bambini in età 0-3 anni con la contropartita di un abbattimento significativo dei costi comunali.

La via maestra, a nostro giudizio sarebbe quella di valutare assieme alla scuola materna cattolica Santa Dorotea se vi siano le condizioni per assumere da parte di questa anche la gestione integrale del nido. Si tratta di una scelta difficile per entrambi i contraenti, il Comune e la Parrocchia, che per ragioni diverse sono restii a varare una operazione che se fosse semplice e piana sarebbe già stata portata a termine da tempo.
In realtà la parrocchia non sembrerebbe avere particolari interessi ad assumere la gestione integrale del servizio di nido, preferendo concentrare – anche per legittima vocazione storica - mezzi e risorse sulla scuola materna mentre il comune vorrebbe probabilmente proporre una specie di scampio per cui il nido passerebbe alla Parrocchia e la materna passerebbe per intero al pubblico (Comune-Stato).
Noi non sappiamo se e come si stia discutendo ora ma dubitiamo che se le posizioni rimarranno queste sia ancora possibile raggiungere un accordo in tempi utili per l’apertura dell’anno scolastico 2010-11 non fosse altro perchè le iscrizioni alle scuole dell’infanzia (ex materne) si sono già concluse e le richieste di dotazione organica (gli insegnanti) sono già state avanzate dalle direzioni all’Ufficio Scolastico Provinciale.

In via subordinata ci sono altre tre possibili soluzioni per attutire l’impatto del nido sui conti pubblici ma una in particolare ci sembra nuova e interessante.
Si chiamano tagesmutter (letteralmente “tate familiari o a domicilio”) e sono delle nuove figure professionali già create a Monza sul modello altoatesino che offre questo servizio da 15 anni.
Le 22 tagesmutter monzesi che hanno appena completato un complesso percorso di formazione per questa nuova professionalità, organizzato dall’assessorato alle Pari opportunità, in collaborazione con Formaper e Camera di Commercio, saranno operative nei loro appartamenti da giugno.
In sostanza si tratta di educatrici selezionate (non vogliono essere chiamate baby sitter) che aprono le loro case ai bambini offrendo un servizio a misura di famiglia. I genitori le possono scegliere in base alla vicinanza all’abitazione oppure anche in base alle singole peculiarità educative.
La tages di norma può tenere in casa 3 o 4 bambini da 0 a 3 anni ed il costo del servizio si aggira sui 6 euro all’ora di media: la cosa interessante è che, invece di pagare una retta mensile come nei nidi, i genitori pagano soltanto le ore di cui usufruiscono.
A noi questo modello organizzativo piace molto perchè alleggerisce l’amministrazione comunale da costi ormai insostenibili, consente una diffusione lavorativa flessibile e per taluni versi occasionale, attribuisce all’ente pubblico esclusive funzioni di controllo e di garanzia e, attraverso la fruizione personalizzata, consente risparmi notevoli sui bilanci familiari.

E’ evidente che queste nuove tipologie di servizi si avviano solo se si ha il coraggio e l’energia per volerli e non ci si adagia troppo sulle continue lamentele contro il governo, che magari se le merita, ma che alla fine risulta essere solo un buon alibi per non fare nulla e lasciare invariabilmente le cose come stanno.

mercoledì 14 aprile 2010

Modello Emilia Romagna

Da 60 anni siamo governati dallo stesso partito.
Com’è possibile che la Magistratura, in 60 anni, non abbia mai aperto un’inchiesta significativa sui politici locali? (il caso Delbono è robetta). Non esiste, né mai è esistita, corruzione, in Emilia-Romagna? Gli emiliani e i romagnoli appartengono ad un’altra razza?  Hanno un codice genetico modificato che li rende più onesti?
Quanti di noi non hanno mai pensato che in questo territorio anche le leggi della Repubblica sembrano essere diverse?
Quanti non hanno mai pensato che anche la Magistratura sembra essere diversa?
E chi non ha mai avvertito con fastidio lo straripante potere del “partito unico” che in qualche misura ha reso diverse le più elementari regole democratiche e il gioco dei pesi e dei contrappesi?
Quanti non hanno mai pensato che non sarà facile vincere un appalto pubblico senza passare un preventivo vaglio del Partito Democratico?
Quanti non hanno mai pensato che non sarà facile lavorare in una struttura pubblica senza essere aiutati dalla tessera giusta?
In questo piccolo video una finestra anche sull’altra Emilia Romagna:

martedì 13 aprile 2010

Adesso basta

140310-week-11-2010-08-large Fino all’ultimo ho cercato di mantenere questo spazio sempre accessibile e libero per chiunque volesse commentare e contribuire anche partendo da un’ottica politica antitetica alla nostra.
Mi sono sforzato di non applicare filtri né accrediti, di considerare perfino l’anonimato un elemento che potesse aiutare la libera espressione e mi sono impegnato a dialogare civilmente con chiunque riuscisse a mantenere fermo il presupposto della reciproca legittimazione. Non è bastato.

In maniera via via più accentuata e guarda caso in progressiva coincidenza con la perdita di consensi nella sinistra, i commenti ai post sono diventati più aggressivi, più livorosi, più cattivi finalizzati a colpire spesso sia sul piano personale che su quello politico utilizzando quasi sempre l’anonimato come paravento.
Francamente non ho più voglia, a 63 anni, di essere sbeffeggiato sentendomi dare del tu da persone che non so chi siano e che dopo mesi di paziente interlocuzione non hanno sentito il dovere di insultarmi almeno togliendosi la maschera. Solo quello chiedevo non con le parole ma con la coerenza dei comportamenti. Non l’ho ottenuto.
Adesso basta. D’ora in poi ogni commento sarà preventivamente filtrato e sarà inserito solo se - anche in forma anonima - conterrà un contributo politico appena compatibile con un dibattito utile per il nostro paese, così come noi lo intendiamo.
Non era così che doveva andare, ma grazie comunque a chi continuerà a seguire questo spazio del Pdl di Casola Valsenio.
Fabio Piolanti

Il Sindaco di Faenza, Malpezzi, chiede scusa. Così si fa quando si commette un errore. Dovrebbero ricordarlo anche molti altri Sindaci che, proprio come Fonzie, quella parola lì non riescono a pronunciarla

Da Faenzanet:
Forse la memoria ci tradisce, ma non abbiamo ricordo negli ultimi lustri di un massimo amministratore manfredo che si sia preso la briga di chiedere scusa alla città. Il neo Sindaco Giovanni Malpezzi ha invece subito inaugurato un insolito -in politica- codice comportamentale, che fa parte della normale buona educazione, e prendendo carta e penna del 21° secolo (il web) si è scusato per l'infelice frase sulle indennità degli Assessori.

Ieri pomeriggio è comparso sul sito personale del sindaco una sua dichiarazione in cui si rammarica dell'affermazione: "Non ho dubbi che il concetto, da me espresso in un modo sicuramente inadeguato, dovuto al momento di particolare stanchezza a conclusione di un tour de force iniziato con le primarie e conclusosi la notte precedente, con l'ultima riunione sulla composizione della giunta, sia parso ai più infelice e mi scuso nuovamente per questo."

Così come molti cittadini hanno espresso contrarietà per la battuta, Faenzanet vuole invece ora sottolineare come con questo atteggiamento il Sindaco abbia mostrato di essere davvero un "Signore". Forse è finita l'epoca di amministratori anche arroganti che passano sopra alla città senza mai uno sguardo indietro: ad esempio per la scuola Don Milani è servito quasi un decennio per realizzarla, si è spesa una follia di soldi nostri e non abbiamo sentito nemmeno l'ombra di una scusa. L'errore è umano ed è ovvio che altri ne seguiranno nei prossimi 5 anni di questa amministrazione. Il riconoscerli è però da grandi persone e questo primo segnale rianima quella speranza di cambiamento che ci è stata promessa.

A nostro parere le scuse chiudono il ‘caso’ e come prima conseguenza sospendiamo immediatamente la pagina relativa ai commenti dei faentini. Accettiamo poi la sfida che Malpezzi pone “mi sia consentito rivendicare il diritto ad essere giudicato per i fatti e non condannato per una frase.”: apriremo un’apposita tabella in cui elencheremo le promesse elettorali fatte alla città e, mese dopo mese, verificheremo se saranno state mantenute o disattese.

E al neo sindaco concludiamo col fare il miglior augurio che gli si possa indirizzare: buon lavoro!"

Ma cosa sta succedendo? Cominciano a sgretolarsi le amministrazioni rosse che parevano inossidabili

Brucia (e tanto) la sconfitta di Mantova, ultima roccaforte rossa in Lombardia, Ma fanno male anche le sconfitte a Vibo Valentia, a Tivoli, da dodici anni governata dal centrosinistra, a San Giovanni in Fiore, altro comune calabrese da sempre in mano alla sinistra, a Comacchio, che nella storia dellaRepubblica ha sempre conosciuto sindaci di sinistra. Per non parlare della batosta a Pomigliano d’Arco, sede degli stabilimenti Fiat, culla di tante lotte operaie e perciò cara a un Pd che vuole essere il partito del lavoro.

Qui non si tratta d’una semplice alternanza tra due schieramenti contrapposti: è un sistema di potere che comincia a sgretolarsi. La durata nel tempo delle amministrazioni rosse, che paiono inossidabili, non è dovuta a una migliore capacità di gestione, come la propaganda ha cercato di farci credere per decenni, né tutto si può ridurre alla vischiosità del voto ideologico, con i compagni che non capiscono ma si adeguano.

Nelle regioni e province in cui hanno governato stabilmente, il vecchio Pci prima e i suoi eredi poi si sono impadroniti dell’intera società civile, grazie alla presenza del partitone in tutti gli snodi vitali, dalle associazioni di categoria fino all’ultimo circolo Arci di ballo liscio e poi alle banche e financo al volontariato. Il principale strumento di controllo è rappresentato dal sistema delle cooperative, attraverso le quali passa l’intera spesa pubblica, senza che nessun altro possa allungare la mano, a meno che intenda farsela mozzare.

Che Pdl e Lega siano riusciti a imporsi appare quindi come una ribellione contro una nomenklatura pervasiva.
Gli storici spiegano che i momenti di espansione cominciano dal centro e s’irraggiano verso la periferia, mentre quelli di crisi compiono il cammino inverso.
Così, un potere radicato nell’Italia appenninica mostra finalmente vistosi segni di cedimento
Se le rendite di posizione verranno meno, anche il Pd dovrà rassegnarsi a diventare un partito come tutti gli
altri, che a ogni tornata elettorale sono costretti a cercarsi i voti con i loro uomini e i loro programmi; quando gli uni e gli altri non convincono, si resta a bocca asciutta.

lunedì 12 aprile 2010

Cade Mantova, roccaforte rossa. “Cara e bella Mantova, bentornata in Lombardia" ha commentato a caldo il governatore Roberto Formigoni.

mantovaA Mantova il neoeletto sindaco Nicola Sodano ha sconfitto il primo cittadino uscente di centrosinistra Fiorenza Brioni conquistando il 52,18% contro il 47,82% della rivale.

Un successo e una vittoria simbolica dall'evidente rilevanza nazionale per il centrodestra italiano  Oggi cade l'ultima roccaforte rossa del Nord, si chiude definitivamente una stagione e si volta pagina. E tutto questo nonostante l'Udc abbia purtroppo scelto di allearsi con il Pd.

Adesso aspettiamo le immancabili dichiarazioni degli esponenti del Pd che, magari, ci spiegheranno che la sconfitta di Mantova è una vittoria.

La verità è che il Pdl ha un forte radicamento territoriale e, soprattutto, gode della fiducia degli elettori. 
Ormai è chiaro che, per la maggioranza degli italiani, il centrodestra rappresenta la sintesi perfetta del buon governo a livello nazionale e locale. Merito della politica dei fatti che continuerà ad essere, fino al termine della legislatura, la nostra unica parola d’ordine.

Staino e l’Unità dovrebbero avere almeno il buon senso di tacere. Ironizzare sulla morte altrui ed augurarla ai propri avversari politici è un esercizio che nulla ha a che fare con la satira

Stanio mondo infame

domenica 11 aprile 2010

Per quanto tempo ancora potranno continuare a convivere nel PD i cattolici con coloro che professano posizioni di rancore e di odio verso la Chiesa e la religione? In questi attacchi furibondi i preti pedofili sono solo un pretesto

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Ecco perché attaccano il Papa teologo e filosofo, il Papa magisteriale, l’uomo che non accetta di piegare la schiena, e soprattutto la sua grande intelligenza delle cose, agli idoli del nostro tempo

Il difficile mestiere di Sindaco: a Faenza si scatena una incredibile bagarre per una frase infelice del neo eletto Malpezzi

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Da Faenzanet:

Inutile dire che ciò che più ha colpito negativamente la città sia stata l'infelice frase del neo-sindaco sull'impossibilità di trovare collaboratori che si impegnassero per 1670 euro al mese (già ieri commenti a valanga su internet e stamattina nei bar non si parla d'altro dopo che i quotidiani hanno pubblicato tale affermazione), ma sulle nomine è ovvio che occorra attendere di vederli al lavoro.

Efficenza, merito e competenza dovevano essere le parole d'ordine per l'attribuzione delle deleghe: indubbiamente Malpezzi ha rispettato le promesse quando ha scelto Savorani per le attività Economiche e Roberto Savini per l'Agricoltura, certamente due professionalità adatte e perfette per i tasselli ove sono state poste.

Qualche dubbio sovviene su Bandini (architetto/ingegnere ai servizi sociali), Mammini (artigiano all'Urbanistica) e la Zivieri (dipendente AUSL Rimini ai LL.PP) che potranno anche essere bravissime persone, ma occorrerebbe comprendere che c'azzeccano le loro vite professionali con il ruolo cui sono chiamati a ricoprire; è palese ed evidente che i principali "meriti" di questi sono esclusivamente di carattere politico.

Invece incomprensibili le ultime due nomine: la Campodoni non ha alcuna esperienza lavorativa, è una neolaureata il cui merito forse è stato quello di presentarsi candidata alle regionali (ottenendo 2900 preferenze quando gli altri due in lista ne hanno raccolte entrambi oltre 8000), se è divenuta assessore allo Sport perchè gioca a pallavolo tanto valeva allora delegare Vincenzo Maenza che ha vinto le olimpiadi; speriamo davvero diventi come la Carfagna la cui nomina lasciò tutti di stucco e dopo 2 anni si sta invece rivelando come uno dei ministri più amati ed apprezzati nel suo ruolo. Massimo Isola fatto addirittura vicesindaco con delega alla cultura è altrettanto difficile da comprendere: a parte la provenienza geografica (ma di Faenza qualcuno con pari competenze del nominato il PD non l'aveva?) l'investitura a vice dell'addetto stampa del partito ravennate pare eccessiva.

Comunque il giudizio migliore lo daranno i fatti e vedremo se le promesse elettorali del programma saranno rispettate.

sabato 10 aprile 2010

I rifiuti di Lugo: l’impressione è che non sappiano proprio dove metterli e che si sia aperto un conflitto tutto interno al PD

bullfightin11-large In una lettera inviata al Presidente della Provincia e all'assessore provinciale all'Ambiente, il sindaco di Ravenna Matteucci ha formalizzato l'indisponibilità del Comune di Ravenna ad ospitare nella discarica di via Romea i rifiuti prodotti nell'area lughese.

"In vista dell'approvazione definitiva del piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani e speciali della Provincia di Ravenna - scrive Matteucci - voglio con la presente comunicarvi l'assoluta indisponibilità del Comune di Ravenna di continuare ad accogliere i rifiuti e i residui della selezione dei rifiuti che si originano nell'area lughese e attualmente utilizzati per lo smaltimento finale alla discarica ravennate di via Romea Nord anziché in quella di Voltana di Lugo". "Riteniamo che la corretta applicazione del criterio di prossimità imposto dalla legge e la maggior economia nei costi derivante dalla mancata movimentazione sui camion dei rifiuti prodotti nel lughese e conferibili a Voltana, debba portare il Consiglio provinciale a scegliere, tra le due opzioni offerte dal piano adottato, quella che prevede il collocamento per lo smaltimento finale dei rifiuti prodotti dall'area lughese nella discarica di Voltana".

Il sindaco di Lugo Raffaele Cortesi frena su ogni ipotesi in campo, riportando la palla al centro: "Il nuovo piano dei rifiuti non si fa sui giornali, ma lo si discute e lo si approva in ambito istituzionale. Nel piano in via d'adozione ci sono due proposte, noi dobbiamo fare tutti gli impianti previsti, coinvolgendo i cittadini dove richiesto. Per quanto riguarda la risagomatura di Voltana tocca alla popolazione esprimersi, tenendo conto degli impatti ambientali e della viabilità che andrà rivista".

Ancora Matteucci " Chiedo al Presidente della Provincia Giangrandi e all'Assessore Mengozzi di approvare alla prima Giunta utile il Piano Provinciale di gestione dei rifiuti urbani e speciali della Provincia di Ravenna. Chiedo alla Presidente del Consiglio Provinciale Elena Rambelli di portare il Piano alla discussione del Consiglio Provinciale nel mese di aprile”.

Ma vuoi vedere che il presidente della Fiat sarà il candidato del PD nel 2013? E se così fosse, cosa rimarrà della sinistra italiana?

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venerdì 9 aprile 2010

La trave e la pagliuzza: anche quando sono mancanti trovano l’occasione e il sottile piacere di accusare chi di colpe non ne ha

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Con un titolo in stile, il PD casolano inserisce oggi nel suo blog una singolare argomentazione a proposito del dibattito in corso nel Comune di Lugo che, avendo esaurito la propria discarica, non sa dove portare i rifiuti, a conferma che il PD ha spesso conti aperti con il pattume.

Poiché un consigliere lughese del PdL ha buttato là l’idea di portarli a Faenza, nella discarica di Tebano, i casolani titolano, pensando di essere mordaci e salaci, “OSTA CHE SVARIONE” dal momento che Tebano è chiusa da anni e stiamo utilizzando la discarica Tremonti.

A noi sembra che avrebbero fatto molto meglio a chiedersi per quale ragione un comune di media grandezza della pasciuta e ricca Emilia Romagna sia nelle condizioni di mettersi a cercare in fretta e furia un posto dove portare i rifiuti e senza avere programmato per tempo una soluzione adeguata per di più questionando con la vicina città di Ravenna e con Hera, gestore del servizio.

Facciamo attenzione ai partiti delle salsicce

Mentre il governo si accinge a discutere operativamente di riforme e a concretizzare il federalismo ecco a Milano sfilare il corteo di protesta contro il governo di molti sindaci lombardi per i tagli ai bilanci pubblici.
Non facciamo fatica a immaginare i baldanzosi sindaci del Pd ammuinare in piazza, ma facciamo una gran fatica a capire la protesta di primi cittadini che sfilano contro il governo di cui fanno parte.
Rischia di essere una sceneggiata che ripropone da una parte la Roma ladrona e dall’altra, nel paesello,la maschera degli onesti.

Ma di che si tratta in realtà?
Della stessa questione che attanaglia il governo nazionale che non può indebitarsi oltre un certo limite perché il patto con l’Unione europea non glielo consente.
Lo stesso vale per gli enti locali nei confronti del governo nazionale. Ogni anno i comuni sottoscrivono un patto di stabilità che li tiene vincolati a spendere entro una certa soglia. Se la superano vengono multati e sanzionati in vari modi.
Intendiamoci, il patto di stabilità è un marchingegno infernale che impedisce ai Comuni d’investire gran parte delle risorse di cui dispongono nella realizzazione di opere pubbliche. In pratica, diventa quasi impossibile asfaltare una strada o costruire una scuola. Le sanzioni, in caso d’inadempienza, sono durissime. Se non bastasse, il sistema rende la vita difficile soprattutto a chi ha bene amministrato negli anni scorsi. Si tratta dunque d’una misura radicale, anche iniqua (e per questo da abolire), ma efficacissima, che ha contribuito alla tenuta dei conti pubblici, evitando che il nostro Paese facesse compagnia a Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda.

In una visione localistica appare comprensibile l’esasperazione dei sindaci che ieri sono scesi in piazza alla stregua di metalmeccanici cassintegrati: hanno pochi soldi a disposizione e non li possono spendere, mentre i loro amministrati pagano fior di tasse che finiscono chissà dove.
Ma c’è un però.
Il partito di governo che ora protesta platealmente contro i tagli agli enti locali e le limitazioni al patto di stabilità è lo stesso che quei provvedimenti ha deciso in consiglio dei ministri con i propri leader Bossi, Maroni, Calderoli e Zaia che li hanno approvati alzando la manina. Perchè non hanno votato contro se non volevano il blocco della spesa?

Il nostro ministro dell’Economia, da oggi, si troverà a discutere con due leghe, non più con una. Una è quella nazionale che lo ha sempre sostenuto, almeno finora molto vigorosamente, sulla linea del rigore finanziario per non finire come la Grecia.
Un’altra è quella che guida la pacifica rivolta dei sindaci lombardi contro le rigidità del patto di stabilità che, è vero, pregiudica l’efficacia dell’azione amministrativa.

Gianni Pittella, della direzione del Pd, ha invitato i dirigenti e gli iscritti al partito a volersi impegnare per tornare a essere “il partito delle salsicce”, delle Feste dell'Unità, della diffusione domenicale del giornale a essere cioè un partico che occupa il territorio. Come la Lega, appunto.
La realtà è un’altra: difficilmente ormai si governa un grande paese, moderno ed occidentale, solo ricorrendo alle salsicce perchè la dimensione dei problemi è un pochino più grande, un pochino più complessa, un pochino più tecnica e comunque molto più nazionale e unitaria di quanto queste singolari manifestazioni di piazza diano a vedere.

giovedì 8 aprile 2010

Bonus gas, un aiuto per le famiglie

gas-web C'è tempo fino al 30 aprile 2010 per richiedere il bonus gas retroattivo al 2009.
Il bonus gas è un’agevolazione per le famiglie bisognose o numerose introdotta dal Ministero dello Sviluppo economico e resa operativa dall’Autorità per l’energia, con la collaborazione dei Comuni.
Il bonus potrà essere richiesto presentando domanda al proprio Comune di residenza; per le domande presentate entro il 30 aprile 2010 ha valore retroattivo al 1° gennaio 2009. Dopo il 30 aprile si potrà comunque richiedere il beneficio per i dodici mesi successivi, ma non si avrà diritto al bonus retroattivo.

A chi è riservato?
Il Bonus, che consente un risparmio del 15% circa sulla spesa media annua presunta per la fornitura di gas naturale, può essere richiesto da tutti i clienti domestici che utilizzano gas metano distribuito a rete (non per il gas in bombola o per il GPL), con un contratto di fornitura diretto o con un impianto condominiale,con indicatore ISEE (l’Indicatore di Situazione Economica Equivalente)  non superiore a 7.500 euro, nonché le famiglie numerose (4 o più figli a carico) con ISEE non superiore a 20.000 euro.
Per richiedere il bonus è prevista un’apposita modulistica, da consegnarsi  al proprio Comune di residenza o presso altro istituto eventualmente designato dallo stesso Comune (ad esempio i centri di assistenza fiscale CAF). La modulistica è disponibile anche sui siti internet http://www.autorita.energia.it/it/index.htm e http://www.sviluppoeconomico.gov.it/

Napolitano firma il legittimo impedimento: stop ai processi a Berlusconi. Cade un altro ostacolo sulla strada del governo. E adesso via alle riforme

Il fatto che il Presidente della Repubblica promulghi una legge dovrebbe essere una non-notizia. Ma nel caso del legittimo impedimento, evidentemente, non è così. Troppe e contrapposte erano le attese che un rinvio alle Camere complicasse la strada verso la “normalizzazione” di alcuni anomali rapporti tra politica e giustizia, giocati sul filo di una conflittualità continua ed esasperata. Così per fortuna non è stato, anche se, per ora, non c’è da celebrare alcunché.

La legge sul legittimo impedimento non ha presentato, agli occhi del Quirinale, vizi evidenti che imponessero cambiamenti: questo èl’unico dato da sottolineare nell’immediatezza. Tuttavia, questa legge è solo un primo tassello di un’opera davvero più ampia, cui le forze di maggioranza, sperabilmente col concorso della parte più responsabile dell’opposizione, dovranno dedicarsi nei prossimi mesi. Infatti, la legge appena promulgata è transitoria in attesa che venga approvata, con legge costituzionale, una disciplina organica che regoli le immunità di coloro che occupano cariche istituzionali di vertice.

La firma del Quirinale è in definitiva un’apertura di credito nelle capacità del legislatore: la promulgazione della legge sul legittimo impedimento fornisce uno scudo giudiziario al Premier, ma chiede in cambio di regolare i rapporti tra politica e giustizia. La congiuntura è favorevole. Dopo le bufere degli ultimi mesi, dopo gli attacchi scandalistici, dopo l’esito positivo delle elezioni regionali, la maggioranza, e la sua leadership, hanno in mano il pallino del gioco. Si tratta davvero di non sprecare l’occasione. All’orizzonte vi sono scelte complesse, sulle quali confrontarsi con l’opposizione fino a che sarà possibile e ragionevole.

Altrimenti, la maggioranza potrà e dovrà fare da sola, perché ha i numeri in Parlamento per procedere legittimamente. A due sole condizioni: che le scelte riformatrici siano di alto profilo, in termini tecnici e istituzionali, e che ci sia la volontà politica di spiegarle bene al Paese altrimenti, il referendum costituzionale - pressoché inevitabile se le riforme non saranno approvate con la maggioranza dei due terzi - rischierà di risolversi come quello del 2006. Cioè con una sconfitta, che sarebbe la pietra tombale definitiva su ogni speranza di cambiamento.
Siamo insomma in presenza di una di quelle opportunità che raramente il fato mette a disposizione delle leadership politiche. Speriamo davvero che la buona volontà di tutti ci assista.

mercoledì 7 aprile 2010

Se fossimo un paese serio....

Se fossimo un Paese serio, almeno attorno alle vittime dell’Aquila riusciremmo a trovare un po’ di unità nazionale, un filo sottile del dolore condiviso, magari un po’ di orgoglio per quel che è stato fatto e di collaborazione per quanto c’è ancora (tanto) da fare.
Se fossimo un Paese serio non ci sarebbe spazio per gli sciacalli, i travagli, i Paolo Ferrero, i Fatti e gli Annozero, pronti di nuovo a svuotare chili di fango su chi cerca faticosamente di risalire.
Se fossimo un Paese serio non ci sarebbe spazio per l’odio della polemica durante la rievocazione del lutto.

Si può essere anti-berlusconiani fino al midollo, infatti, ma non si può fare a meno di riconoscere che in Abruzzo lo Stato ha risposto nel migliore dei modi: a 48 ore dalla scossa c’erano già 10mila soccorritori in azione, dieci mesi dopo non c’era più nemmeno una tenda. L’idea di costruire a tempo di record palazzine anti-sismiche, al posto dei container, è stato un azzardo felice: 15mila persone hanno avuto in tempi rapidissimi una sistemazione più che dignitosa. E non è poco se consideriamo che dal Belice all’Umbria, passando per l’Irpinia, ci sono italiani che da decenni stanno aspettando la ricostruzione post-terremoto dentro i container. Ed è addirittura tanto se consideriamo che a Messina c’è gente che vive ancora nelle baracche del terremoto anno d’oro 1908...
Se fossimo un Paese serio, dunque, ci si troverebbe attorno a un tavolo per chiedersi: che cosa abbiamo realizzato? Che cosa resta da realizzare? Qui, invece, trionfano gli sciacalli dell’orrore, i corvi del dolore. Quelli che in tv già l’anno scorso, con i cadaveri ancora caldi e le bare aperte, erano subito pronti a scatenare le polemiche contro la Protezione civile.

Quelli che portano le carriole, caricandole di interessi politici, come ha rivelato l’arcivescovo Giuseppe Molinari («Qualcuno è molto interessato a queste manifestazioni per poter entrare in cabina di regia...»). Quelli che sono disposti a fare a pezzi la logica e l’aritmetica, il senso di appartenenza e la dignità, l’amore per il proprio Paese e per la verità, tutto sacrificato sull’altare della polemica, della piccola speculazione politica, meschino cabotaggio di una sinistra che dopo aver perso le elezioni riesce a perdere anche la faccia, facendosi trascinare fino in fondo dal proprio antiberlusconismo ottuso.