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giovedì 22 settembre 2011

Nessuno ha in tasca la ricetta sicura per risolvere il dramma dei nomadi clandestini, ma quella scelta dalla Regione Toscana unisce il danno alla beffa

romDalla regione Toscana arriva un esempio di gestione assai poco oculata di denaro pubblico e di politica fallimentare sull’immigrazione.
Il presidente Enrico Rossi ha più volte espresso parole molto dure nei confronti dei tagli imposti dal Governo nazionale, arrivando addirittura ad ipotizzare riduzioni di mezzi di trasporto, asili e servizi sanitari regionali per colpa della manovra correttiva. Eppure, per finanziare un progetto di sgombero di un campo Rom con relativo rimpatrio, la Regione non ha esitato a mettere sul piatto la somma di 400.000 euro. Metà da destinare al Comune di Firenze e l’altra metà alla Società della Salute Fiorentina.

Il progetto prevedeva lo sgombero del campo Rom di Quaracchi, nel Comune di Sesto Fiorentino, alle porte del capoluogo toscano, agevolato da un bonus di 1.500 euro per ogni singolo nomade da rimpatriare, il quale oltre alla somma di denaro poteva disporre di un pullman messo a disposizione dall’amministrazione comunale di Firenze per fare ritorno nel Paese di origine.
Gli spostamenti, o per meglio dire i presunti spostamenti, sono avvenuti tra maggio e giugno. Lo sgombero definitivo del campo è stato annunciato a fine giugno, con discreta eco sui giornali locali.

Il problema è che oggi quasi tutti i Rom sono tornati.
Hanno intascato i soldi, sono passati in Romania solo per fare atto di presenza, e ora sono di nuovo in Italia. Anzi, in Toscana. Anzi, a Firenze e a Sesto Fiorentino, e dormono tranquillamente nei giardini pubblici.
Si sono spostati solo di qualche metro, isolato, chilometro, ma sono rimasti nella loro “patria adottiva” cui evidentemente si sono affezionati. Con 1500 euro in più in tasca. E 400.000 euro in meno nelle casse della Regione. Una spesa che si poteva evitare perché l’epilogo era già scritto.

lunedì 2 maggio 2011

La clandestinità è sanzionata in tutta Europa ma per la corte di giustizia europea l’Italia non deve ricorrere alla reclusione. Ma perché, senza tanti cavilli giuridici, agli altri paesi è consentito?

immigrazioneLa sentenza della corte di giustizia europea secondo cui l’Italia non può punire con la reclusione i clandestini che non rispettino l’ordine di abbandonare il Paese è poco comprensibile. Ha giustamente dichiarato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, “Rischiamo di non poter più adottare le misure delegate ai sindaci, ai tutori dell’ordine, alla magistratura. Perché sempre e solo noi, quando altri paesi vanno molto meno per il sottile?”.

Ecco come viene perseguito il reato di clandestinità nei principali Stati membri della Ue, quando uno straniero entra o soggiorna nel Paese senza i necessari documenti richiesti dalla legge, oppure vi resti oltre il termine previsto dal suo visto d'ingresso.
Francia. Reclusione di un anno e ammenda di 3.750 euro. Prevista anche la possibilità di vietare al condannato l'ingresso o il soggiorno nel Paese per una durata non superiore a tre anni.
Germania. Sanzione pecuniaria e, in alternativa, un anno di reclusione. Quest'ultima può arrivare fino a tre anni nei casi piu' gravi, come quello in cui ci sia recidività del reato.
Regno Unito. L'Immigration Act prevede che nei confronti dei clandestini il giudice proceda con rito sommario. Le pene previste sono una multa fino a 5000 sterline e la detenzione fino a sei mesi. Pene maggiori sono riservate a chi facilita il transito degli irregolari e la tratta delle persone.
Spagna. Sono previste solo sanzioni amministrative, la cui entità viene stabilita in base alla gravità del reato.
Belgio. Reclusione fino a tre mesi.
Danimarca. Reclusione fino ad un anno oppure una multa.
Grecia. Almeno tre mesi di reclusione oppure una multa.

sabato 16 aprile 2011

Almeno facciamoli lavorare a favore della comunità che li assiste

pict003E’ fuori di dubbio che i profughi vadano accolti, alloggiati, sfamati, scolarizzati se minori, forniti di ogni assistenza medica. Non siamo sicuri che il nostro paese abbia la forza di farlo per un numero altissimo di richiedenti (si dice ben oltre i 50mila) e per un tempo indefinito, ma così dovrebbe essere. I dieci tunisini maggiorenni che arrivano oggi a Faenza verranno accolti con il massimo decoro in una struttura adeguatamente predisposta dal Comune, ospitati in camerette a due letti, serviti di due pasti al giorno, seguiti da nuclei di assistenti sociali. Non crediamo che gli amici della sinistra, tutta carità e amore pelosi, abbiano molto da ridire, almeno in questo caso, ma non ci giureremmo troppo.

Tuttavia nessuno ha posto il problema di cosa faranno i rifugiati adulti in questi sei mesi di permanenza italiana: difficile che riescano ad andarsene in Francia o in Germania o in Belgio perché non li vogliono, difficile che si mettano a bighellonare per l’Italia dato che condizioni migliori di queste difficilmente potrebbero trovarne, difficile che riescano a trovare un lavoro regolare, una delle merci più rare che ci siano in questo momento.

Converrebbe allora che cominciassimo subito ad abituare questi nostri nostri ospiti a considerare l’Italia in maniera un pochino diversa da quella che si sono immaginati attraverso le televisioni satellitari facendoli lavorare per sei ore al giorno nei servizi comunali così da ripagare la città che li assiste. L’obbligo servirebbe anche a spiegare loro che l'Italia è un repubblica fondata sul lavoro e questo principio è valido sia per i cittadini italiani, che per gli ospiti assistiti. Alla fine un po’ di lavoro non ha mai ammazzato nessuno, neppure i tunisini che rischiano di pensare di essere arrivati nel paese di bengodi.

mercoledì 13 aprile 2011

Tutti bravi a fare la predica

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Nel luglio 2009 l’Italia istituì il reato di clandestinità, all’interno del pacchetto sicurezza. E previde che la condizione di clandestino avrebbe costituito un’aggravante nei processi penali.

Quali furono nel 2009 le reazioni a livello europeo e internazionale?

  • Sono intervenuti sul governo italiano il Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg; il Servizio giuridico del Parlamento europeo; il presidente della Commissione Libertà civili, giustizia e Affari interni Gérard Deprez, ed infine lo stesso commissario Ue alla Giustizia, Libertà e Sicurezza, Jacques Barrot, esprimendo critiche che variavano dalla “preoccupazione” alla “netta contrarietà”, fino alla censura.
  • In particolare il Servizio giuridico del Parlamento Europeo, già in un parere del 15 settembre 2008 sulla “compatibilità con il diritto dell’UE e i diritti fondamentali” dell’aggravante clandestinità, concluse che, per quanto riguarda la presenza irregolare dei cittadini dell’Unione europea, “le disposizioni pertinenti del diritto comunitario si oppongono a che una legislazione nazionale stabilisca come circostanza aggravante generale in relazione a un crimine o a un delitto, il solo fatto che la persona coinvolta sia un cittadino di uno Stato membro che si trovi irregolarmente sul territorio di un altro Stato membro”.
  • L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Italiana Laura Boldrini, censurò la politica dei respingimenti.
  • La canadese Louise Arbour, nel 2008 Alto commissario Onu per i diritti umani, aveva dichiarato: “In Europa sono fattore di enorme preoccupazione le politiche repressive, così come gli atteggiamenti xenofobi e intolleranti, nei confronti dell’immigrazione clandestina e delle minoranze neglette. Esempio di queste politiche e di questi atteggiamenti sono la recente decisione del governo italiano di rendere reato l’immigrazione clandestina e i recenti attacchi contro campi rom a Napoli e Milano”.
  • Infine, sia il Vaticano sia anche la Corte costituzionale espressero numerose perplessità, critiche e rilievi.

Qual è oggi la posizione dell’Europa?

  • La clandestinità è reato penale in numerosi paesi dell’Unione europea: tra questi Gran Bretagna, Francia e Germania. In Spagna è un’aggravante di un reato penale (chi lo commette deve scontarlo nelle galere della madrepatria per poi essere espulso definitivamente). Fuori dall’Ue, è reato negli Stati Uniti, Canada, Australia per limitarci al mondo occidentale.
  • La Francia ha recentemente stabilito che quella di chi fugge dal proprio paese deve essere definita semplicemente “immigration économique”, e, per ciò che riguarda in particolare i tunisini a Ventimiglia, essi devono sottostare a queste condizioni: 1) avere un documento di identificazione e permesso di soggiorno, anche temporaneo, rilasciato da uno stato membro dell’area di Schengen; 2) approvazione dei relativi documenti da parte dell’Unione europea; 3) mezzi sufficienti al sostentamento; 4) non rappresentare una minaccia per l'ordine pubblico.
  • La Germania ha, giusto ieri, stabilito che i soggiorni temporanei rilasciati dall’Italia non sono validi ai fini di Schengen.
  • In Gran Bretagna, il premier David Cameron ha da poco decretato la fine del multicultularismo e della politica dell’immigrazione praticata per un secolo nel paese.
  • In Spagna, il premier socialista Josè Luis Zapatero ha fatto erigete tra le città di Ceuta e Melilla, nell’ex Marocco spagnolo, un muro di 1.200 km, sorvegliato 24 ore al giorno, per bloccare già all’estero i tentativi di fuga verso le sue coste.
  • Stessa cosa sta progettando la Grecia ai confini con la Turchia.
  • L’Olanda ha approvato un anno fa una legge che impone a tutti gli immigrati di conoscere la lingua nazionale e di dotarsi di lavoro e mezzi di sostentamento.
  • In tutti i paesi europei in cui la Costituzione comunitaria è stata sottoposta a referendum popolare, essa è stata bocciata. In Italia l’ha votata il Parlamento, all’unanimità.
  • Mesi addietro il governo francese di Nicolas Sarkozy ha represso duramente le proteste sociali nelle periferie di Parigi e di altre grandi città da parte di immigrati di seconda e terza generazione.

Questa è dunque la situazione che ci circonda. Il governo prenderà ora le sue decisioni sull’emergenza degli sbarchi dalle coste africane. E saranno misure incisive. Ma per favore, l’Europa e i suoi governi non ci facciano più prediche. E la sinistra italiana la smetta di invocare, in nome dell’accoglienza, dei diritti umani o addirittura della civiltà, “il giudizio dell’Europa”, dell’Onu, e di altri organismi.