mercoledì 25 maggio 2011

Mamma mia! Tornano anche i signornò!

no tavPENSAVAMO di avere già visto tutto il peggio possibile nella penosa telenovela dei No Tav. Ci sbagliavamo. Mentre gli operai Fincantieri portavano nelle piazze la loro protesta per 2.500 posti di lavoro che stanno andando in fumo, altri operai sono stati presi a sassate in Val di Susa perché stavano iniziando un lavoro che qualcuno vuole fermare con ogni mezzo. E’ una brutta cartolina quella arrivata ieri mattina dalla Maddalena di Chiomonte, 70 chilometri da Torino: tronchi e reti metalliche sulle strade, centinaia di pietre lanciate sulle forze dell’ordine e sugli addetti ai lavori da qualche centinaio di irriducibili manifestanti. Follia. Folle una protesta del genere, folle che certe espressioni di inciviltà non vengano evitate, impedite, punite. Ma non è solo questione di civiltà. Il dibattito sulla Torino-Lione (estenuante, mal gestito, ma non certo superficiale) va ritenuto chiuso. Se quel cantiere non aprirà entro il 31 maggio, l’Italia perderà i finanziamenti europei per le opere preparatorie della nuova linea ferroviaria ad alta velocità. Sarebbe l’ennesima beffa, nella quale sguazzerebbero i nostri vicini francesi, così attenti ai passi falsi che da anni stiamo accumulando tra Torino e Lione.

CON QUANTA soddisfazione e ironia i loro giornali sottolineano, ormai da tempo, la differenza tra i due Paesi nei costi al chilometro dell’alta velocità già realizzata: il quadruplo rispetto alla Francia, in certe tratte nostrane. E a parità di difficoltà geologiche. Il pudore suggerisce di non fornire nuovi appigli alle ironie internazionali, mai a corto di argomenti sull’Italia. Lo hanno capito quasi tutti ormai, a destra e a sinistra. Perfino due parlamentari del Pd suggeriscono di militarizzare quel cantiere in Valsusa e consentire finalmente l’avvio dei lavori senza altre manfrine.

OGNI ANNO un autorevole centro di ricerca ci presenta il conto nazionale del «non fare» . Non fare infrastrutture, opere pubbliche, investimenti su energie alternative ci costa caro. L’ultima stima è un falò di 331 miliardi nei prossimi 13 anni, 20 miliardi nel solo biennio 2009-2010. Quanto siano fondate queste cifre non lo sappiamo, ma la sensazione di un Paese bloccato cresce, anche senza soffermarsi troppo sulle contestate fotografie appena distribuite dall’Istat. Il mega piano delle cosiddette grandi opere non poteva certo passare indenne dallo tsunami della crisi.
Il pronto soccorso di Tremonti e Sacconi è sceso in trincea, finanziando cassa integrazione e altri tamponi, blindando per quanto possibile la tenuta dei conti pubblici. Scontiamo e sconteremo ancora l’onda lunga della crisi in termini di disoccupazione, di opportunità inesistenti e bruciate per un’intera generazione di giovani. A chi non ha capito, Tremonti ripete ogni settimana che non c’è un euro.
E allora cerchiamo di spendere almeno gli euro che ci sono, come nel caso della Torino-Lione, e che rischiano di sparire per incapacità e superficialità imbarazzanti.
I nostri ragazzi studiano sempre di più all’estero, anche prima dell’università, e fanno confronti.
Può capitare di sentirsi dire da un figlio: «Perché mai dovrei tornare in Italia? Qui posso scegliere la facoltà che più mi piace, con la sicurezza di lavorare il giorno dopo la laurea». Sarebbe bello potergli rispondere
che non ha capito nulla.

Mauro Bassini – Il Resto del Carlino

Nessun commento:

Posta un commento