mercoledì 24 febbraio 2010

Analisi politica attraverso la stampa di oggi: Ora si scopre che Emma è radicale

482f37f8cfc4c_normal Il Riformista (Peppino Caldarola) - Ditemi voi se si può fare una campagna elettorale così.Ieri Emma Bonino ha replicato a quei dirigenti del Pd che hanno messo in discussione la sua scelta di proclamare il suo sciopero della fame e della sete per ottenere un diverso sistema di raccolta delle firme per la presentazione delle liste e una presenza televisiva maggiore per i radicali. La Bonino ha detto al Pd: “Invece di criticarmi, fate qualcosa”. E’ scattata così la trappola per il Pd. Formalmente gli obiettivi della Bonino sono il governo e il Parlamento. Sostanzialmente ha aperto un fronte con il partito che l’ha voluta come candidata presidente della Regione Lazio. Molti dirigenti piddini hanno introiettato il senso di colpa e già si stanno sbracciando per dare ragione alla leader radicale. Non capiscono di essere loro nel mirino del fuoco amico. A mano a mano che i giorni passeranno l’obiettivo polemico dei radicali diventerà il centrosinistra che fa poco per vincere i radicali. Che dovrebbe fare la coalizione? Dovrebbe battersi per ottenere l’esenzione del Partito radicale dalla raccolta delle firme, dedicando a questo tema tutte le energie e rinunciando, quindi, alla campagna elettorale. Fin qui passi. Ma sull’altro tema, quello dell’informazione, che cosa si aspettano Bonino e gli altri? Che il Pd apra uno scontro generalizzato con tutto il sistema di informazione per ottenere più visibilità per i radicali? Insisto, è una trappola. Forse l’obbiettivo è solo quello di avere più posto per i radicali nel listino.

Corriere della Sera (Pierluigi Battista) - Che Emma Bonino non potesse trasformarsi in una figura di mediazione, scialba e scolorita, i dirigenti del Pd avrebbero dovuto saperlo da tempo. O almeno da quando ne hanno accettato, obtorto collo, la candidatura per la Regione Lazio. Lamentarsi perché Emma Bonino è Emma Bonino è tardivo e controproducente. Dare addirittura voce a rancori anti-radicali, malumori e pentimenti sarebbe invece un puro gesto di autolesionismo politico. La sindrome autolesionista, del resto, non è una novità in casa democratica. Ma diventerebbe una malattia incurabile se, a trenta giorni dal voto regionale, si scatenasse una guerriglia sorda contro il candidato di una coalizione da cui non si può pretendere la sconfessione della propria identità radicale, della propria storia radicale: dello stile radicale. E allora perché nel Pd laziale serpeggia in questi giorni un immobilismo, una prolungata e perciò sospetta esitazione, una riluttanza a gettarsi con tutte le proprie energie in campagna elettorale? Perché l’Unità accusa la Bonino, adoperando termini volutamente offensivi, di aver addirittura «disertato» la vetrina dei candidati del centrosinistra? Perché Rosy Bindi sceglie di trasmettere l’impressione di una sua invincibile (ma non solitaria) svogliatezza nei confronti del candidato del Lazio, colpevole in fondo con lo sciopero della fame di non voler troncare il suo legame con le battaglie che da sempre caratterizzano la pattuglia radicale? Forse perché temono (o cominciano a temere, appunto, tardivamente) un contraccolpo sull’elettorato cattolico? Ma l’abbandono di Paola Binetti, e prima ancora quello dei cattolici che hanno lasciato il Pd per la nuova formazione di Rutelli o persino per l'Udc, è qualcosa di più e di diverso dall'effetto di spavento per un eventuale eccesso laicista nel voto laziale. Tanto è vero che, negli stessi giorni, si è registrato l'approdo di Giulia Rodano, erede di una famiglia politica che ha rappresentato il cuore e il cervello del cattocomunismo italiano, nel porto oltranzista dell'Italia dei Valori. Un'uscita dal Pd, ma dalla parte opposta. Difficile attribuirne la responsabilità all'opzione democratica per la Bonino. Arduo proiettare una difficoltà interna su una figura vissuta come un'aliena, come se la crisi drammatica di Red Tv fosse, anche questa, colpa della Bonino. E’ come se nel Pd circolasse un insano sentimento di umiliazione subita dal modo di fare di una candidata che il partito ha dovuto accettare senza condizioni. E senza trattare con lei sulle alleanze nazionali, come in Lombardia, dove i radicali e la stessa Bonino sono concorrenti del candidato di centrosinistra Penati. Il pasticcio radicale sul regolamento Rai per la par condicio, con la Bonino pubblicamente schierata con il deputato Beltrandi su una norma sciagurata nel campo dell'informazione televisiva, ha inasprito i rapporti, dando la sensazione che l’incontro tra radicali e democratici fosse più un matrimonio di interessi che una scelta convinta di unione duratura. Ora addirittura le recriminazioni, le rimostranze, le accuse. Che accentuano la percezione di una scarsa convinzione. […]

L’Unità (siglato S.C.) - Emma Bonino prosegue lo sciopero della fame e della sete […]. L’ala cattolica della maggioranza (con Rosy Bindi in testa) mordono il freno ma il loro malumore per la mossa della candidata laziale viene comunque fuori. […] Nel Pd voci critiche si sentono in area democratica (Giovanna Melandri e Paolo Gentiloni discutono del caso animatamente nel transatlantico della Camera) e anche Rosy Bindi giudica poco leale il comportamento della leader radicale, che così appare più interessata al destino delle liste Bonino-Pannella che a quello della Regione Lazio […]. A complicare le cose c’è anche la questione-listino, ovvero la lista di 14 consiglieri che si aggiudicano automaticamente un seggio in caso di vittoria. I radicali vorrebbero riservarne la metà a personalità della società civile, lasciando al resto della coalizione l’altra metà. Ipotesi che non piace al Pd. […] Polverini e Bonino sono 40 a 39. Bersani […] teme che l’iniziativa della Bonino non aiuti.

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