Il Pdl e Pd sono d'accordo sull'esigenza di “cambiare l'attuale sistema elettorale restituendo ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti”. E’ quanto emerso dalla riunione di ieri alla Camera che ha inaugurato il ciclo di incontri bilaterali del Popolo della Libertà con le altre forze politiche per discutere delle rispettive posizioni in merito alle riforme istituzionali e alla modifica della legge elettorale.
E così ieri il primo partito a incontrare la delegazione del Pdl composta, su indicazione del segretario del partito Alfano, da La Russa, Quagliariello e da Bruno, è stato la Lega Nord. A seguire i rappresentanti del Popolo della Libertà hanno avuto un faccia a faccia con Bressa, Violante e Zanda del Partito Democratico.
Durante quest’ultimo tavolo di confronto, come spiega la nota congiunta Pd-Pdl, “si sono affrontati i temi della riforma istituzionale e della riforma elettorale ribadendo la necessità di collegare i due aspetti e di operare affinché entrambe le riforme possano ottenere il più ampio consenso parlamentare”. Nel dettaglio.
Legge elettorale. Per quanto riguarda la legge elettorale “si è convenuto sulla necessità di cambiare l'attuale sistema elettorale restituendo ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti. Il nuovo sistema elettorale dovrà evitare la frantumazione della rappresentanza parlamentare e mantenere un impianto tendenzialmente bipolare”.
Riforme istituzionali. Nell’ambito delle riforme istituzionali “si è discusso della possibilità di avviare il superamento del bicameralismo paritario, di ridurre il numero dei parlamentari, di rafforzare la stabilità di governo e il ruolo dell'esecutivo in coerenza con i principi del sistema parlamentare. Si è convenuto, inoltre, sull'opportunità di procedere rapidamente e concordemente tra Camera e Senato alla riforma dei regolamenti parlamentari favorendo soprattutto la celerità e la trasparenza del procedimento legislativo”.
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Quello raggiunto ieri tra il segretario del Popolo della Libertà, Angelino Alfano, e quello del Pd, Pier Luigi Bersani, non è né un patto politico né un patto di governo: è invece un accordo a collaborare per il futuro dell’Italia. Vediamo perché.
- Non è in alcun modo una riedizione del Compromesso storico. La strategia elaborata nel ’73 nasceva dalla volontà dell’allora leader comunista Enrico Berlinguer, che riteneva che la sinistra da sola non potesse andare al governo, pena una fine come quella cilena.
- Al contrario, l’iniziativa è adesso nelle mani del Pdl, e nasce da una considerazione chiara a tutte le persone di buon senso: occorre modernizzare, snellire, rendere più efficienti e soprattutto riportare più vicine alla gente le regole della politica.
- Tra queste la legge elettorale è solo una parte. Anche se il referendum è stato bocciato dalla Consulta, è chiarissima l’insofferenza dell’opinione pubblica verso un Parlamento di “nominati”: quindi si parte da qui.
- Il sistema bipolare resta in piedi e viene rafforzato secondo un modello che premierà le forze maggiori: quelle che hanno, appunto, un programma da proporre, una formula di governo ed un premier da sottoporre ai cittadini. Poi chi sarà più convincente e adatto ai tempi, vincerà.
- Ma appunto la legge elettorale è solo una parte. Si tratta di modernizzare le istituzioni a tutti i livelli, cominciando dal numero dei parlamentari e dal funzionamento di Camera e Senato: 945 tra deputati e senatori sono quasi il doppio degli Usa, e soprattutto fanno le stesse cose. Bisogna ridurre, spese comprese, e introdurre una divisione di compiti e una maggiore efficienza.
- A proposito di spese, il meccanismo di finanziamento ai partiti va totalmente riformato non facendolo più pesare completamente sullo Stato e sui contribuenti.
- Anche in questo caso dagli Usa possono venire utili insegnamenti: la raccolta di contributi elettorali dai privati, purché totalmente dichiarata e trasparente, è una soluzione da imitare. Anche perché coinvolge direttamente i cittadini, sia come eventuali sostenitori sia soprattutto come controllori.
- In generale i partiti devono utilizzare al meglio questo anno di governo Monti dedicato all’emergenza economica. Possono e devono farlo riformando la politica. Contemporaneamente danno prova di senso di responsabilità appoggiando l’esecutivo, lealmente ma non in modo succube.
- Non c’è quindi il rischio di alcuna confusione tra destra e sinistra, tra moderati ed ex comunisti. Ci si accorda tra le forze maggiori, così come i veri trattati di pace, quelli che reggono, esistono solo tra avversari, se non tra nemiche.
- E’ un modo di fare il nostro dovere mentre gli italiani affrontano con responsabilità i sacrifici imposti dall’emergenza economica. Ma è anche un modo di lavorare in anticipo all’Italia di domani, quando si tornerà ai normali meccanismi democratici.
- Quando questo governo avrà esaurito il suo ruolo non si potrà far finta che nulla sia accaduto. Molte cose non saranno più come prima. E del resto i cicli politici e istituzionali cambiano: Silvio Berlusconi superò la Prima repubblica ed è stato protagonista della Seconda. Ora noi prepariamo la Terza, nella quale, ne siamo certi, i moderati saranno ancora vincitori.
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