mercoledì 9 novembre 2011

E allora diciamocela tutta: cosa succede se lo Stato fallisce?

disperazioneQuello che segue è una sorta di copione di un film dell’orrore che può contenere anche inesattezze dal momento che un precedente da noi non c’è mai stato e quello che si ipotizza è frutto di induzione.
Se lo Stato fallisce abbiamo due casi:
Lo stato fallito disponeva di una divisa propria che immediatamente perde il suo valore nei confronti delle altre divise e quindi dal lato operativo le cose sono abbastanza semplici perché nelle tasche della gente possono rimanere le stesse banconote e le stesse monetine di prima.
Quando fallì l’Argentina, il suo pesos che fino al giorno prima viaggiava ancorato al dollaro, è andato giù in picchiata a caduta libera, li hanno ribattezzati “Patacones”, ma tutto è finito lì. Se si doveva comprare il pane si usavano sempre le stesse banconote e le stesse monetine del giorno prima magari con prezzi più alti, ma questo è un altro problema.

Nel caso dell’Italia le cose sono un po’ più complicate, perché noi a quel punto dovremmo uscire dall’euro e dotarci di una nuova moneta e quindi un bel giorno si accende la TV e qui ci spiegano che da domani l’Italia passerà dall’euro al “bananeros” con un rapporto di cambio iniziale fissato dallo Stato, ad esempio di 1 a 2.5 ovvero 2,5 “bananeros” per comprare un euro.
A questo punto avremo le banche grosse più cariche di titoli di stato che falliscono e vengono statalizzate e le piccole banchette con un carico sopportabile di titoli di stato diventata carta straccia che si salvano.
A prescindere da questo, va detto che i titoli che uno ha sul C/deposito restano comunque di sua proprietà nessuno glieli porta via, ma il problema è vedere quanto potranno valere dopo il crack.
Quindi i Titoli sicuramente restano suoi, il contenuto delle cassette di sicurezza anche (la banca manco sa cosa contiene la cassetta di sicurezza né se è piena o vuota). Invece sui soldi del conto corrente, bisogna azzardare ipotesi.
Se ipotizziamo che lo Stato mantenga anche dopo il crack la attuale garanzia fino a 103.000 euro come è ora le cose potrebbero andare come segue.
Quello che uno aveva in conto corrente oltre la cifra stabilita se lo fuma e non ci pensa più perché è perso!
Quello che c’è al di sotto di tale soglia, viene mantenuto e convertito in “bananeros”, al cambio di cui sopra. Quindi se avevo 100.000 euro , giusto per fare i conti pari, nel “day after” mi troverò con un saldo in c/c di 250.000 “bananeros” e con quelli si può fare la spesa se si ha il bancomat o la carta di credito. Se non si ha né il bancomat né la carta di credito, bisogna aspettare i tempi necessari alla stampa e alla distribuzione delle nuove banconote e delle nuove monete!

Sembrerebbe un quadro nemmeno troppo drammatico se non fosse per qualche leggerissimo “effetto collaterale”. Al mercato in realtà dei nostri “bananeros” non gliene impippa un fico secco. Per contro, noi abbiamo bisogno di importare petrolio, energia elettrica, gas, e tutte le altre commodity. Per comperare queste cose i venditori vogliono vedere dei sani, e cari vecchi dollari USA, non i nostri “bananeros”.
Stante così le cose è estremamente probabile che fin dai primissimi giorni il cambio iniziale fissato dallo Stato a 2,5 contro euro e supponiamo a 2 contro dollaro, schizzi al doppio o al triplo o anche oltre (nessuno lo può dire).
In pochissimo tempo questo effetto scatenerebbe una inflazione selvaggia dei prezzi, per cui se con in nostri 250.000 bananeros provenienti dai 100.000 euro iniziali, si poteva comperare una Maserati, dopo poche settimane con la medesima cifra si riuscirà a comperare grosso modo (forse) una panda o un semplice motorino!.

Proviamo adesso ad esaminare il discorso sul fronte titoli. Poniamo che si abbia in portafoglio un titolo italiano (ENI) ed un titolo francese (Total). Per la semplice regola generale che nessuna azienda pubblica o privata che sia, può avere un rating più alto del suo Stato di appartenenza, il valore delle ENI diventa carta straccia al pari dei titoli di stato o poco più, mentre in teoria se la Francia non è fallita insieme a noi, le azioni Total avrebbero ancora il loro valore di mercato, che però al momento della vendita verrebbe comunque riconvertito in “bananeros”.

Cassette d Sicurezza. Se le banche fallite vengono nazionalizzate e non tolgono l’insegna né abbassano la saracinesca, non ci dovrebbero essere problemi.Se invece una banca dovesse chiudere in senso fisico le sue sedi, è probabile che si dovrà attendere l’intervento del curatore fallimentare che autorizzi qualcuno ad aprire i caveau per consentire il ritiro dei beni ai legittimi proprietari, ma anche qua siamo in territori inesplorati.

Rimane sottinteso che se lo Stato non dovesse nazionalizzare, allora si innescherebbe il fallimento a catena, di tutti quelli che hanno rapporti con quelle banche: aziende, artigiani, liberi professionisti, assicurazioni, famiglie con mutuo etc… tutto salterebbe in un gigantesco effetto domino.
Uno scenario di questo tipo è improponibile perché travolgerebbe tutta l’eurozona, la Francia fallirebbe con noi e quindi anche le Total dell’esempio andrebbero a ramengo.

Il ragionamento viene spinto fino a qua per far capire che anche ritirare i soldi e nasconderli in una cassetta di sicurezza, potrebbe salvare da una patrimoniale, ma non può rappresentare un rifugio sicuro in senso assoluto, perché in questo caso anche gli euro fisici non convertiti in “bananeros” rischierebbero di diventare carta straccia, e quindi in ultima analisi se proprio si volesse nasconderli nel materasso si dovrebbe avere l’avvertenza di non metterli tutti nella stessa divisa, ma al solito suddividere il rischio mettendo un po’ di euro, un po’ di dollari, un po’ di franchi svizzeri e un po’ di Yen.

Terminato il copione da film dell’orrore, l’unica strada percorribile per accompagnare l’Italia verso il default, dovrebbe essere un haircut come per la Grecia… della serie io Stato ti dovevo 100, alla scadenza ti rimborso 80 o 70 e pedalare.
Poi metto i beni dello stato in un calderone che cartolarizzo e comincio a rifilare in modo coatto, della gran merda ai cittadini…
Sei un dipendente pubblico? Allora il TFR quando vai in pensione te lo liquido metà in soldi e metà in titoli del patrimonio immobiliare che potrai riconvertire in denaro tra vent’anni beccandoti ogni anno una grassa cedola dell’ 1% lordo (0,80 netto).
Sei pensionato? Il 20% della pensione te lo pago con quote del patrimonio immobiliare, e così via…
A ben vedere anche questo scenario non è molto migliore del primo, però è più strisciante , più facile da gestire e da far digerire! Più abbordabile dai politici, insomma.

Un paio di mesi fa la UBS ha prodotto un interessante studio in cui si cercava di calcolare quale potrebbe essere il costo, per uno stato membro dell’euro-zona, per uscire dall’euro e tornare alla divisa originale. Attraverso una serie ipotesi e stime di una certa complessità alla fine della fiera veniva snocciolata una cifra “spannometrica” pari grosso modo al 40% del PIL, che per noi sarebbero circa 640 miliardi di euro!!!
Certamente una follia, ma se considerate la facilità con cui un lungo elenco di imbecilli, parla in radio e in televisione di patrimoniali in grado di abbattere di 20/30 punti percentuali il rapporto deficit/pil, con la stessa semplicità con cui si beve un bicchier d’acqua, senza che il presentatore di turno abbia la decenza di fermarli e dirgli qualcosa… non ci stupiremmo di dover assistere anche a follie ancora peggiori di questa.

Comunque vada ci aspettano anni difficili!

Sintesi da un intervento di Virginio Frigeri su Lombardreport

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