venerdì 21 maggio 2010

Federalismo fiscale, atto primo. Il consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il dlgs sul trasferimento del demanio. I beni di stato a regioni ed enti locali. Per essere valorizzati.

fiume-250 Il federalismo demaniale taglia il traguardo al fotofinish. L'approvazione definitiva da parte del consiglio dei ministri è giunta ieri, giusto in tempo prima che scadesse il termine affidato al governo dalla legge n. 42/2009 per emanare il primo atto concreto del federalismo. Un passaggio solo formale quello in cdm dopo l'accordo politico raggiunto in Commissione bicamerale dove il testo è stato profondamente rivisto accogliendo molti dei rilievi delle opposizioni.
Passeranno dunque gratuitamente a comuni, province, città metropolitane e regioni, i beni demaniali e quelli del patrimonio disponibile dello stato (che valgono 3,2 miliardi di euro). Saranno gli enti a decidere cosa farne: se tenerli e farli fruttare oppure cederli, dopo averli valorizzati. In questo caso il 75% dei proventi realizzati dovrà essere destinato a ridurre l'indebitamento o, se non ci sono debiti, per spese di investimento. Il restante 25% confluirà nel Fondo per l'ammortamento dei titoli di stato.
In ossequio al principio di sussidiarietà i beni del demanio saranno attribuiti prioritariamente ai comuni salvo che, si legge nel dlgs, «per l'entità o tipologia del singolo bene o del gruppo di beni, esigenze di carattere unitario richiedano l'attribuzione a province, città metropolitane o regioni».
I beni trasferibili. Alle regioni andranno i beni del demanio marittimo (spiagge, porti, rade, lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare e i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo) e quelli del demanio idrico (fiumi, torrenti, laghi e isole al loro interno) ad eccezione dei fiumi di ambito sovraregionale (il Po, per esempio, ma anche il Tevere, l'Adige etc.) e dei laghi di ambito sovraregionale (lago di Garda e lago Maggiore). Ma per quest'ultima ipotesi un'intesa tra le regioni interessate potrà sbloccare la cessione dei laghi.
Alle province andranno i laghi chiusi privi di emissari di superficie racchiusi nel territorio di una sola provincia. E anche le miniere (con le relative pertinenze ubicate su terraferma) ad eccezione dei giacimenti petroliferi e di gas.
Le regioni dovranno devolvere alle province una quota dei proventi ricavati dall'utilizzazione del demanio idrico. In assenza di accordo tra le regioni e le province interessate sarà il governo a intervenire, fissando la quota da destinare agli enti intermedi.
La procedura di trasferimento. I beni da trasferire saranno censiti in appositi elenchi da allegare ai dpcm che dovranno essere adottati entro 180 giorni dall'entrata in vigore del dlgs. Le regioni e gli enti che intendono acquisire i beni dello stato dovranno trasmettere domanda all'Agenzia del demanio entro 60 giorni dalla pubblicazione in G.U. dei decreti. Nelle domande l'ente dovrà indicare come e con quali scopi intende servirsi dell'immobile. Se dovesse utilizzarlo in modo difforme dagli scopi indicati nella relazione trasmessa al Demanio scatteranno i poteri sostitutivi del governo.
I beni per i quali non è stata presentata domanda confluiranno in un patrimonio vincolato affidato all'Agenzia del demanio che provvederà a valorizzarli e, se del caso, ad alienarli. I beni trasferiti entreranno a far parte del patrimonio disponibile degli enti locali (ad eccezione dei beni del demanio marittimo) e potranno essere venduti solo dopo essere stati valorizzati. Sarà l'Agenzia del demanio a dare il placet rilasciando un'apposita attestazione di congruità entro 30 giorni dalla richiesta.
I beni non trasferibili. Resteranno invece nel patrimonio indisponibile dello stato gli immobili già utilizzati dalle amministrazioni erariali per finalità istituzionali, i porti e gli aeroporti di rilevanza nazionale, i beni del patrimonio culturale, le reti stradali ed energetiche, le ferrovie, i parchi nazionali e le riserve naturali. Entro 90 giorni dall'entrata in vigore del dlgs le p.a. dovranno trasmettere al Demanio l'elenco dei beni da non trasferire in periferia. L'Agenzia potrà chiedere chiarimenti, visto gli enormi costi (700 milioni di euro) che ogni anno lo stato sostiene in affitti. Nelle città sedi di porti di rilevanza nazionale potranno essere trasferite dal Demanio ai comuni le aree portuali non più utilizzate e suscettibili di riqualificazione urbanistica. Resteranno in mano allo stato anche i beni del Quirinale, del Senato, della Camera e della Corte costituzionale.
Beni della difesa. Entro un anno dall'entrata in vigore del decreto saranno individuati e attribuiti con dpcm i beni del ministero della difesa trasferibili in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per esigenze di difesa e sicurezza nazionale.
Fondi comuni. I beni trasferiti agli enti territoriali, dopo essere stati valorizzati, potranno confluire in uno o più fondi comuni di investimento immobiliare. Ciascun immobile verrà conferito per un valore che verrà attestato dall'Agenzia del demanio. Ai fondi comuni potrà partecipare anche la Cassa depositi e prestiti.
Nuovi beni ogni due anni. Il decreto prevede che ogni due anni possano essere attribuiti alle regioni e agli enti locali ulteriori beni resisi nel frattempo disponibili.
Cosa cambia per gli enti locali. Gli enti che hanno ricevuto beni demaniali subiranno una riduzione dei trasferimenti erariali, a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo al passaggio di proprietà dei cespiti. Le spese sostenute per valorizzare gli immobili trasferiti saranno escluse dal patto di stabilità, ma non in assoluto. I vincoli di bilancio non si applicheranno solo limitatamente agli importi a suo tempo sostenuti dallo stato per la gestione e la manutenzione. Gli enti che acquisiranno beni demaniali riceveranno dallo Stato anche le risorse umane per gestirli. Si eviteranno così sprechi e duplicazione di costi e funzioni. In commissione bicamerale è stata infatti approvata una disposizione che impegna il governo ad assicurare «la coerenza tra il riordino e la riallocazione delle funzioni e la dotazione delle risorse umane e finanziarie, con il vincolo che al trasferimento delle funzioni corrisponda un trasferimento del personale tale da evitare duplicazioni di funzioni».
Gli enti locali in stato di dissesto non potranno vendere i beni ad essi attribuiti che potranno essere utilizzati solo per finalità di carattere istituzionale.

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