mercoledì 9 dicembre 2009

Il difficile cambio di pelle del PD

Che cosa è il Pd? Che significa oggi Partito Democratico? Quanto è lontano il nuovo di Bersani dal vecchio del Partito Comunista italiano? E quanto hanno inciso in questa eventuale trasformazione i passaggi fin troppo veloci di Veltroni e di Franceschini?
Proviamo a leggere alcuni elementi che ci aiutino a interpretare alcune delle caratteristiche più controverse del PD. Per farlo individuiamo tra le tante quattro categorie.



1) Le radici profonde che non si vogliono tagliare: la superiorità morale.
Un primo punto fermo è che Bersani deve ancora oggi tagliare quelle radici del vecchio comunismo mai recise fino in fondo dalla svolta della Bolognina di Occhetto. In sostanza, senza questo gesto non è possibile collegare direttamente il Pd alla socialdemocrazia europea.
Le vecchie radici infatti affondano in un terreno di cultura marxista-leninista per cui la classe dirigente è la punta di diamante del partito e, come tale, può vantare una superiorità morale che la rende immune dalle critiche. Ora è evidente che questa superiorità non viene riconosciuta più da nessuno, neanche dagli stessi aderenti al Pd, se oggi non poca parte di costoro si dichiara insoddisfatta della svolta di Bersani.
Però è sempre in base al principio della superiorità che gli esponenti della sinistra moraleggiano e pontificano su qualunque atto o provvedimento delle forze politiche loro antagoniste. Tuttora agli avversari non viene riconosciuta quella parità morale che invece è alla base del confronto in tutta Europa tra i popolari e i socialdemocratici.
Questo atteggiamento di spocchiosa presunzione morale lo si ritrova ovunque: si prenda ad esempio la lotta di questi giorni per le primarie del centro sinistra a Faenza tra de Tollis e Malpezzi. Come si comporta il PD? Ovviamente cercando di screditare l’avversario facendogli terra bruciata attorno utilizzando né più né meno le argomentazioni che di solito adopera contro il centro destra. Tutto questo in nome della convinzione di essere sempre dalla parte del vero e del giusto, dell’onesto e del buono, dei poteri sani contro i poteri “forti”, dei poveri contro i ricchi. Dall’altra parte solo nefandezze e intrighi, interessi indicibili e personalismi. Appunto il più canonico modello comunista per l’acquisizione e la conservazione del potere.

2)La presunzione della rappresentanza
Il secondo punto resta quello della presunzione di rappresentare totalmente i lavoratori: un concetto che poteva andar bene ai tempi di Togliatti, di Longo e di Secchia, ma che non trova rispondenza oggi, in una società profondamente mutata, che vede prevalere nelle classi lavoratrici e in genere tra i meno abbienti, il voto verso il Popolo della Libertà.
Questa situazione di fatto si ripercuote anche all’interno del sindacato che vede una prevalenza di adesioni da parte dei pensionati, ovvero dei più anziani in età, nei confronti della Cgil che talvolta viene colta ancora dal vecchio vizio di voler fare la cinghia di trasmissione tra partito e classe operaria.

3)La politica delle piazze
Terzo punto è quello del rapporto logorato con la piazza: un rapporto tormentato, vissuto malissimo sotto la pressione di nuovi ed efficaci piazzaioli come Di Pietro, Beppe Grillo e il popolo dei blog.
Non può più oggi, il Partito Democratico, mobilitare da solo le piazze come poteva fare ai tempi del Partito Comunista, se non ricorrendo al trasporto di massa dei pensionati operato dalla Cgil secondo i vecchi schemi.

4)Il rapporto con il territorio
Manca ormai da tempo quel rapporto diretto con il territorio che era il fiore all’occhiello delle vecchie amministrazioni locali di sinistra. Queste si sono sempre più rinchiuse nel Palazzo, specializzate nel gestire un potere amministrativo sempre più vasto, senza più dare ascolto alle richieste della gente.
Ecco perché quelle amministrazioni comunali dell’Emilia Romagna e della Toscana che un tempo costituivano il vanto e l’orgoglio della sinistra proprio per la loro capacità di rispondere ai bisogni, ai desideri, alle richieste degli elettori, anche di quelli non della loro parte, oggi sono entrate fortemente in crisi, contestate dall’interno e dell’esterno del loro partito. Ecco perché ad esempio una città industriale per eccellenza come Prato che per 63 anni ininterrotti fu il caposaldo e la roccaforte della sinistra in Toscana, con percentuali di voto più che bulgare, oggi è passata al centro destra.

E allora, che cosa è oggi il Partito Democratico? Una ripetizione del vecchio Pci delle Botteghe Oscure o un moderno partito socialdemocratico europeo?
Nessuna delle due, credo, né carne né pesce. Siamo di fronte ad un movimento che è rimasto impantanato nel guado di un percorso sofferto e che sta cercando faticosamente la sua strada, il suo obiettivo. Con una sinistra come questa, anche volendolo, non è facile dialogare. Ecco perché la strada delle riforme si presenta oggi molto difficile.

Nessun commento:

Posta un commento