Sottopongo alla riflessione comune questo articolo pubblicato da L’Unità il 3 maggio scorso a pagina 3. L’autore è lo scrittore Francesco Piccolo, collaboratore abituale del quotidiano fondato da Gramsci.
Scrive così:
“La sinistra italiana dà l’impressione di essere ormai la parte più reazionaria del paese. In pratica, ha cominciato a fare resistenza al malcostume, alla degenerazione, e pian piano questa è diventata la sua caratteristica principale, che è tracimata anche sul costume, su ogni forma di cambiamento, di accadimento. Ha trasformato il “resistere, resistere, resistere” in una tignosa resistenza a tutto. Che è diventata senso di estraneità. Dà l’impressione, al resto del paese, di giudicarlo male qualsiasi cosa provi a fare; di essere scandalizzata, a volte inorridita. Alla sinistra italiana, nella sostanza, non piacciono gli altri italiani. Non li ama. Sente di essere un’oasi abitata dai migliori, nel mezzo di un paese estraneo. Di conseguenza sente di non avere nessuna responsabilità. Se l’essere umano di sinistra sentisse una correità, non penserebbe di voler andare a vivere in un altro paese, più degno di averlo come cittadino. Però, a quel paese che non le piace, che non può amare, del quale non sente di far parte, e che osserva inorridita ed estranea, che mette in soggezione di continuo e al quale ricorda che se potesse non ci conviverebbe mai, la sinistra italiana a ogni elezione, è costretta a chiedere il voto. Vuole, cioè, che quella parte di paese che disprezza, si affidi alle sue cure. Ciò che puntualmente non avviene. E poiché non avviene, la sinistra italiana si indigna di più, si estranea di più e ritiene di essere ancor meno responsabile di questo paese di cui non sente di far parte”.
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