La nuova Imu, la tassa sugli immobili che ha sostituito la vecchia Ici, rischia di passare alla storia come la tassa sui maiali e sulle vacche (e pure sulle galline). Perché non ci sono solo le prime e le seconde case (e a maggio gli italiani se ne renderanno finalmente conto), ma la tassa del governo Monti si applica anche ai fabbricati rurali e alle aziende agricole. E quindi alle stalle, agli allevamenti di mucche, alle porcilaie. L’agricoltura, un settore già in crisi, con questa mazzata rischia seriamente di ricevere il colpo finale.
Per le aziende agricole di piccole dimensioni si parla di un esborso di circa 1.000€, mentre per quelle più grandi si può arrivare a pagare anche decine di migliaia di euro. Coldiretti Lombardia ha stimato che su un allevamento da latte con 150 animali in stalla, 13mila quintali di quota e 60 ettari coltivati, l’Imu avrà un impatto stimato di 4.500 euro. Per un allevamento di suini con 7mila capi e 120 ettari coltivati il costo della nuova tassa sarà di circa 6mila euro.
Tutte le organizzazioni del settore hanno lanciato l’allarme:
Quintuplicare la tassazione in agricoltura significa mettere fuori mercato piu’ di 200 mila imprese. Per tale motivo chiediamo di rivedere l’impatto dell’Imu, dal momento che l’imposizione fiscale anche sui fabbricati rurali, strumentali all’attivita’ di coltivazione o di allevamento, e’ una profonda iniquita’, che non trova giustificazione alcuna. Per questo diciamo un fermo ‘no’ all’Imu cosi’ com’e’ posta.
Il rigore va bene, ma questo accanimento non ha senso. Anche perché produce solo danni.
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