domenica 14 novembre 2010

Il disastro delle pubbliche affissioni

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Il comune ha pochi soldi, lo sappiamo tutti perché ciascuno può verificare quotidianamente il difficile stato delle manutenzioni e dei servizi. Ma sappiamo anche che è tradizione storica della sinistra porre pochissima attenzione alla gestione delle entrate comunali perché ad esse prioritariamente deve provvedere lo stato secondo la visione centralistica e statalistica che la caratterizza.

Nel nostro piccolo abbiamo un bell’esempio di noncuranza e di sciatteria nel modo con cui sono organizzati i servizi di pubblica affissione, abbandonati a sé stessi perché gestiti da una società che non dispone di alcuna referenza sul territorio e che è indifferente sia alla qualità delle erogazioni sia alla raccolta di denaro da versare alle casse comunali. La piazza di Casola è così piccola e così commercialmente limitata da non offrire ritorni economici di interesse per le aziende che operano in bacini territoriali amplissimi.
Qualcuno ricorderà che poco più di un anno fa i nostri amministratori avevano accettato tutte le condizioni assurde che aveva richiesto la società di affissioni. Le richiamiamo ancora una volta perché sono l’indicatore perfetto di cosa può produrre la burocrazia e l’inedia degli amministratori quando si alleano.

Lo sventurato che avesse mai avuto la necessità di affiggere un manifesto a Casola doveva dunque:
1) Recarsi in comune dove gli avrebbero dato un numero verde per chiamare Milano e la distinta di pagamento
2) Chiamare Milano dove avrebbe prenotato l’affissione e gli avrebbero comunicato l’importo da pagare
3) Recarsi presso la tesoreria comunale per versare l’importo
4) Spedire per fax a Milano l’avvenuta ricevuta di pagamento
5) Aspettare a casa, nel giorno prefissato, l’incaricato che sarebbe venuto a ritirare i manifesti da affiggere
Inutile dire che in qualsiasi città e paese d’Italia queste operazioni si svolgono in meno di cinque minuti, lasciando a uno sportello i manifesti e pagando.

L’appalto che successivamente fu organizzato dall’Unione dei Comuni doveva in buona parte sanare queste aberrazioni burocratiche e insistemmo molto all’epoca per inserire in capitolato di gara l’obbligo di apertura di un ufficio a Casola per almeno due giorni alla settimana che poi furono ridotti a un giorno perché il nostro sindaco si dimostrò fin troppo solerte e premuroso verso le aziende partecipanti.
Come siano andate a finire le cose è descritto nella risposta alla nostra interrogazione.

L’ATI che si è aggiudicata la concessione ha continuato a fare esattamente quello che faceva prima dell’appalto con la sola differenza che ora non si telefona più a Milano ma a Rimini e, naturalmente, l’ufficio a Casola Valsenio non è mai stato aperto. In questo modo, per quanto l’assessore Barzaglia nella sua risposta cerchi di minimizzare, il disservizio a carico dei cittadini è ancora tutto presente e il danno economico è rilevante perché:
1) le affissioni si sono ormai ridotte al lumicino
2) le affissioni mortuarie, le uniche che a Casola assicuravano entrate con una certa continuità, sono state affidate dall’ATI all’autogestione delle imprese funebri che pagano ora l’affissione normale e non più i costosi diritti di urgenza (e per questo supponiamo che ringrazino)
3) i controlli sulle affissioni volanti (volantini, locandine) sono quasi inesistenti
4) i controlli sulle affissioni di materiale pubblicitario in sagre, feste, eventi sono inesistenti come abbiamo anche rilevato dalla precedente interrogazione sull’uso del Parco Pertini
Rimangono esclusivamente le riscossioni sugli impianti fissi (insegne dei negozi, cartellonistica permanente ecc.) che l’ATI sbriga con un unico controllo annuale.

La domanda è: cosa impedisce ora di procedere alla rescissione contrattuale e trovare in loco forme di gestione meno demenziali?

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