martedì 22 novembre 2011

Il socialismo buttato fuori a calci dalla Spagna

pict003E così la Spagna torna al centro-destra.
Mariano Rajoy, modestissimo eterno numero due, è riuscito nell’impresa di annientare sette anni di zapaterismo. Un’epoca si è chiusa, molti sogni sono stati riposti mestamente e malinconicamente nel cassetto. L’epoca d’oro del Bambi socialista è finita ingloriosamente, tra gli schiaffi dello spread e la disoccupazione che galoppa.
E pensare che fino a dieci mesi fa qui da noi, in Italia, c’era chi descriveva il premier spagnolo come un modello da seguire.

Era diventato un idolo, Zapatero. Un totem, un riferimento per tutta la sinistra italiana. Una specie di guru, un santone in grado di dettare l’agenda anche in casa nostra. Ricordiamo manifestazioni con il suo nome inciso su cartelli e bandiere.
Ricordiamo film in suo onore (cara Guzzanti), trasmissioni tv sul fenomeno iberico e perfino tentativi di emularne le gesta. Vendola, ad esempio, si è addirittura descritto (tempo fa) come “lo Zapatero di Puglia”. Dario Franceschini, che pure è cattolico e quindi teoricamente avverso alle tesi più spinte dello zapaterismo, è riuscito a dire, un paio di anni fa che “il premier spagnolo governa la crisi, a differenza di Berlusconi”. Vediamo ora come l’ha governata.
Soprattutto l’hanno visto gli spagnoli, che hanno cacciato i socialisti a livelli bassissimi. Neppure il 30% dei consensi.

Questo voto è una lezione anche per i tanti desiderosi di importare dall’estero modelli politici più o meno accattivanti ma che nascondono, dietro il bell’aspetto, una tremenda fregatura. Per fortuna che in Italia, Bersani & co. non hanno avuto l’opportunità di “sperimentare” lo zapaterismo. Se l’avessero fatto, oggi per l’Italia non sarebbe servito neppure Mario Monti.

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