Visualizzazione post con etichetta Sinistra. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Sinistra. Mostra tutti i post

martedì 22 maggio 2012

E ora la Lombardia è rossa come l’Emilia

lombardiaL’anno scorso Milano, ora tutta la Lombardia. PdL e Lega sono stati letteralmente cacciati dalla loro storica casa, quella terra che tante soddisfazioni (elettorali) ha sempre dato ai partiti di Berlusconi e Bossi.

Le sconfitte sono pesanti: la sinistra si prende tutto, o quasi. Con risultati umilianti. Le percentuali di voto sono quasi da terra rossa: la Lombardia sembra l’Emilia. PdL e Lega perdono Monza, Como, Tradate, Lissone, Meda, Abbbiategrasso, Arese, Buccinasco, Garbagnate, Legnano, Magenta, Melegnano, San Donato Milanese, Senago, Desenzano, Palazzolo sull’Oglio, Castiglione delle Stiviere. Tutte città che passano da una amministrazione di centrodestra ad una di centrosinistra.

In alcune realtà locali si tratta di una vera e propria svolta epocale. Lissone, per esempio, non si trovava con un sindaco di sinistra dal 1946. Tutta la Lombardia, comunque, si colora di “rosso”. E il centrosinistra ora può pensare in grande: il governo della Regione. Ora è possibile.

martedì 8 maggio 2012

Ciao Riolo, ci vedremo tra cinque anni, nel 2017, quando saranno passati 72 anni di amministrazione ininterrotta della sinistra.

riolo vittoria pd

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riusciremo mai a dimostrare anche ai cittadini dei nostri comuni che un modello diverso di amministrazione pubblica è possibile e soprattutto è utile e che l’alternanza è un valore?   Riusciremo mai?

mercoledì 2 maggio 2012

Invece di chiedere crescita e libertà economica si ostinano a difendere una legislazione invecchiata male

lavoro“In Italia siamo tanto pronti a batterci per le tutele formali del lavoro, per i diritti del lavoratore, quanto pronti a chiudere non uno, ma due occhi su tutto quel lavoro irregolare e su tutte quelle persone che il lavoro non ce l’hanno”. Così ricordava (cito a memoria) Pietro Ichino in una conferenza qualche mese fa. Quello che dovremmo ricordare oggi, nella Festa dei lavoratori, è che tutte quelle tutele formali contenute nelle leggi del lavoro, create per difendere il lavoratore dalla disoccupazione, garantirgli un salario non troppo basso e difenderlo dai “ricatti” del datore di lavoro, semplicemente non sono bastate.
Non sono bastate per difendere dalla disoccupazione, visto che solo il 56,9% degli italiani in età da lavoro è occupata. Non sono bastate per garantire un salario alto, visto che  secondo l’OCSE i salari netti degli italiani sono fra i più bassi in Europa. E non sono bastate per difendere i lavoratori dai ricatti del datore di lavoro, visto che, ad esempio, gli abusi nell’uso di contratti di lavoro sono stimabili in numero enorme.

La tutela reale al lavoratore, in termini di occupazione e di buoni salari, deriva dalla crescita economica. La crescita economica è la condizione necessaria perché si creino nuovi posti di lavoro. E maggiori opportunità di lavoro significano anche una maggiore possibilità per il lavoratore di rifiutare condizioni di lavoro svantaggiose. Al contrario, oggi, troppi lavoratori si trovano in una situazione per cui, pur di avere un lavoro, devono accettare qualsiasi condizione (ad esempio: aprire una partita IVA per fare un lavoro da dipendente, o firmare già al momento dell’assunzione la propria lettera di dimissione con la data lasciata in bianco).

Parlando di temi occupazionali, viene spesso fatto il confronto tra l’Italia e i paesi del Nord Europa dove sono stati raggiunti tassi occupazionali fino a quasi venti punti percentuali più elevati di quelli italiani (74,1% in Svezia, 69% in Finlandia e 56,9% in Italia, nel 2011). Un confronto che viene ricordato di meno è quello tra gli indici che misurano in questi Paesi la diversa libertà economica, ingrediente essenziale della crescita economica. Si dirà che di differenze tra Italia e paesi nordici ce ne sono tante;  questa però è troppo profonda per passare in secondo piano. Tra le tante classifiche, l’indice dell’Heritage Foundation per il 2012 indica che Finlandia e Svezia raggiungono rispettivamente la posizione 17 e 21 per libertà economica (i cui parametri principali sono: rule of law, governo limitato, efficienza nella regolamentazione e apertura dei mercati) mentre l’Italia è 91, dopo l’Azerbaijan, ma prima dell’Honduras. L’aumento dell’occupazione e la crescita economica non possono insomma fare a meno della libertà dell’iniziativa economica degli individui, libertà che deve essere reale e non soltanto scritta sulla carta costituzionale.

La mia impressione è che ancora troppe persone, a cominciare dai rappresentanti dei lavoratori, invece di chiedere crescita e libertà economica, si ostinino a difendere una legislazione sul lavoro vecchia di decenni e che semplicemente ha dato prova di non essere sufficiente a garantire quegli obiettivi di cui si faceva paladina. Quest’anno il Lavoro, per la sua festa, vorrebbe avere in regalo meno leggi e più crescita economica

Emilio Rocca
Istituto Bruno Leoni

venerdì 27 aprile 2012

25 Aprile: come sempre il Pd impone la sua insopportabile retorica alle celebrazioni di un giorno che dovrebbe pacificare e unire la nazione

ancaraniCome ogni anno, il Popolo della Libertà si è ben guardato dal partecipare alle cerimonie di piazza del Popolo dove la retorica della Resistenza partigiana di tendenza esclusivamente rossa, ogni anno, la fa da padrona.
Come sempre abbiamo preferito rendere omaggio senza bandiere di partito ai morti nei cimiteri alleati della nostra provincia e a rendere omaggio a tutti coloro che non volevano sostituire una dittatura nera con una dittatura rossa.
Avremmo voluto lasciar passare nell’oblio l’ennesima sbrodolatura, ma avendo letto successivamente i testi degli interventi svoltisi in piazza del Popolo non ci sentiamo di tacere.
Il Sindaco di Ravenna ha avuto il coraggio di inserire al termine del suo intervento un riferimento assolutamente incomprensibile e gratuito “alle ragazze dell’Olgettina” facendo voli pindarici sul tema dell’antipolitica e assegnando patenti di bravi politici agli uni e di cattivi politici ad altri, dimenticandosi però fondamentali esempi di cattivi politici quali per esempio il già coordinatore della mozione della segreteria di Pierluigi Bersani per il Partito Democratico, Filippo Penati.
Ancora peggiore l’intervento di chi ha parlato a nome dell’ANPI nel quale, del tutto arbitrariamente, si è approfittato della commemorazione della Liberazione per attaccare la manifestazione (mai svolta!) di Forza Nuova contro i disordini messi in atto dai tunisini, ma non è stata spesa una sola parola contro la vergognosa manifestazione non autorizzata degli anarchici!
Finchè il 25 Aprile verrà utilizzato dalla maggioranza che governa questo territorio per operazioni tanto palesemente faziose, il PDL continuerà doverosamente a rimanere assente

Alberto Ancarani
Coordinatore Provinciale del Pdl

lunedì 23 aprile 2012

Il valore delle differenze

differenzeSono abbonato allo Spekkietto lo leggo pur condividendo poco di ciò che scrivono comunque ciò che più mi interessa è contribuire con una piccola quota a sostenere l’impegno che tanti da anni mettono nel portare avanti questo giornale .

Sinceramente spererei una gestione meno politicizzata ma comunque siccome non tutto nello Spekkietto è riferito alla politica va bene così.

Ciò che mi ha portato a scrivere è l’aver letto l’articolo di Riccardo Albonetti dove –e qui siamo certamente nell’ambito politico –cerca di riportare chi legge ai tempi delle piazze e al pugno chiuso quando l’odio –che poi era solo invidia- creava delle nette divisioni sociali. I ricchi –che poi allora si chiamavano padroni –erano il nemico da combattere .

Dice nell’articolo i ricchissimi quelli che non fanno nulla tutto il giorno –come che lo siano diventati per immacolata concessione – che viaggiano e che spendono forse che il patron della mela fosse un fesso oppure Ferrero o Berlusconi o Bill Gates .

E poi avanti con i ricchi che qualcosa fanno o quelli che lo sono diventati tramite la politica o la finanza ma sempre hanno la colpa di essere ricchi di poter vivere sopra la media e ancora quelli che ci provano a essere ricchi quelli che amano il lusso quasi fosse un peccato amano le cose belle sognano di poter appartenere e vivere e dare ai loro figli alle loro famiglie un qualcosa in più.

Se mai dovessi definire la differenza tra destra e sinistra direi che i primi capiscono che per fortuna non tutti siamo uguali viviamo in un mondo fatto da imbecilli da persone normali e da chi ha saputo sfruttare al meglio le proprie capacità e poi i secondi quelli che vorrebbero che tutti fossimo uguali vorrebbero che chi sa fare fosse uguale a chi nulla sa dare al mondo e per il mondo tutti fratelli –a parole – i fatti sono un’altra roba. sono queste persone che mi spaventano non certo per l’ideologia comunista che ormai anche i sassi hanno capito che è stato un fallimento totale ma perché vogliono far credere che la soluzione sia questa equità falsa e priva di ogni buonsenso il voler eliminare le diversità il voler eliminare l’individualità tra le persone il non voler capire che se siamo differenti un motivo ci sarà.

Io credo Riccardo che sia sacrosanto dire che se tu nelle vita riuscirai a fare ciò che chi come me non è riuscito a fare te lo sarai guadagnato ed è un merito e che sarà giusto e logico che tu abbia più di me e di altri ma io non sono invidioso ma ammirato questo si

gianmaria

martedì 27 marzo 2012

A Ravenna parlano di istitualizzazione dell’accattonaggio davanti ai supermercati. A noi sembra una iniziativa pericolosa e senza sbocchi, utile solo a pubblicizzare il buonismo lassista della sinistra (e della Coop).

parcheggioA dare la notizia è stata pochi giorni fa la Lega nord. Il consigliere comunale Paolo Guerra, nella risposta a una sua interrogazione circa «la grave situazione di disagio e di insicurezza nei parcheggi della città», era stato informato dall’assessore alla Sicurezza che «sono in corso di definizione accordi fra le Coop e i “mendicanti presso le aree di sosta dei supermercati” al fine di istituzionalizzare questa attività».

Interpellato dal Corriere, l’assessore comunale ai Servizi sociali e al volontariato Giovanna Piaia chiarisce i contorni di quello che, al momento, è solo un progetto.«Sia ben chiaro che non stiamo parlando di regolarizzazione - tiene innanzitutto a precisare -. Coop Adriatica, con la propria sensibilità sociale, ha proposto un progetto per l’integrazione di quelle persone che oggi stazionano all’esterno dei supermercati, con comportamenti diversi, che vanno dal chiedere soldi a indicare i parcheggi liberi all’offrire qualche piccolo servizio come aiutare a trasportare la spesa».
Ciò che l’esponente della giunta tiene a mettere in luce è che si tratta di un progetto sociale - una vocazione che da tempo fa parte della mission aziendale della coop di consumo - «che va oltre la semplice logica di evitare il problema, cosa peraltro in parte già fatta distribuendo i gettoni di plastica per i carrelli: questo è un progetto di integrazione, di inclusione».
Altro aspetto che l’assessore vuole puntualizzare è che non si tratterebbe di vero e proprio lavoro, bensì «di assegnare un ruolo alle persone che oggi si aggirano nei parcheggi, trasformarla in una presenza di servizio». Come?

Il compito del Comune di Ravenna, in questo caso, sarebbe quello di fare da tramite fra Coop Adriatica - che stanzierebbe un fondo ad hoc - e il volontariato locale che opera nel mondo dell’immigrazione, che sarebbe il destinatario del contributo stanziato dal colosso della grande distribuzione, e che dovrebbe definire il progetto e curarne la realizzazione.«Deve essere chiaro che non stiamo parlando di lavoro, ma di una forma di pre-lavoro che può favorire l’inserimento», sottolinea la Piaia; c’è un’ampia fascia di persone che, indipendentemente dall’assistenza, non trova collocazione neanche in forme di attività socialmente utile».
Il progetto per ora è ancora in fase embrionale: dopo l’incontro fra Coop Adriatica e Comune di Ravenna, è il momento del coinvolgimento del volontariato, dal quale dovrebbero giungere risposte e idee.

martedì 6 marzo 2012

Sentite questa: a Casalfiumanese denunciano il capo gruppo di minoranza perché non è d’accordo sul fatto che il segretario comunale usi l’auto del Comune di Casalfiumanese per andare a lavorare anche a Fontanelice

verso FontaneliceSuccede dunque che durante il nevone di qualche giorno fa il segretario comunale di Casalfiumanese dovesse recarsi a Fontanelice per assolvere anche qui il legittimo incarico di segretario comunale. Niente da ridire se non fosse che per risparmiare sull’acquisto di quattro gomme termiche per la sua auto, abbia pensato bene di utilizzare l’auto di servizio del Comune di Casalfiumanese.
L’illecito rilevato dal nostro collega consigliere comunale è tanto più incomprensibile se si considera che la retribuzione dei segretari comunali con doppio o triplo incarico sfiora ormai i centomila euro all’anno e che, comunque, nelle nostre zone l’uso delle termiche o delle catene da neve è obbligatorio nei mesi invernali.
Preso in castagna il segretario ha confermato l’uso improprio del mezzo ma la benzina ce l'ha messa lui, ha tenuto a precisare.
Dopo un acceso dibattito in Consiglio Comunale pensate forse che la maggioranza di sinistra – sempre solerte a moraleggiare e a impartire lezioni sull’uso del pubblico denaro -   abbia ammonito o almeno buffettato  il funzionario e plaudito alla meritoria azione di controllo sul patrimonio pubblico? Ma neanche per sogno: ha invece ben pensato di sporgere denuncia per diffamazione nei confronti del povero consigliere comunale Manuel Caiconti di Vallata Libera.
Così va il mondo da queste parti.

Il ministro Clini bastona Giggino ‘a manetta e la sua flotta della munnezza: “Alimentiamo gli inceneritori olandesi e paghiamo pure”

Giggino con bandanaAmmazza che sventola per Giggino ‘a Manetta! Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini arriva a Napoli e sbotta contro Luigi De Magistris e la sua trovata di spedire in Olanda, via mare, migliaia e migliaia di tonnellate di munnezza parte-nopea e parte-avariata: "I rifiuti napoletani - spiega Clini - alimentano le centrali di città olandesi e siccome questo non avviene gratis, le comunità italiane e napoletana devono pagare per questo servizio. Di fatto noi forniamo materia prima per far produrre elettricità all'Olanda e paghiamo anche. Ognuno tragga le sue conseguenze".

Riaperta quindi, nel modo più clamoroso la tarantella sulla flotta della munnezza: fino ad ora da sotto ‘o Vesuvio sono salpate verso Rotterdam solo due navi, entrambe piene di frazione "secca" ovvero quella che si può smaltire gratis ad Acerra; per farla bruciare in Olanda il Comune di Napoli e la Provincia pagano più di 100 euro a tonnellata. Un affarone, ma per chi? Ah saperlo...
Intanto, dopo la partecipazione a un convegno, Clini e De Magistris si sono attovagliati con Giggino ‘a Purpetta (il presidente della Provincia Luigi Cesaro) e il Governatore Stefano Caldoro al circolo Canottieri Savoia.
"l'inceneritore a Napoli non si fa!": ha ribadito Giggino. "Tocca a Caldoro scegliere dove realizzarlo...": la risposta di Clini ha fatto andare di traverso l'antipastino al Governatore (ex?) Pdl, che ora per non fare arrabbiare "l'amico Giggino" dovrà andarsi a scontrare con qualche altra comunità locale della Campania...

da Dagospia

giovedì 1 marzo 2012

Compagni che sbagliano

pict001Guardo il documento in tv del giovane anti Tav che insulta il giovane carabiniere a freddo, e lo provoca, e insiste, e gli ride in faccia, so che per quel rappresentante dello Stato che si sforza di rimanere impassibile non ci sarà una parola di elogio, che dico, di comprensione; ricordo il ministro comunista Oliviero Diliberto che organizza festosa accoglienza all’aeroporto di Fiumicino per Silvia Baraldini, terrorista italiana in carcere americano, scambiata senza rimorsi per la verità sulla tragedia del Cermis e da allora incaricata di progetto comunale dal sindaco Walter Veltroni, ma anche insignita di una ventina di cittadinanze onorarie, da Palermo a Bologna fino a Eboli e Venaria, Nord e Sud per una volta uniti nella celebrazione dell’eroina. Questo è il Paese che Leonardo Sciascia definiva “senza memoria e senza verità”. Peggio, solo certa memoria, solo certa verità, ed è per questa ragione che la riconciliazione diventa così difficile.

Non c’è solo la noncuranza, l’indifferenza, il disprezzo per le vittime e la sofferenza delle loro famiglie; non c’è solo l’ignoranza, il fastidio, la negazione dello Stato e della guerra civile che l’Italia ha dovuto sostenere in quegli anni tremendi. Dietro la facilità e l’incoscienza con la quale pubbliche istituzioni concedono incarichi ufficiali e consulenze importanti ad ex terroristi, dietro le scelte brutte sporche e cattive del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, c’è la menzogna italiana su quel periodo, le sue ragioni, i suoi mandanti, c’è tutta intera l’ideologia del “sono compagni che sbagliano”, e c’è, intatta purtroppo, la transizione pure tutta italiana della fede e della cultura comunista al post comunismo senza che siano cambiate le certezze di fondo, senza che un solo vero ragionamento sugli errori, le bugie, le nequizie di quel progetto e di quel sogno sia mai stato fatto.

Sarà per questo che Pier Luigi Bersani si sbaglia e dice Pc parlando oggi del Pd, sarà per questo che circolano ancora i fogliacci dell’Anpi che negano le foibe, sarà infine per questo che non siamo credibili mai, né quando chiediamo indietro al Brasile il terrorista e assassino Cesare Battisti, e perfino quando non riusciamo a riprenderci i nostri due marò prigionieri ingiustamente in India.

Non è vero che si tratta di una dimenticanza, di una miopia, bipartisan, ché i terroristi neri hanno conosciuto una sorte ben più dura, nessuna campagna stampa, niente manifestazioni, e quelli che sono di nuovo nella società dei liberi si sono sottoposti e si sottopongono al necessario martirio quotidiano del ravvedimento e della vita nascosta, sapendo che una cosa è aver scontato la pena secondo le leggi e aver diritto a una vita normale, al lavoro, a una casa, agli affetti, altra è andarsene in giro ostentando rivendicazione, un certo orgoglio, e aspirare alla notorietà, a scrivere libri, a lavorare alla Rai, a prendersi senza vergogna cittadinanze onorarie concesse da consigli comunali e sindaci infami, perfino ad essere eletti nel Parlamento del nostro Paese.

Non è storia solo di oggi, è storia vecchia e impenitente. Nel 2006 sedeva in Parlamento Sergio D’Elia, già componente del gruppo terroristico Prima Linea, e Susanna Ronconi era chiamata dal ministro Ferrero a far parte della consulta nazionale sulle tossicodipendenze, e Giovanni Senzani, implicato nel sequestro Moro, già lavorava al centro documentazione della Regione Toscana, chiamato “Cultura della Legalità Democratica”. La Ronconi dichiarava: «Sicuramente non abbiamo vinto noi. La lotta armata di sinistra ha mandato in carcere cinquemila persone. Siamo stati sconfitti politicamente. Ma né lo Stato né le forze politiche parlamentari hanno vinto perché esistono ancora troppe ingiustizie sociali. E io trovo la società di oggi molto più ingiusta di quella degli anni Settanta». Pisapia ripete un copione ben noto, è comunista, sono compagni che hanno sbagliato. E i milanesi che lo hanno eletto sindaco che cosa pensano?

di Maria Giovanna Maglie

mercoledì 25 gennaio 2012

Come cambia il mondo: neppure le proteste sono più le stesse

proteste violaCome erano le proteste all’epoca del governo Berlusconi? Colorate, pacifiche, animate da giovani e donne, e ovviamente imponenti. I politici della sinistra facevano a gara nell’arrampicarsi sui tetti delle facoltà universitarie e nel cantare Bella Ciao. I collegamenti con i talk show di Santoro, Travaglio, Floris, Lerner e soci erano garantiti e permanenti: la piazza si trasferiva immediatamente negli studi televisivi. E ovviamente aveva sempre ragione.
Come sono percepite a sinistra le proteste oggi? Irresponsabili, corporative, infiltrate dalla mafia o anche dall’estrema destra, contrarie agli interessi dell’Italia e dell’Europa. E naturalmente illegali. Due termini impazzano: “corporazioni” e “rendite di posizione”. Chi protesta oggi, lo fa solo per questo.
Ieri, nell’era Berlusconi, perfino le manifestazioni più violente – come quelle del 15 ottobre o del dicembre 2010 a Roma – erano “guastate da pochi facinorosi”, normalmente “infiltrati”. Oggi invece sono tutte indistintamente brutte sporche e cattive. Tassisti, camionisti, farmacisti.

Sia chiaro: non ci piacciono i camionisti che bloccano le strade e non ci impressionano più di tanto i notai che minacciano di rinviare i rogiti, i due estremi dell’Italia protestataria di oggi. Ma ancora di più ci sembra ridicolo l’atteggiamento dei media di sinistra che non si lasciavano sfuggire neppure una barricata, oggi sono diventati tutti ordine e distintivo.
Quando i professori mandavano in piazza gli studenti contro la riforma della scuola, era un grande fatto democratico. Se poi le donne occupavano piazza del Popolo, allora era una grande festa, cui non mancavano bambini in carrozzina e palloncini colorati. E come, sempre pochi mesi fa, non dare spazio e ragione agli “indignados” di ogni specie?
Proibito, però, manifestare oggi. In questo caso – come ha inconfutabilmente dimostrato ieri sera Gad Lerner, ci sono di mezzo la mafia e i fascisti. Insomma: è sempre più vero che il medium è il messaggio!.

martedì 13 dicembre 2011

La politica sta cambiando e lo stupidario dei Santoro e soci lentamente si estingue

michele santoroHo saputo che Santoro è passato dal 12 al 5 per cento degli ascolti, che è sempre un risultato di spicco in un sistema di trasmissione alternativo, ma insomma siamo in discesa. La ragione è ovvia. Il talk show di contropotere non ha più niente da dire. Niente più Berlusconi. Niente più censura & martirio e buone liquidazioni. Monti è impermeabile all’assalto discontinuista, e se gli dicono di non andare da Vespa per vendetta contro le poltrone bianche che hanno ospitato natiche berlusconiane, lui ci va e bolla il pollaio come chiacchiericcio provinciale, come ondata di eccitazione psicodrammatica. Cosa volete che gliene freghi, a un signor tecnico, dello stupidario televisivo di lotta e di governo. Allora Santoro, privato del glamour presunto del giornalismo d’attacco a base di intercettazioni, puttane e numeri da circo antimafia con il dottor Ingroia che sponsorizza il pataccaro Massimo Ciancimino, scarta e si affida totalmente al travaglismo, che è efficace e promette di esserlo ancora per un po’. Ma fino a un certo punto

Il travaglismo inganna e rende ridicoli i molti lettori e fan di sinistra che ci cascano, ma è integralmente di destra, non ha la verniciatura di lotta e di rappresentanza dell’Italia sana e socialmente sofferente da sempre incollata in modo attaccaticcio sui vascelli dell’informazione di regime “de sinistra”. Di Montanelli, che era persona complessa e interessante, e che aveva un’esperienza diretta della politica e dell’anticomunismo, del potere e dei giri del denaro frequentati con goduria e lussuria da commedia umana, Travaglio mantiene solo l’aspetto minore, il qualunquismo, il vizio d’origine e di struttura dei tribuni che sgomitano per il potere e il quattrino a spese della credulità dei loro padroni lettori (e con l’ausilio di verbali e imbeccate questurine). Devo dire che spesso è efficace, perché in tutte le sue incarnazioni il potere italiano fa un po’ ridere, come si vede dai suoi divertenti editorialini su Passera, sui nuovi garanti della rispettabilità italiana in Europa, e sulla tendenza di fondo a cambiare tutto purché nulla cambi. Il camaleontismo italiano nasce dal fatto che trasformisticamente si passa di regime in regime, invece che cambiare governo secondo progetti di alternativa e seguendo la decisione del corpo elettorale. E in questa persistenza del regime, comunque sia, lo stile Travaglio ci sguazza, perché gli consente di suggerire ogni giorno al branco ideologico suo tributario che Berlusconi è sempre vivo, sempre caimano, sempre minaccioso, e tutto quello che di porco e maledetto combina il potere, sia facendo la volontà della Merkel sia non disfacendo l’Italia avida e goduriosa e sporcacciona della cartolina qualunquista, alla fine è colpa di Berlusconi.

Però che i Monti e compagnia
si facciano impiccare a questi tableaux vivants, a questo gioco di ombre cinesi, è tutto da dimostrare. Berlusconi ci cascava, nel gioco dei suoi arcinemici, anche perché gli conveniva e ci vinceva le elezioni, questi qui invece sanno che a loro conviene disprezzare la masnada psicodrammatica, e tirare avanti con il paludamento dei tecnici e della loro autorevolezza. E senza lotte alla baionetta con un governo che magari dà bastonate e non risolve i problemi di prospettiva, ma fa tutto con un certo aplomb, sarà difficile mantenere anche quel cinque per cento, per me onorevolissimo risultato su circuito alternativo, ma per loro, dipendenti tossici dello share of voice e del marketing, un disastro senza consolazione.

Giuliano Ferrara
Il Foglio 11/12/2011

martedì 22 novembre 2011

Il socialismo buttato fuori a calci dalla Spagna

pict003E così la Spagna torna al centro-destra.
Mariano Rajoy, modestissimo eterno numero due, è riuscito nell’impresa di annientare sette anni di zapaterismo. Un’epoca si è chiusa, molti sogni sono stati riposti mestamente e malinconicamente nel cassetto. L’epoca d’oro del Bambi socialista è finita ingloriosamente, tra gli schiaffi dello spread e la disoccupazione che galoppa.
E pensare che fino a dieci mesi fa qui da noi, in Italia, c’era chi descriveva il premier spagnolo come un modello da seguire.

Era diventato un idolo, Zapatero. Un totem, un riferimento per tutta la sinistra italiana. Una specie di guru, un santone in grado di dettare l’agenda anche in casa nostra. Ricordiamo manifestazioni con il suo nome inciso su cartelli e bandiere.
Ricordiamo film in suo onore (cara Guzzanti), trasmissioni tv sul fenomeno iberico e perfino tentativi di emularne le gesta. Vendola, ad esempio, si è addirittura descritto (tempo fa) come “lo Zapatero di Puglia”. Dario Franceschini, che pure è cattolico e quindi teoricamente avverso alle tesi più spinte dello zapaterismo, è riuscito a dire, un paio di anni fa che “il premier spagnolo governa la crisi, a differenza di Berlusconi”. Vediamo ora come l’ha governata.
Soprattutto l’hanno visto gli spagnoli, che hanno cacciato i socialisti a livelli bassissimi. Neppure il 30% dei consensi.

Questo voto è una lezione anche per i tanti desiderosi di importare dall’estero modelli politici più o meno accattivanti ma che nascondono, dietro il bell’aspetto, una tremenda fregatura. Per fortuna che in Italia, Bersani & co. non hanno avuto l’opportunità di “sperimentare” lo zapaterismo. Se l’avessero fatto, oggi per l’Italia non sarebbe servito neppure Mario Monti.

lunedì 21 novembre 2011

In difesa di Maurizio Sacconi: la campagna di denigrazione della sinistra contro l’ex ministro ricorre ancora una volta al tentativo di distruggere le idee demolendo le persone

maurizio-sacconiMaurizio Sacconi è stato un grande ministro del Lavoro, colto, preparato e competente. All’azione del suo dicastero vanno attribuiti risultati importanti. A cominciare dalle norme sulla semplificazione e la sburocratizzazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese (adottate già nel contesto dei primi provvedimenti del 2008) che hanno comportato risparmi per 3,6 miliardi. Poi è stata la volta dei correttivi al testo unico sulla sicurezza e la salute dei lavoratori, grazie ai quali, senza ridurre per niente le tutele per i lavoratori, è stata superata una impostazione che originariamente era fondata sulle sanzioni piuttosto che sulla prevenzione e la formazione. In tale ambito va collocata, anche, l’istituzione di un «Polo della sicurezza» incentrato sull’Inail e raggruppante tutti gli enti operanti nel settore.

Quando, tra la fine del 2008 e i primi mesi del 2009, la crisi ha provocato all’improvviso una condizione di paralisi produttiva delle aziende, che le aveva costrette ad interrogarsi su come affrontare il problema di una manodopera, forzatamente inattiva, il ministro è stato in grado, insieme alle Regioni, di estendere gli ammortizzatori sociali, tramite la cig in deroga, anche a quel 58% del lavoro dipendente che non ne aveva mai fruito. Non lo si dimentichi mai: con questi interventi sono stati salvati ben 700mila posti di lavoro tra il 2008 e il 2010. Sul versante delle relazioni industriali, il governo ha esercitato un’azione di moral suasion che ha consentito, dopo anni di paralisi, di arrivare ad un nuovo assetto della contrattazione collettiva (prima con l’accordo quadro del 2009, poi con quello del 2011, a cui ha aderito persino la Cgil) incentrato sulla contrattazione decentrata. Il governo ha favorito tale svolta mediante una disciplina fiscale più favorevole per le quote di retribuzione, concordate in azienda o nel territorio, rivolte ad incrementare la produttività (si pensi alla vertenza Fiat).
Poi, nell’articolo 8 del decreto di ferragosto, è stato consentito alle parti sociali di negoziare, anche in deroga, più adeguate condizioni di orario e di lavoro allo scopo di garantire lo sviluppo delle imprese e più efficaci condizioni di occupabilità.
E che dire dell’introduzione di un moderno sistema di conciliazione e di arbitrato per la risoluzione, in via stragiudiziale e secondo equità, delle controversie di lavoro ? O della riforma dell’apprendistato quale strumento prevalente per l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro ? Per quanto riguarda, poi, la previdenza, sono state adottate dal governo misure sull’età pensionabile in grado di rafforzare l’equilibrio del sistema nel tempo e di meglio tutelare i lavoratori adibiti a mansioni usuranti.
I tanti ‘mozzorecchi’ della sinistra politica e sindacale non hanno risparmiato critiche al ministro Maurizio Sacconi. Susanna Camusso lo accusa, ogni volta che apre bocca, di voler destrutturare il mercato del lavoro ed annichilire i sacrosanti diritti dei lavoratori, violando ogni possibile legge posta a fondamento del nostro vivere civile.

Gli esponenti del Pd, legati alla Cgil, non perdevano occasione per definire Sacconi «il peggior ministro del Lavoro degli ultimi anni». Si tratta sicuramente di critiche ingiuste e settarie. Ma che rimangono pur sempre nell’ambito della lotta politica, ancorché discutibile, menzognera e priva di principi.
Eppure non c’è limite al peggio. Sono, infatti, inaccettabili le considerazioni polemiche nei confronti dell’ex ministro contenute nell’articolo «Sacconi, metamorfosi di un craxiano che volle farsi servo di Dio» scritto da Francesco Merlo e pubblicato sull’ultimo numero de ‘Il Venerdì di Repubblica’ (con una copertina vergognosa dove Sacconi è effigiato insieme a Nicole Minetti e a Tarantini). Il fatto che l’ex ministro abbia riscoperto la fede, in seguito ad una grave malattia, e che pratichi i riti della Chiesa cattolica, alla stregua di ogni fedele, diventa, nell’articolo, oggetto di dileggio e di caricatura.

Essere stati ‘craxiani’, agli occhi di Merlo, è un segno di colpevolezza al pari dell’’essere servo di Dio’. Come se Sacconi, secondo l’autore, sbagliasse linea di condotta quando chiede dove sta la chiesa più vicina per andare a messa come quando non si piega ai diktat della Cgil (di solito fanno così i ministri del Lavoro dei governi di centro sinistra).
“Sacconi – scrive Merlo – è il neomilitante di un Cristo intrufolato nella ricerca biogenetica, contro la libertà di sesso, contro la decisione di abortire, di divorziare, convertito ad un Gesù che scende in piazza contro i gay, il Dio infernale delle processioni, il Dio delle peggiori democrazie cristiane”. E conclude l’articolo, in cui, in modo del tutto gratuito, la fede è mischiata alla politica, scrivendo: “Ecco dunque Sacconi, un caso di conversione all’italiana nella quale l’ostentazione della fede fa da sfondo all’ambizione personale”.

In sostanza, gli adepti del partito di Repubblica, di cui Merlo è attivo militante, non hanno solo la pretesa di distribuire, in via esclusiva, le patenti di onestà, di competenza e di capacità politica. Ma pretendono anche di entrare nelle coscienze per valutare quale sia il rapporto con la Divinità.

lunedì 7 novembre 2011

Cuba, campione di democrazia?

CubaSiamo letteralmente sobbalzati sulla sedia quando abbiamo visto, nel programma del Festival “Ravenna Mosaico” propedeutico (ma cosa non lo è, di questi tempi…?) alla candidatura di Ravenna Capitale Europea della Cultura, la programmazione di un’installazione da collocarsi in piazza U.La Malfa dal 9 al 20 novembre p.v. dal titolo “La Resistenza italiana e la Rivoluzione Cubana” fatta in collaborazione fra Accademia di Belle Arti ed Escuela de Arte di Trinidad (Cuba).

L’evento sarebbe un’opera musiva realizzata con le tecniche spirituanensi, e fin qui nulla da eccepire, ed ispirata “ai valori della Resistenza italiana, e della Rivoluzione cubana (sic!): libertà, democrazia, solidarietà, partecipazione, dialogo”.
Ora posto che chi scrive è profondamente convinto e non da oggi che ampia parte di chi poneva in essere la resistenza italiana lo facesse per sostituire ad una dittatura un’altra dittatura e non per insediare un regime democratico, ma per fortuna le cose sono andate diversamente, ciò che è accaduto e che tuttora accade a Cuba è sotto gli occhi di tutti.

Dove sarebbero, di grazia, i valori della democrazia a Cuba? Nel fatto che non c’è il voto libero?
E quelli della solidarietà? Nel fatto che sono tutti poveri e dunque solidarizzano per la loro condizione così voluta da Fidel Castro?
E la partecipazione? Forse al fatto che molti cubani non possono recarsi all’estero perché il regime teme che non tornerebbero nel loro paese?
E il dialogo? Ah, il dialogo! Quello che si svolge fra il regime e i dissidenti a colpi di tortura e condanne a morte. Deve essere questo il dialogo!

Condanniamo con forza l’ennesimo tentativo di usare la “cultura” per far passare messaggi politici tutt’altro che democratici e per instillare soprattutto nei giovani – la mostra si svolge a pochi passi dalla scuola media Ricci-Muratori - idee totalmente distorte della realtà e inutilmente assolutorie per un regime che ha prodotto solo miseria, terrore e morte.

Il Comune di Ravenna, se ha una dignità, tolga immediatamente il patrocinio.

Alberto Ancarani
Consigliere comunale Pdl Ravenna

giovedì 20 ottobre 2011

L’emblematica vicenda di Garazatua, ovvero quando l’idiozia di certa sinistra non ha limite

falceecarrelloGarazatua Bolognesi, cassiera peruviana dell'Esselunga, nell'ottobre 2008 era stata colta sul fatto mentre rubava del materiale elettrico dagli scaffali nel negozio dove lavorava ed era stata licenziata.
Ne era nato un vero e proprio caso: la Bolognesi aveva denunciato i metodi dell'azienda, parlando di una “pausa bagno” negata che l'aveva portata a fare pipì sulla sedia della cassa. Aggiunse poi di essere stata aggredita da quattro colleghi come ritorsione.

Naturalmente avevano subito sposato la causa della donna i principali organi di stampa del centro-sinistra, dal Manifesto a L'Unità fino a La Repubblica che pubblicarono oltre 60 articoli sul caso tanto più che c’era di mezzo il patron dell'Esselunga Bernando Caprotti.
La povera cassiera, quella che aveva dichiarato di essersi fatta la pipì addosso perché costretta a restare a lavoro e di essere stata successivamente aggredita per le sue rivelazioni, era la vittima, e “il tremendo” patron dei supermercati, Bernardo Caprotti, il colpevole. Caso risolto. Anche perché meglio di così non poteva andare: da una parte c’era l’indifesa dipendente extracomunitaria e dall’altra il cattivo imprenditore di destra.
Nel 2008 il signor Basilio Rizzo - attuale presidente del Consiglio Comunale di Milano in quota Rifondazione Comunista - candidava la signora Garazatua all’Ambrogino d’oro, il massimo riconoscimento attribuito dalla città di Milano

E le indagini? La sentenza? Inutili orpelli, buoni soli a ingrassare le tasche degli avvocati e a confondere le acque.
Adesso, dopo un anno e mezzo, (che velocità!!), il tribunale di Milano ha archiviato il caso perché “a seguito di indagini accurate ed esaustive accertava l’inesistenza di comportamenti vessatori reiterati… ai danni della signora Bolognesi Garazatua…”. Ma non solo. Perché la stessa Garazatua è stata fermata dal personale di sorveglianza per aver sottratto merce dal supermercato e perché, in sette anni e mezzo, su 1355 giorni lavorativi la Bolognesi è stata assente per 626 (quasi il 50%).

Per chi non lo ricordasse il patron dell'Esselunga Bernando Caprotti, è quello che ha avuto l’impudenza di scrivere il libro “Falce e carrello” sulle vicende della Coop ed è quello che non riesce da decenni ad aprire un supermercato in Romagna.

martedì 18 ottobre 2011

E’ un vero comunista!

Nicola Iseppi 03Nell’ultimo consiglio comunale il nostro giovane sindaco ha ribattuto in modo particolarmente veemente alle nostre considerazioni sulla necessità di una fase di riflessione storiografica in grado di rivedere e di revisionare (horribilis dictu!) l’interpretazione di alcune  delle vicende che hanno segnato la guerra civile italiana dal 1943 al 1945.

In quel contesto, per rafforzare le sue idee, Iseppi ha dichiarato di sentirsi orgoglioso di essere comunista ad oltranza e di non provare alcuna comprensione per quanti, in quegli anni orribili, si trovavano dalla parte “dell’errore”.

Inani, abbiamo chinato il capo, tacendo, in un vago impallidir.

… ai bordi delle strade dio è morto,
nelle auto prese a rate dio è morto,
nei miti dell' estate dio è morto...
F. Guccini