lunedì 18 luglio 2011

La grande manovra si accompagna alla grande paura

La paura di Isacco di Emilia Barozzi_Premio Italia 2008La manovra finanziaria si conquista, tra le altre, due medaglie. E’ stata, in termini di miliardi “manovrati”, la seconda manovra più consistente nella storia della repubblica; ed è stata, in assoluto, quella approvata in tempi più brevi. Il motivo di questa rapidità, come si sa, è legata alla crisi di fiducia dei mercati verso i titoli di stato italiani; fiducia precipitata tra la fine della scorsa settimana e lunedì. Da qui nasce la necessità per il governo di dare un segnale forte e immediato ai mercati, mostrando che la politica italiana è in grado di agire in tempi rapidi e di portare l’economia verso una strada più sana. Da qui nasce la prima manovra italiana approvata in pochi giorni e la facilità con cui l’opposizione ha approvato la legge. Va bene. Ma questo segnale ha funzionato? Tutta questa fretta è servita a qualcosa?

Proviamo a dare una risposta. Consideriamo un titolo del debito pubblico e vediamo come il tasso d’interesse sia cambiato nell’ultima settimana, osservando parallelamente le azioni intraprese dal governo. Sul sito della Borsa Italiana troviamo i grafici con le quotazioni; scegliamo, a titolo di esempio un’emissione che scade il prossimo anno, Bot-15Mg12 A. Un primo grafico, che mostra la quotazione nel mese scorso, ci dà un’idea della portata del crollo di lunedì 11 luglio. Il prezzo di questo BOT è sceso da 98,04 a 97,48; il tasso d’interesse lordo che viene percepito con questo titolo è salito quindi da 1,96% al 2,52% in un giorno solo. Ricordiamoci che se il tasso d’interesse di un titolo sale è perché il mercato ritiene che quel titolo sia diventato più rischioso, il default di chi l’ha emesso più probabile, e nessuno è più disposto ad acquistarlo a meno che il maggior rischio che affronta non venga adeguatamente remunerato.

Questi numeri, però, non rendono bene l’idea. Proviamo allora a esprimere questo aumento nel tasso d’interesse come aumento del costo del debito per l’Italia. Ipotizziamo che il tasso di interesse annuo su tutti i titoli di Stato sia cresciuto, come in questo caso, del 25% (ipotizziamo tra l’altro che il tasso d’interesse precedentemente calcolato fosse a 12 mesi, e non a circa 10 mesi come in realtà). Se nel 2011 il costo del servizio per il debito sarà pari a quello del 2010, pagheremo circa 5 punti di PIL, 75 miliardi di euro. Ebbene, con lo scivolone di lunedì, dovremmo pagare 1,25 punti di PIL in più. 18 miliardi di euro che si aggiungerebbero al già esorbitante costo del debito pubblico, e in un giorno solo.

Consideriamo ora più in dettaglio gli eventi politici della scorsa settimana connessi alla manovra e torniamo alla domanda da cui eravamo partiti: la risposta del governo alla crisi di fiducia dei mercati è stata efficace? Qui il grafico che mostra in dettaglio il prezzo del Bot in quest’ultima settimana.

Ripercorriamo brevemente gli eventi di questa settimana che hanno portato alla manovra economica più rapida della nostra storia:
Lunedì: la borsa di Milano perde quasi il 4%. Il prezzo dei titoli dello Stato Italiano, come il Bot che abbiamo considerato, perde quota.
Martedì: accordo tra Tremonti e l’opposizione per procedere ad una manovra lampo da varare entro il venerdì successivo.
Mercoledì: si continua a scrivere il testo: la manovra cresce da 65 a 79 miliardi.
Giovedì: sì del Senato.
Venerdì: sì della Camera e firma di Napolitano.

Il segnale del governo è stato quindi efficace? E’ vero che è ancora un po’ presto per giudicare: la manovra è stata firmata soltanto venerdì sera, a borse chiuse. La prossima settimana potremo sicuramente capire meglio. Inoltre, sul prezzo dei titoli influiscono tanti fattori, non solo la manovra, che pure è stata al centro dell’attenzione questa settimana: da questo punto di vista il fatto che nel grafico precedente il prezzo del BOT non si ristabilisca a fine settimana, non sarebbe significativo.E’ però anche vero che il testo della manovra era già conosciuto. Il contenuto, le scelte economiche del governo, si sapevano già giovedì. E quel giorno, invece, il prezzo dei titoli di stato è rimasto stabile. Venerdì è addirittura diminuito.

Quello che allora siamo in grado di dire è il seguente. Se segnale voleva essere, non è stato chiaro. E una condizione necessaria affinché un segnale venga colto è che sia chiaro. Se il segnale fosse stato chiaro, già giovedì si sarebbe osservata un’inversione di tendenza. Da questo punto di vista sarebbe stata molto meglio una manovra semplice, che con poche norme comprensibili (immaginando un caso limite: “sono abolite tutte le licenze”, come proponeva Oscar Giannino) ed efficaci vada ad incidere nettamente sull’economia del Paese, piuttosto di un testo lunghissimo che colpisce qua e là, cercando di ripartire i sacrifici sui gruppi che esercitano meno pressione politica. La seconda considerazione è che oltre al segnale poco chiaro, il contenuto della manovra non convincerà a lungo i mercati. Nessuna riduzione della spesa pubblica e aumento della pressione fiscale: c’è da aggiungere altro? Verrà ridotto il deficit in due anni, è vero, al prezzo però di soffocare ulteriormente l’attività economica. Davvero pensate che possa essere il segnale giusto per convincere i mercati di aver allontanato il rischio di default?

Emilio Rocca
dal sito dell’Istituto Bruno Leoni

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