sabato 11 dicembre 2010

La rivoluzione liberale di Marchionne imprime una accelerazione poderosa al cambiamento del sistema Italia

free4_intFiat o meglio Chrysler-Fiat ha imboccato ieri a New York la strada che la porta fuori da Confindustria e dalla sua tradizione di contratti nazionali concertati.
La rivoluzione di Sergio Marchionne è politica e sociale ed avrà ripercussioni ben oltre le relazioni sindacali in senso stretto, ben oltre la questione dell'organizzazione del lavoro e dei diritti. Lo smantellamento del vecchio contrattualismo cambia struttura e assetto dei poteri in Italia.

Marchionne da Detroit importa a Mirafiori e altrove, con sensibile rischio di contagio a macchia d'olio, il modello di business e di lavoro americano.
Addio riunioni e concertazioni al terzo piano di Palazzo Chigi. Stato Confindustria e sindacati confederali o di categoria prendono un colpo storico nel loro spazio e nella loro funzione. Lavoratori e impresa faccia a faccia a discutere di salari e produttività e modelli di lavoro e tecnologie e condizioni ambientali: fine presuntiva per la gigantesca intermediazione sociale all'europea, di ceppo storico corporativo.

Se alla fine questa linea aziendalista e produttivista di stampo americano passerà nell'industria manifatturiera, trasferendosi nel resto del sistema produttivo, si imporranno coerenze ad alto impatto politico anche nell'istruzione, nella sanità, nell'organizzazione dei servizi di welfare, perché tutto si tiene.
Da una simile rivoluzione non esce indenne il nostro vecchio stato, con la sua pubblica amministrazione e le sue abitudini.

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