martedì 30 novembre 2010

Elezioni in vista? Ecco rispuntare la Conferenza Economica Provinciale dove i papaveri del PD mostrano, a parole, un grande piglio manageriale salvo poi…

4688307255_6948c8a1fd_bL’aria di elezioni è un po’ come la pioggia per i funghi quando se ne va l’estate e l’autunno incombe: produce un humus straordinario per complesse ma inutili “conferenze economiche”.
Nel 2003 ci fu la conferenza economica della Provincia di Ravenna, nel 2009 la conferenza economica comprensoriale di Faenza; nel 2010 poteva mai mancare, in vista delle elezioni provinciali di primavera, una nuova conferenza economica provinciale anche se la precedente, quella del 2003, aveva fissato i propri obiettivi al 2013? Naturalmente no e così tutti sono convocati a Ravenna il 13 Dicembre per assistere alla sfilata di Casadio &Co.
Se qualcuno pensa che, tanto, una conferenza in più o in meno grandi danni non ne possa fare, si sbaglia perché questa nuova conferenza provinciale, che pure costa meno delle precedenti, ci costringerà a sborsare all’incirca 60mila euro di cui 36mila vanno a Nomisma, il ben noto centro studi di Prodi che curerà le indagini economiche e di mercato.
Sull’utilità di questo fiume di parole e di carta sarebbe meglio stendere un velo pietoso anche perché l’esperienza di questi decenni ha dimostrato la sostanziale inutilità delle kermesse programmatorie targate PD. Basti citare il caso eclatante dei grandi centri commerciali che nella precedente conferenza provinciale non erano né presenti, né dibattuti ma che sono stati raddoppiati per numero e per collocazioni solo qualche anno dopo.

Questa volta lo stato maggiore della sinistra, forse un po’ più preoccupato del solito, ha ritenuto necessario dichiarare in pochi mesi una grave emergenza in provincia di Ravenna e così ha chiamato a raccolta tutte le realtà economiche, industriali, commerciali professionali, le autorità politiche di comuni, province, regione, ma non il Governo a differenza di quanto avvenne nel 2003. Tanto per capire di cosa si parlerà queste furono, in massima sintesi, le conclusioni della conferenza del 2003:

  • Sviluppo economico come crescita ordinata e compatibile di tutte le attività nei settori primario, secondario e terziario dell’economia.
  • Attivazione di strumenti che rafforzino il sistema delle imprese potenziando la capacità del territorio di attrarre investimenti, locali ed esterni per creare un clima favorevole agli investimenti.
  • Più aree destinate allo sviluppo industriale a costi competitivi, più servizi in rete, più attenzione ai temi generali dello sviluppo industriale.
  • Snellimento delle procedure che deve avvenire attraverso la ricerca della maggiore flessibilità con norme chiare e fattibili nell’ambito degli strumenti. I Piani Regolatori, i Piani di Coordinamento e gli altri strumenti (regolamenti edilizi ed altro).
  • Le imprese, in particolare le piccole e medie, devono trovare nell’apparato pubblico la semplificazione e lo snellimento delle regole e creare fiducia nel rapporto con l’utente.
  • Sostegno alla libera iniziativa e allo sviluppo anche operando in contesti dinamici dove la discrezionalità non diventi incertezza del diritto ed i tempi e gli iter decisionali non siano incompatibili con i ritmi dell’economia.
  • Miglioramento dell’efficienza nell’interesse alle imprese e dei cittadini,
  • L’impresa privata, componente fondamentale del tessuto sociale, può essere coinvolta nella erogazione dei servizi al cittadino.
  • Redazione del “Piano locale delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni” con relativo affidamento tramite procedure ad evidenza pubblica.
  • Infrastrutture: Mare – gomma - ferrovia e sviluppo integrato della logistica per segnare la capacità delle imprese di stare sul mercato globale e la capacità del territorio di attrarre nuovi investimenti, industriali e non, e crescenti flussi turistici.
  • Ferrovie: I collegamenti ferroviari al Brennero lungo la direttrice Ferrara-Suzzara-Mantova ed al distretto ceramico di Sassuolo
  • Porto: Deve mantenere attraverso l’adeguamento progressivo dei fondali, la capacità di accogliere navi di sempre maggior pescaggio.
  • Turismo: asse portante dell’economia, deve mettere in rete le opportunità offerte dal comprensorio turistico mare-collina-città d'arte, per valorizzare ulteriormente il patrimonio culturale e le infrastrutture turistiche esistenti (circoli nautici, circoli golf, Mirabilandia, le Terme), in modo da aumentare la durata media dei soggiorni, con benefici effetti su tutte le attività connesse.

Come è fin troppo facile osservare si tratta della solita parata di ovvietà che in moltissimi casi neppure rientrano nelle possibilità di governo della provincia Una parata che non serve a nulla se non accreditare il candidato Claudio Casadio scelto dall’establishment alle primarie del PD che si svolgeranno da lì a sei giorni, il 19 dicembre. A spese nostre, naturalmente.

Da un po’ di tempo si sosteneva sottovoce che Casola Valsenio fosse un comune colpito più di altri dai tumori. Non è così: ovunque crescono ma noi siamo in media

lunedì 29 novembre 2010

L’asilo nido viene esternalizzato da gennaio per ridurre i costi. Si farà una gara ma noi avremmo voluto che si trovasse un accordo con la Parrocchia che era disponibile ad assumerne la gestione. Invece la richiesta non è stata mai formalizzata alla Scuola per l’infanzia Santa Dorotea. Nessuno ci toglie dalla testa che ci sia stato un insuperabile pregiudizio ideologico

INTERROGAZIONE 20pregiudizio

“Caro Segretario, occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico…” così molti uomini di scienza chiedono al loro partito di non abbracciare retrive e demagogiche posizioni contro il nucleare

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Nonostante questa lucidissima e onestissima analisi condotta da molti scienziati vicini al PD, tutti i consiglieri comunali della sinistra casolana nel Consiglio di Sabato 27 Novembre assumono una posizione esclusivamente ideologica sui problemi energetici del paese cadendo infine nel ridicolo con l’approvazione di una istanza che dichiara il nostro territorio “Comunità Solare”.

Da sempre la sinistra ha dei problemi nelle intitolazioni (chi non ricorda il centro polivalente, il palazzo delle arti ecc. ?!) ma questa le batte tutte.

sabato 27 novembre 2010

Entra in vigore la riforma del lavoro per sostenere e tutelare i lavoratori, in sintonia con le imprese

4626380027_4079e63e98_bEntra in vigore la riforma del lavoro. Si tratta di un provvedimento che se fosse stato adottato dalla sinistra – tradizionalmente incapace di legiferare sui grandi temi – sarebbe stato raccontato come una legge fondamentale e importantissima. Lo ha fatto con sobrietà e misura il ministro Sacconi, senza strombazzare effetti speciali ma badando alla sostanza dei problemi.

La legge n. 183, 50 articoli in tutto, approvata il 4 novembre scorso, prevede una serie di norme che non solo rappresentano significative innovazioni in questo settore, ma mutano anche alcuni fondamentali istituti. Si tratta di una vera e propria riforma che il Governo ha portato a compimento , realizzata, a differenza di altri Paesi europei, senza scontri sociali:

  1. certificazione dei rapporti di lavoro: nuove norme per ridurre il contenzioso in caso di licenziamento individuale attraverso l’ampliamento dei soggetti delle certificazioni e una più ampia tipizzazione dei contratti individuali, che spesso prevedono delle deroghe dalle leggi e dai contratti;
  2. apprendistato: viene abbassata l’età del lavoro dai 16 ai 15 anni, assolvendo l’obbligo di istruzione attraverso questa formula;

  3. lavori usuranti: si accorciano i termini per la revisione pensionistica dei lavoratori che svolgono questo tipo di attività. L’operazione deve essere esercitata entro tre mesi. Una misura che era particolarmente attesa da quei lavoratori che maturano i requisiti per il pensionamento a partire dal primo gennaio 2008 e che potranno andare in pensione tre anni prima, fermi restando i limiti di 57 anni d’età e di 35 di contributi;

  4. lavoro sommerso: inasprite le sanzioni per i comportamenti irregolari dei datori di lavoro che non assumono in maniera regolare i dipendenti;

  5. pari opportunità: si stabilisce che le pubbliche amministrazioni debbano garantirle come anche l’assenza di discriminazioni di genere, età, orientamento sessuale, razza, disabilità, religione o lingua permettendo così un ambiente di lavoro all’insegna del benessere e dell’assenza di qualsiasi forma di violenza;

  6. part time: per il pubblico impiego viene modificata questa disciplina al fine di una nuova valutazione dei rapporti passati dal tempo pieno al part-time in epoca precedente all’entrata in vigore del decreto stesso;

  7. intermediari: vengono riconosciuti tra quelli autorizzati per la ricerca del lavoro anche nuovi soggetti, tra i quali gli enti bilaterali e i gestori di siti internet, a condizione che svolgano attività senza scopo di lucro;

  8. conciliazione: il ricorso a questa modalità non è più obbligatoria ma vengono inseriti strumenti alternativi rispetto al giudice del lavoro. Uno di essi è l’arbitrato, a cui si può ricorrere per le liti che nascono dal rapporto di lavoro, solo al termine del periodo di prova o dopo 30 giorni dall’assunzione, ma è esclusa la materia del licenziamento;

  9. impugnare i licenziamenti: abbreviato nettamente il termine rispetto a prima, che sarà di 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento o delle motivazioni. L’impugnazione potrà avvenire in modo scritto, anche con il supporto di un sindacato.

giovedì 25 novembre 2010

L’Università è al collasso ma Bersani va sui tetti

2922521650_9047859d6e_mL'intervista del direttore di Libero Maurizio Belpietro al ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini,

Buongiorno ministro, gli studenti l'hanno accusata di voler distruggere l'università. Bersani è salito addirittura sul tetto. Cosa pensa di quanto accaduto ieri?
"Ho sempre rispettato le proteste, ma quella di ieri è stata una forma inaccettabile. Assaltare il Senato e bloccare le città non credo sia un modo corretto e propositivo per parlare di università. C'è un paradosso rispetto a quanto accade all'estero. Nel Regno Unito gli studenti protestano per l'aumento delle tasse, in Italia il governo lotta per la sopravvivenza dell'università. Senza il nostro intervento, saranno le banche stesse a chiudere gli Atenei, come sta accadendo a Siena. Proprio per questo mi aspetterei studenti desiderosi di poter accedere a un buon sistema universitario e a un opposizione responsabile".
Le agitazioni sono legate ai tagli o... ai baroni?
"Le risorse ci sono, 1 miliardo di euro basta per far fronte al funzionamento e al diritto allo studio, per cui il governo ha stanziato 100 milioni, più altrettanti peri vaucher destinati alle imprese e alla formazione. Non ci possiamo più lamentare per l'assenza di risorse. La colpa è di chi non  vuole il cambiamento strumentalizza gli studenti"
I baroni, appunto.
"Si, non vedono di buon occhio una riforma che elimina fenomeni come Parentopoli e che impone una tenuta dei conti in ordine. La strada è questa: basta risorse a pioggia. E' una riforma epocale, porta più trasparenza e favorisce i giovani".
Un suo predecessore di centrosinistra, Berlinguer, ha parlato di "riforma simile alla sua", quella del 2000. Allora perché ora il Pd si oppone?
"Perché ha scelto di non discutere nemmeno la riforma. oggi il partito è quello di Bersani che va sui tetti non si sa se in veste di precario del Pd o studente ripetente. Ma la riforma si discute in parlamento. Se non lo si fa, non ci si può lamentare: la fuga dei cervelli è il frutto di un sistema che non funziona più".
I finiani voteranno la riforma?
"Spero che prevalga il senso di responsabilità. Ieri Fli ha posto due temi oggetto di emendamenti condivisi dala maggioranza. La Lega ha parlato di ridistribuzione delle risorse, il Pdl di concorsi. Due temi che affermano il merito e l'uso accorto delle risorse, elementi decisivi".
Si voterà prima del fatidico 14 dicembre?
"Sto lavorando per questo. Ciascuno poi si assumerà le proprie responsabilità".
Ma il governo reggerà?
"A mio parere ci sono le condizioni per andare avanti, ma questo governo non è stato votato per tirare a campare. Se non si potranno fare le riforme, l'unica soluzione sarà tornare alle urne".

martedì 23 novembre 2010

La scuola non statale non è una questione di classe. Ancora una volta la sinistra si pone contro la scuola paritaria in modo del tutto irragionevole

4548838127_bef2b127d9_zIl verdetto della sinistra è senza appello. Il governo del rigore, che strozza la scuola pubblica, poi spende 245 milioni per la scuola non statale: una scelta che viene accusata di contribuire alla «demolizione dell'istruzione pubblica». In politica il gioco delle parti è la regola, ma la protesta delle forze di minoranza questa volta è davvero irragionevole.

Lo è perché parte da un dato falso: l'idea che la scuola non statale sia appunto privata, cioè non-pubblica, che separa, divide. Bugie. Non è scuola d'élite, terra di scorribande dei rampolli più viziati dei nostri tempi, cui fanno la guardia sacerdoti compiacenti, lieti di barattare il dovere di educare col piacere di tenere a balia la nuova classe dirigente.
È un pregiudizio classista, nel senso di lotta di classe. Se il socialismo più retrivo e stantio è stato sconfitto anche nell'ambito delle relazioni di lavoro, coi sindacati che finalmente capiscono che gli interessi di datori di lavoro e lavoratori sono più allineati di quanto non sembrasse ai loro padri, certi riflessi pavloviani sopravvivono ormai solo nella scuola. Dove la polemica contro il privato si salda con certo laicismo da tre soldi.

Diciamola tutta: uno degli errori più gravi, nel lungo percorso politico della attuale maggioranza è stato il non riuscire, né nella legislatura del 2001 né in questa, a introdurre il buono-scuola. Esso ha bussato più volte alla porta della politica. Già negli anni 80, quando lo propose il liberale Antonio Martino, ma seppe farsene promotore anche Claudio Martelli. Poi a metà anni 90, quando fu oggetto addirittura di alcune manifestazioni di piazza. Poi nella Lombardia di Roberto Formigoni, dove il voucher almeno per le famiglie meno abbienti, è una realtà.

Perché non introdurre il voucher è stato un errore? Perché in quel modo si sarebbe reso finalmente trasparente e meritocratico il finanziamento di tutta la scuola pubblica: statale e non statale. Le scuole parificate, al pari degli ospedali accreditati, assolvono infatti un puro servizio pubblico, che come tale è governato e regolato nei suoi aspetti più salienti. La differenza fra scuole paritarie e scuole pubbliche è che queste ultime sono finanziate solo ed esclusivamente dalle imposte, mentre le prime beneficiano di alcuni contributi statali ma soprattutto delle rette volontariamente versate dalle famiglie. I contributi statali servono a calmierare quelle rette proprio perché le famiglie già pagano le tasse. Anziché pagare due volte per uno stesso servizio, si cerca insomma di fare pagare loro solo una volta e mezzo.
Non è il sistema ottimale perché il finanziamento della scuola dovrebbe basarsi sulla capacità di ciascun istituto di attrarre allievi, di convincere le famiglie della bontà del servizio offerto. Ma, come dire, piuttosto che niente meglio piuttosto. E’ preferibile un'ingiustizia a tre quarti che un'ingiustizia tutta intera.
Meno Stato, più società: nella scuola, questo significa riconoscere il valore dell'istruzione, che deve essere sostenuto dal pubblico, in qualsiasi istituzione che sa educare. Non è solamente una questione di pluralismo. Si tratta di riconoscere il primato della società nell'educare se stessa. Anche perché il monopolio genera sempre inefficienza e diseconomia. Nel maxiemendamento della legge di stabilità aumenta il bonus sulla produttività con un risparmio annuo fino a 1.680 euro. Un saggio esempio per colmare il gap della competitività che con la leva del fisco può incidere direttamente e che deve essere ampliata al fine di dare slancio all'economia.

I dati ufficiali sull’efficacia del contenimento dell’assenteismo nella Pubblica Amministrazione. Tutto il resto è inutile strumentalizzazione politica

Ministero

lunedì 22 novembre 2010

Il Consiglio Comunale è convocato per sabato 27 novembre

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Punto 3
La nostra interrogazione sulla scuola dell’infanzia
Punto 5
La nostra mozione sulla viabilità comunale
Punto 6
ODG del consigliere Paolo Giorgi su “Fondamentalismi e violenza”
Punto 7
ODG del consigliere Paolo Giorgi su “No pensione a terroristi e mafiosi”
Punto 8
ODG del consigliere Cristiano Albonetti “No al nucleare”
Punto 9
Convenzione per qualificazione energetica
Punto 10
Assestamento di Bilancio: entratespese

La cura Brunetta prosegue con successo. La sinistra dice che è poco, che bisogna fare altro, ma loro, a parte le chiacchiere, non hanno fatto mai nulla per migliorare l’efficienza e la produttività del sistema pubblico

assenteisti_bigLe assenze per malattia dei pubblici dipendenti in provincia di Ravenna nel mese di ottobre continuano a diminuire.  
Nel mese di ottobre 2010 rispetto al 2009 a a Massa Lombarda – 74,5% , a Russi-60,9%; ad Alfonsine -34,2% a Bagnacavallo -27,1% ,a Ravenna -22,3%, a Faenza -14,8%, all’ASL -14,8 ed alla Provincia di Ravenna -11,9%.
Dopo due anni e mezzo di Governo Berlusconi, le assenze continuano a calare, le misure di contrasto all’assenteismo hanno comportato una riduzione media delle assenze per malattia pro capite dei dipendenti pubblici di circa il -35%.
Questo successo si traduce in 65.000 dipendenti in più ogni anno sul posto di lavoro, valore superiore a tutta la popolazione residente nel comune di Faenza. Anche in questo il ministro è riuscito a riallineare i valori tra settore pubblico e privato.

mercoledì 17 novembre 2010

La desolata solitudine di un leader

pict005Anche a Casola Valsenio, in ambienti cattolici peraltro insospettabili, era piaciuta la sfida di Gianfranco Fini a viso aperto contro Berlusconi: il suo spavaldo “che fai mi cacci?” è risuonato a lungo come un grido di battaglia e ha fatto scaldare il cuore a un vasto e variegato mondo anti-Cav. La “narrazione” prevalente ha avuto anche toni leggendari: il giovane (si fa per dire) leone che sfida il vecchio capobranco in uno scontro all’ultimo sangue e grazie alla sua forza e al suo coraggio conquista lo scettro del potere e il rispetto di tutti.
La favola però è durata poco e anche l’entusiasmo per la sfida finiana è andato via via affievolendosi. Un conto è appassionarsi all’epopea di un Re Leone che con una zampata atterra l'avversario, un altro fissare le mille giravolte di un avvoltoio che attende dall’alto lo stramazzare della preda.Il clima attorno a Fini è cambiato e a parte il circolo dei suoi fans molti cominciano a spazientirsi e a chiedersi dove vada a parare la tortuosa traiettoria di Fli. La nuova aria si è cominciata a respirare sui giornali, anche quelli che con Fini hanno a lungo simpatizzato. Pierluigi Battista sul Corriere ha paragonato il presidente della Camera al ribaltonista Clemente Mastella; Galli della Loggia lo ha messo alla stregua di Oscar Luigi Scalfaro che è tutto dire. Più di recente al coro dei delusi si è aggiunto il direttore di Europa che per vari mesi ha fatto per Fini un tifo sfegatato. Ora si dice preoccupato per la brutta piega presa dagli eventi: “Non manderemo giù lo spettacolo di Berlusconi sconfitto grazie ai misteriosi riti di Bisanzio. L’ultima cosa che gli italiani aspettano adesso dalla politica. Il modo peggiore per liberarsi di Berlusconi e inaugurare una nuova stagione”.
Più o meno la stessa delusione l’ha registrata Marco Travaglio su il Fatto Quotidiano. Dopo un breve e turbinoso idillio all’insegna del comune odio anti-Cav, Travaglio ha vergato un duro editoriale in cui ha accusato Fini di imbarcare senza discernimento alcuno tutti i transfughi del Pdl, mettendo così a repentaglio quella comune aspirazione alla legalità che per un momento aveva unito i loro palpiti.
Filippo Facci che, seppure dalle colonne di Libero, a Berlusconi non ne ha mai fatta passare una, ora guardando il melmoso scenario pre-crisi si lancia quasi in una dichiarazione d’amore: “Ne hai fatte di stupidaggini e le sconterai tutte, ma lasciaci il piacere del beau geste, la soddisfazione di avere finalmente qualcosa da perdere nel poterlo dire: che non ce n’è uno - dico uno, dico uno – di cui tu non sia spaventosamente migliore”.
Nel contempo cosa ha messo nel suo carniere il prode Fini in questi mesi di caccia grossa al Cavaliere? Se si guarda ai fondamentali della politica e non ai suoi ludi cartacei, molto poco. Il gioco delle alleanze per quanto frenetico lascia immaginare scarsi risultati. Sul fronte di una ipotetica alleanza con Casini, pur volendo ammettere che il leader dell’Udc sia interessato a mettere in gioco la sua primazia sul centro, guadagnata con una faticosa traversata del deserto, per favorire qualcuno che solo ora riconosce i suoi errori, resta difficile ignorare l’altolà di Avvenire. La postura ideologica di Fini è infatti, secondo il direttore del giornale dei Vescovi, ispirata al “più piacione dei relativismi” e “il ronzio di fondo che l’accompagna” ricorda “le sicumere dell’anticlericalismo proprio di un’Italia liberale con tutti tranne che con i cattolici”. Si può esser certi che Casini abbia preso buona nota.
Con l’Mpa di Lombardo i finiani sono andati finora d’amore e d’accordo. Quel pugno di voti in più era congeniale alla tattica da guerriglia parlamentare che tanto ha entusiasmato i futuristi. Però ora il presidente della regione Sicilia è indagato per mafia all’interno dell’operazione dei Ros “Iblis”, che ha portato all’arresto di 47 persone, tra politici e affiliati a Cosa nostra etnea, con le accuse di associazione mafiosa, omicidio, estorsioni, rapine e d’aver gestito e pilotato gli appalti pubblici sul versante orientale della Sicilia. Lungi da noi prendercela con Lombardo in questa fase delle indagini, ma l’integerrimo Granata che lo sostiene in Sicilia e i nuovi araldi della legalità che a Roma ci fanno comunella potrebbero avere  qualche problema dopo tutto quell'accanirsi contro Dell'Utri e i suoi eroi. Senza contare che Fini potrebbe prima o poi trovarsi a fare i conti con le dichiarazioni di Lombardo che considera l’anniversario dell’Unità d’Italia come un giorno infausto e luttuoso per il suo Meridione, mentre il presidente della Camera non cessa di tesservi attorno la sua retorica patriottarda.
Sul fronte del Pd sono mesi che c’è un gran fervore di sguardi e d’intese. Ma con il passare del tempo il flirt sembra essersi raffreddato. Un po’ perché Fini non si è ancora deciso a staccare la famosa spina lasciando Bersani con l’acquolina in bocca ma a digiuno di risultati. Ma è soprattutto Bersani che ora ha molti dubbi: con Vendola che conquista sempre maggiore influenza e che di Fini non vuole neppure sentir parlare le cose si complicano. E il segnale venuto da Milano con la vittoria di Pisapia alle primarie dimostra che anche a sinistra c’è un limite ai trasformismi e che non tutto può essere sacrificato al solo scopo di ottenere il cadavere (politico) di Berlusconi.
Così Fini, seppure circondato da folle festanti (ma politicamente corrette) e da un via vai di parlamentari (ma non è campagna acquisti) sembra destinato a percorrere una strada politicamente solitaria. “La solitudine di un leader” era il titolo dell’editoriale di Ernesto Galli della Loggia sabato sul Corriere della Sera. Era dedicato a Berlusconi, ma paradossalmente il titolo si attaglia molto bene anche a Fini. Se la politica ha ancora una sua logica è difficile intravedere per Fini una strategia di alleanze che possa sostenere le sue imponenti ambizioni: rifondare il centro-destra, cambiare l’Italia, avviare una stagione di grandi riforme, sedersi a palazzo Chigi o al Quirinale.
O il presidente della Camera ha un’arma segreta, e fatichiamo a immaginare quale, oppure il ruggito del Re Leone si trasformerà presto in un languido miagolio.

Via libera all’Outlet Le Perle di Faenza ma le proteste rimbalzano anche all’interno del PD che non appare più tanto sicuro e compatto sulla bontà della scelta

martedì 16 novembre 2010

Tre invettive al giorno non tolgono Vendola di torno

Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani,come può pensare di guidare un'alternativa a Berlusconi se non è in grado di guidare l'area di centrosinistra?
Ormai Bersani lancia tre invettive al giorno contro Berlusconi e, quasi che fosse una sorta di ufficiale giudiziario, gli intima lo sfratto. Dovrebbe però occuparsi anche del suo partito e del suo schieramento perché' oramai non controlla più niente. Quando qualche tempo fa, in Puglia, si sono fatte le primarie, collegate al progetto centrista dell'intesa fra il Pd e Casini, Niki Vendola ha sbaragliato sul campo il candidato della segreteria nazionale del Pd. Una cosa analoga è avvenuta a Milano, dove l'onorevole Pisapia ha sconfitto nettamente il candidato di Bersani, confermando il fatto che c'è una forte spinta verso la sinistra più radicale.
Il successo nelle primarie di Milano di Pisapia conferma che il Pd è ormai la base elettorale, la prateria elettorale, dei leader della sinistra estremista e giustizialista.
In queste condizioni, se si svolgessero le primarie per la scelta del candidato alle prossime elezioni, è assai probabile che Vendola, al pari di Pisapia, prevalga su ogni altro candidato. Questo avviene perché l'area cattolica è stata relegata in un ambito di totale insignificanza politica e la scelta riformista del Pd non è mai stata neppure tentata.

lunedì 15 novembre 2010

Due pesi e due misure

Il PD sfiducia il Ministro Bondi a Roma e a Ravenna promuove gli amministratori dell’ex Consorzio dei Servizi Sociali che hanno provocato un buco di bilancio di molti milioni di euro.
Le discrasie di linea politica del PD appaiono veramente notevoli e mostrano in tutta la loro crudezza la strumentalità di un brutto modo di fare politica.
A causa del crollo della Domus dei Gladiatori a Pompei il PD presenterà in Parlamento una mozione di sfiducia nei confronti del Ministero dei Beni Culturali Sandro Bondi, reo di non avere preservato il sito archeologico ma il PD sa bene che, con tutti i danni ambientali, con tutte le ferite inferte al territorio e alle bellezze architettoniche ed artistiche del nostro paese da lustri di incuria per il patrimonio artistico,  il j’accuse a Bondi appare in tutta la sua pochezza e vacuità.
Ma se il Ministro Bondi fosse davvero responsabile del crollo di Pompei, come può il sindaco di Ravenna Matteucci, assolvere sè stesso e i suoi uomini dal buco di dieci milioni di euro dell’ex consorzio sui Servizi sociali che, di fatto, è franato sul bilancio comunale, dilapidando la quasi totalità delle risorse raccolte dai dividendi delle partecipazioni pubbliche?
Questa scala di valutazione del PD non fa onore né al partito né alla sua politica.

domenica 14 novembre 2010

Il disastro delle pubbliche affissioni

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Il comune ha pochi soldi, lo sappiamo tutti perché ciascuno può verificare quotidianamente il difficile stato delle manutenzioni e dei servizi. Ma sappiamo anche che è tradizione storica della sinistra porre pochissima attenzione alla gestione delle entrate comunali perché ad esse prioritariamente deve provvedere lo stato secondo la visione centralistica e statalistica che la caratterizza.

Nel nostro piccolo abbiamo un bell’esempio di noncuranza e di sciatteria nel modo con cui sono organizzati i servizi di pubblica affissione, abbandonati a sé stessi perché gestiti da una società che non dispone di alcuna referenza sul territorio e che è indifferente sia alla qualità delle erogazioni sia alla raccolta di denaro da versare alle casse comunali. La piazza di Casola è così piccola e così commercialmente limitata da non offrire ritorni economici di interesse per le aziende che operano in bacini territoriali amplissimi.
Qualcuno ricorderà che poco più di un anno fa i nostri amministratori avevano accettato tutte le condizioni assurde che aveva richiesto la società di affissioni. Le richiamiamo ancora una volta perché sono l’indicatore perfetto di cosa può produrre la burocrazia e l’inedia degli amministratori quando si alleano.

Lo sventurato che avesse mai avuto la necessità di affiggere un manifesto a Casola doveva dunque:
1) Recarsi in comune dove gli avrebbero dato un numero verde per chiamare Milano e la distinta di pagamento
2) Chiamare Milano dove avrebbe prenotato l’affissione e gli avrebbero comunicato l’importo da pagare
3) Recarsi presso la tesoreria comunale per versare l’importo
4) Spedire per fax a Milano l’avvenuta ricevuta di pagamento
5) Aspettare a casa, nel giorno prefissato, l’incaricato che sarebbe venuto a ritirare i manifesti da affiggere
Inutile dire che in qualsiasi città e paese d’Italia queste operazioni si svolgono in meno di cinque minuti, lasciando a uno sportello i manifesti e pagando.

L’appalto che successivamente fu organizzato dall’Unione dei Comuni doveva in buona parte sanare queste aberrazioni burocratiche e insistemmo molto all’epoca per inserire in capitolato di gara l’obbligo di apertura di un ufficio a Casola per almeno due giorni alla settimana che poi furono ridotti a un giorno perché il nostro sindaco si dimostrò fin troppo solerte e premuroso verso le aziende partecipanti.
Come siano andate a finire le cose è descritto nella risposta alla nostra interrogazione.

L’ATI che si è aggiudicata la concessione ha continuato a fare esattamente quello che faceva prima dell’appalto con la sola differenza che ora non si telefona più a Milano ma a Rimini e, naturalmente, l’ufficio a Casola Valsenio non è mai stato aperto. In questo modo, per quanto l’assessore Barzaglia nella sua risposta cerchi di minimizzare, il disservizio a carico dei cittadini è ancora tutto presente e il danno economico è rilevante perché:
1) le affissioni si sono ormai ridotte al lumicino
2) le affissioni mortuarie, le uniche che a Casola assicuravano entrate con una certa continuità, sono state affidate dall’ATI all’autogestione delle imprese funebri che pagano ora l’affissione normale e non più i costosi diritti di urgenza (e per questo supponiamo che ringrazino)
3) i controlli sulle affissioni volanti (volantini, locandine) sono quasi inesistenti
4) i controlli sulle affissioni di materiale pubblicitario in sagre, feste, eventi sono inesistenti come abbiamo anche rilevato dalla precedente interrogazione sull’uso del Parco Pertini
Rimangono esclusivamente le riscossioni sugli impianti fissi (insegne dei negozi, cartellonistica permanente ecc.) che l’ATI sbriga con un unico controllo annuale.

La domanda è: cosa impedisce ora di procedere alla rescissione contrattuale e trovare in loco forme di gestione meno demenziali?

lunedì 8 novembre 2010

Non è affatto normale che il presidente della Camera dia il benservito al presidente del Consiglio

pict004La Stampa (Michele Brambilla) – Un’ombra – quella del raccomandato, o quella del numero due, o perfino quella del traditore e opportunista – aveva sempre un po’ sporcato il rapporto tra Fini e il suo popolo. Leader del Fronte della gioventù, ad esempio, il ventenne Gianfranco lo era diventato non per volontà degli iscritti ma per imposizione del suo padrino politico Giorgio Almirante. Alle elezioni per il nuovo segretario … Fini arrivò quinto ma Almirante decise che il capo del Fronte l’avrebbe scelto lui, tra uno dei cinque più votati. I giovani camerati non hanno mai perdonato a Fini quella spintarella: lo chiamavano “dietro gli occhiali niente” … Nel 1993 … Fini si candidò sindaco della Capitale e sfiorò l’elezione. Ma anche qui un’ombra, quella di Berlusconi, il Cavaliere nero che aveva fatto endorsement (“Se fossi cittadino romano voterei per Fini”) manifestando una potenza devastante perché con una battuta era riuscito a sdoganare un mondo che da quarant’anni stava chiuso in un ghetto … Poi Fini è diventato vicepresidente del Consiglio, ministro degli Esteri e tante altre belle cose ancora. Ma sempre sotto l’ombrello di Berlusconi, il vero, indiscusso leader …

Corriere della Sera (Pierluigi Battista) – “Futuro e Libertà” nasce con un traguardo così ambizioso e velleitario da sembrare irrealistico: costruire un centro destra che non abbia più Berlusconi come suo indiscusso e carismatico leader … Si dà il caso però che Berlusconi non sia il passato è e continua ad essere il leader del centrodestra e il capo del governo, il leader del partito maggiore della coalizione … Bisogna dire con chiarezza che non è affatto normale che un Presidente della Camera dia il benservito ufficiale al presidente del Consiglio …

La Nazione (Gabriele Canè)- … Berlusconi, giustamente dal suo punto di vista, dice a Fini: buttami giù in Parlamento. Come vorrebbe peraltro la tanto spesso citata (a vanvera) prassi costituzionale, la stessa prassi che a Bastia è stata trasformata in carta straccia. Con dei ministri che rimettono il proprio mandato al presidente della Camera e non a quello del Consiglio, e con lo stesso presidente della Camera che affonda la maggioranza che lo ha eletto e il Governo che ne è espressione, ma lascia dimettere gli altri, mentre lui resta al suo posto. Dunque crisi … Berlusconi non se ne andrà … Aspetterà che lo impallinino alla Camera, consentendogli di presentarsi ancora una volta alle urne … Sempre che non riesca il deplorevole gioco di prestigio di un cosiddetto governo tecnico, la truffa che qualcuno (per fortuna pochi) vorrebbe consumare ai danni della volontà popolare… Faceva uno strano effetto sentire il più stretto alleato del Cavaliere da quindici anni a questa parte, uscire da una astronave atterrata evidentemente da un altro pianeta e parlare di tutto ciò che è successo negli ultimi tre lustri, come se lui nel frattempo fosse stato in giro per le galassie …

Il Corriere della Sera (Marco Galluzzo) - …Concetti condivisi con Arcore, durante la giornata, e in alcuni casi elaborati nella residenza del premier. Primo: quello di Fini è un atto di totale irresponsabilità nei confronti del Paese, altro che futuro e senso dello Stato. Secondo: si fa paladino della Costituzione, a parole, ma dimostra invocando una crisi al buio, di farne uso a suo piacere. Terzo: se avesse un minimo di dignità si dovrebbe dimettere, invece di chiedere ai suoi ministri di affidargli il loro mandato durante un comizio … Fini rappresenta un simbolo ineguagliabile di ipocrisia: istituzionale, politica e umana. Parla come Bersani, ma si professa bipolarista. Chiede le dimissioni del governo, ma si dice pronto a un suo rilancio. Indica ricette economiche prive di copertura, facendo demagogia a basso costo, buona per un comizio e non per governare un Paese sotto osservazione dei mercati internazionali.

Il Tempo (Mario Sechi) - … Sedici anni al fianco di Berlusconi sono evaporati dalla memoria, ma presto i finiani si renderanno conto che il Paese da loro narrato non esiste; che l’elettorato berlusconiano è una realtà che prescinde dal Cavaliere … Dopo sedici anni di centrodestra berlusconiano, Fini ha abiurato completamente tutto ciò che è stato e ha rappresentato. È la certificazione del fatto che l’ex segretario del Movimento Sociale, l’erede di Almirante, l’ex presidente di An, l’ex cofondatore del Pdl, è un contenitore vuoto in cui può entrare di tutto e si aziona come un juke-box …

La Stampa (Marcello Sorgi) - … le lezioni restano lo sbocco più probabile, e forse il più logico, nel momento in cui si tratta di decidere se chiudere veramente, o far proseguire, una stagione, come quella berlusconiana, che s’è sempre basata su un larghissimo consenso popolare, e non può essere archiviata con qualcosa che ricordi, pur non riproponendolo tale e quale, il ribaltone del 1994 …

Il Giornale (Vittorio Feltri) - … La coalizione vincitrice delle elezioni 2008 aveva numeri in abbondanza per durare cinque anni, e se nei giorni a venire non ne avrà più a sufficienza neanche per tirare a campare, la responsabilità sarà della terza carica dello Stato che, da oltre un anno, è impegnato in una lotta senza quartiere contro il Cavaliere e Bossi. Fini e i finiani erano una componente minoritaria del Pdl. Ma anziché elaborare il dissenso politico all’interno del partito, lo hanno manifestato in ogni luogo, anche il meno opportuno, fino a rendere impossibile la loro convivenza con i berlusconiani e con i leghisti. Di qui lo strappo e la costituzione di un gruppo parlamentare autonomo (la famosa “terza gamba”) rimasto per un po’ nella maggioranza, addirittura votando la fiducia chiesta dal premier …

giovedì 4 novembre 2010

Continua a calare il deficit pubblico italiano, il principale ostacolo ad ogni intervento di riforma del nostro Paese. L’azione ferma e rigorosa del governo comincia a raccogliere i frutti sperati

111191Il deficit pubblico italiano continua a calare. Da gennaio a ottobre si è fermato a quota 72 miliardi, 11,5 in meno rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Nel solo mese di ottobre il fabbisogno del settore pubblico si è fermato a 7,5 miliardi, 3 miliardi e mezzo in meno rispetto all’ottobre 2009. Si tratta dell’indicatore principale valido ai fini europei, ma anche della prova che la politica di controllo della spesa pubblica (e degli sprechi) sta dando ottimi risultati.

Ma non di sole forbici si lavora.
Viene promossa la politica di riforme per la competitività - appena varata dal governo - in gran parte compresa nei cinque punti presentati alle Camere da Silvio Berlusconi.
Questo piano si salda con l’Agenda 2020, che è quanto il governo farà anche oltre il limite della legislatura. E’ stato definito un “master plan” che d’ora in poi deve essere inviato a scadenze prefissate e per stati di avanzamento a Bruxelles, all’Unione europea. Si chiama National reform program (Nrp), e contiene il ritorno al nucleare, la rivalutazione del patrimonio demaniale, la riforma fiscale con il passaggio delle imposte dalle persone alle cose e dal centro alla periferia, la semplificazione burocratica e la liberalizzazione dei servizi, il collegamento tra salari e produttività, il piano per il Sud con lo sblocco e l’utilizzo dei fondi europei, i famosi Fas.

Un grande, silenzioso lavoro comincia a prendere forma.

Anche a Solarolo il nuovo outlet “Le Perle” suscita molte perplessità. La politica di sviluppo commerciale adottata dagli amministratori di Faenza modificherà profondamente la vita delle nostre comunità, nel bene e nel male.

Confidiamo che anche a Casola sia possibile - prima o poi - il collegamento in streaming con i lavori del Consiglio Comunale. Per ora la nostra richiesta è stata respinta

mercoledì 3 novembre 2010

martedì 2 novembre 2010