lunedì 3 maggio 2010

La memoria corta di chi raccoglie le firme per il referendum sull’acqua

pustertal_046 In questi giorni in Provincia di Ravenna e in Regione le forze di sinistra sono mobilitate per la raccolta delle firme per la cosiddetta “difesa dell’acqua pubblica”.

Si tratta di un’iniziativa che il centrosinistra sta portando avanti in tutta Italia per attaccare strumentalmente il Governo Berlusconi che, con il recente Decreto Ronchi, avrebbe deciso di “privatizzare l’acqua”.

Innanzitutto è bene ribadire che il Decreto Ronchi, detto anche “salva infrazioni” perché permette al nostro Paese di adeguarsi ad una serie di disposizioni comunitarie, in realtà non tratta il tema dell’acqua che rimane un bene pubblico a cui è riconosciuto pieno e universale accesso, bensì il tema della liberalizzazione dei servizi pubblici locali, tra cui anche il servizio di distribuzione dell’acqua.

Questo chiarisce la profonda strumentalizzazione in atto!  L’art. 15 del Decreto stabilisce che l’affidamento dei servizi pubblici locali avverrà finalmente sulla base di gare ad evidenza pubblica, in modo da assicurare trasparenza e chiarezza. Dunque non è vero che necessariamente il servizio dovrà essere privatizzato: se l’attuale gestore pubblico è efficiente potrà benissimo partecipare alla gara, presentare la propria offerta ed essere riconfermato. E’ evidente che nelle intenzioni del Governo c’è il tentativo di innescare un meccanismo virtuoso di apertura al mercato che potrà favorire la concorrenza e contribuire a migliorare il servizio di distribuzione dell’acqua, un servizio che in molte regioni d’Italia è un vero e proprio colabrodo nonostante le tariffe elevate.

Chi oggi attacca il Governo perché ha privatizzato l’acqua  dimentica che molti enti locali, compreso Casola Valsenio, quel servizio lo hanno già privatizzato da tempo. Ma le regole, fino ad oggi, erano talmente poco chiare da permettere ai comuni di fare sostanzialmente quello che volevano. Così, ai precedenti monopolisti pubblici si sono sostituiti nel tempo nuovi monopolisti privati o semi privati, dando origine a quella serie di storture che Hera esemplifica benissimo. In Romagna l’acqua non è più pubblica dal 2003: quando nacque Hera i nostri comuni cominciarono - su ordine del partito - ad affidare la gestione dei propri servizi idrici alla società. Dov’era allora la sinistra? Perché allora non si stracciò le vesti in difesa dell’acqua pubblica?

Non è inutile ricordare due fatti:

Settembre - novembre 2009. I comuni della Provincia hanno deliberato la cessione delle reti di distribuzione dell’acqua ad Hera, votata a maggioranza dal PD a Rifondazione Comunisti, Comunisti Italiani facendo esattamente quello contro cui ora coltivano il dissenso

Cessione delle Sorgenti e dei pozzi” Nove anni fa i medesimi soggetti che ora si indignano decisero la cessione delle sorgenti al CON. AMI di Imola, lo stesso organismo che nove anni dopo decide di investire una parte dei soldi di 23 Comuni nell’autodromo di Imola con una operazione speculativa e dai contorni assai poco chiari.

Insomma sarebbe bene raccontare tutto ai cittadini che si avvicinano ai banchetti della sinistra pensando di salvare l’acqua dalle grinfie della speculazione mentre proprio le holding della sinistra sono state le prime a fare business di dubbia rilevanza sociale.

Noi siamo profondamente convinti che l’apertura al mercato prevista dal Decreto Ronchi sia positiva, perché grazie all’adozione della gara pubblica nel 2013 per l’affidamento dei servizi, tutti - compresi i comuni Emiliano-Romagnoli - saranno costretti a garantire maggiore trasparenza e più ampie garanzie negli affidamenti dei servizi. Non si confonda strumentalmente la giusta e condivisibile battaglia per la salvaguardia dell’acqua come bene pubblico, con la difesa dei monopoli esistenti e soprattutto con la difesa dei privilegi di Hera.

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