martedì 19 aprile 2011

E noi che pensavamo che fosse solo una nostra “virtù”

pict002Con l’approssimarsi delle elezioni - preferibilmente quelle amministrative ma talvolta anche le politiche - era ed è ancora consuetudine nel nostro Comune mettere mano ad un intenso lavoro di maquillage di strade, parchi, giardini per mostrare le realizzazioni dell’amministrazione in carica e aiutare così l’elettore, a pochi giorni dal voto,  a fissare bene nella memoria i meriti del partito. In periodi di vacche grasse era un gran tramestio di asfalti, di fioriere, di porfidi, in anni magri ci si dava dentro con vernici e rigature stradali: quel che è certo è che la chiamata alle urne mobilitava sempre la casa comunale in un attivismo non ordinario.

In tempi molto lontani il sindaco Rossini, a capo di una amministrazione ancor più povera di quella attuale e per questo sempre alle prese con cittadini grati per i modi, ma perplessi sulle realizzazioni (adesso sono solo perplessi),  fiutava le elezioni come un cane la trifola e impegnava ogni risorsa e ogni conoscenza politica per raggranellare qualche lira per queste opere elettorali. E ci riusciva.

Noi giovani (allora) pensavamo che quel modo di fare politica fosse un po’ rozzo e molto paternalistico, che il giudizio degli elettori fosse più articolato, riguardasse l’intero quinquennio di mandato, avesse a che fare con gli impegni programmatici, non potesse racchiudersi insomma in un belletto di maniera.
Naturalmente ci sbagliavamo, tanto è vero che questa consuetudine delle opere “elettorali” è rimasta nel tempo e ancora oggi, quando le urne si avvicinano e i lavori fioriscono, più che la voglia di denunciare “la solita presa in giro” (come direbbe il giornalista), trova spazio solo l’emergere malinconico del tempo e dei ricordi. E così, quasi sempre, lasciamo correre pensando alla relatività delle cose.

Ma nel vedere ora che anche la grande città, il nostro capoluogo Ravenna, ben più ricco e dotato di quanto potrà mai essere il piccolo comune di Casola Valsenio, si appropria di una nostra “virtù”, quella del belletto necessitato, dell’opera tirata su alla belle meglio, del finto restyling, ci rimaniamo molto male quasi che ci sentissimo espropriati di un diritto nostro che la condizione di minorità ci riconosce e ci attribuisce. Quasi che, quella che da noi è una virtù virgolettata, in mano loro diventasse un vero affronto al buon senso e alla miseria e che rappresentasse uno schiaffo insopportabile alle differenze. Per questo glielo diciamo chiaro a quelli di Ravenna: non ci provate!

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