Nell’Italia politica quest’andazzo delle case gratis o semi gratis è molto diffuso. Adesso naturalmente è tornata fuori la storia dell’appartamento bolognese che Bersani abitò fra il ’91 e il ’93, quand’era vicepresidente della Regione Emilia-Romagna. Vicenda datata, oggetto di due inchieste della magistratura - una nel ’95, l’altra nel ’97 - entrambe concluse con archiviazione.
In sostanza: l’allora futuro leader del Pd aveva bisogno di una sorta di foresteria nel capoluogo, poiché abitava a Piacenza. Si piazzò allora in questa casa di 60 metri quadrati, via Mazzini, zona residenziale della città. La pigione si pagava ancora in lire, un milione al mese. E visto che - così dichiarò Bersani al pm - la abitava in condivisione con un funzionario dello Ial Cisl (l’istituto per l’addestramento professionale del sindacato), l’affitto veniva diviso: metà il politico, metà l’ente sindacale. Normale. Per la verità, c’è chi ha insinuato che il coinquilino di Bersani non dormisse lì spesso, ma tant’è: dopo un annetto e mezzo o giù di lì, l’attuale leader del Pd ci rimase da solo, e il versamento alla padrona di casa cominciò a essere del tutto a suo carico. In ogni caso, i magistrati indagarono per verificare se non vi fossero gli estremi di un abuso d’ufficio, visto che lo Ial Cisl incassava contributi regionali e Bersani era per l’appunto vicepresidente di giunta. Come detto, non fu riscontrato alcun reato, fascicolo archiviato. Peraltro, la stessa Cisl ha rimarcato che quello della coabitazione era stato un «gesto di responsabilità, per risparmiare». Lo stesso Bersani ha promesso querele per chi mettesse in dubbio questa versione dei fatti, sigillata dalla magistratura: per carità, non sia mai.
Il fatto è che questa faccenda dell’appartamento riaffiora regolarmente, con gran fastidio dell’ensemble progressista. Per dire, ancora nel gennaio scorso Alfredo Cazzola - l’ex sfidante del dimissionato sindaco bolognese Flavio Delbono e suo grande accusatore nell’inchiesta su bancomat allegri e viaggi a nota spese della Regione con amante al seguito - Cazzola,dicevamo, ha accennato con tono sibillino alla questione: «D’altronde Garavini sa come si fa ad avere delle foresterie senza che siano intestate alla Regione», così ha detto a una tivù locale. L’insinuante riferimento è a Gaudenzio Garavini, direttore generale del Comune di Bologna prima del sopracitato commissariamento: era proprio lui il coinquilino-funzionario Cisl ai tempi dell’appartamento condiviso. Una carriera, la sua, poi proseguita in Regione Emilia-Romagna (Bersani, dal canto suo, ne sarebbe divenuto presidente), di cui in seguito diventò direttore all’organizzazione e al personale. Ed è in questa veste che è stato recentemente indagato nel pasticcio Delbono, in quanto avrebbe secondo i pm mantenuto una non giustificata maggiorazione allo stipendio di Cinzia Cracchi, l’ex amante dell’ex sindaco, per “tenerla buona” ed evitare rivelazioni da scandalo. Scandalo che, com’è noto, è poi esploso lo stesso.
E insomma, dall’appartamento di Bersani alla cacciata di Delbono, e senza staccare il dito dal foglio. Evocativo.Non che le vicende siano collegate, intendiamoci. È’ solo gelatina ventennale, questa. Gelatina alla bolognese.
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