sabato 31 marzo 2012

Questa settimana

spremitura

Tutti si chiedono con timore se il Pd stia preparando anche per i casolani la stessa spremitura che ha regalato ai faentini

Imu

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Occorre anche tagliare le spese

oltre che aumentare le tasse. O no?!

Il Comune di Milano è molto generoso: regalerà ad ogni consigliere comunale un meraviglioso iPad, il gioiellino tecnologico di casa Apple. Ma non solo, la città di Pisapia regala a tutti i consiglieri anche un telefono cellulare.

Ad ogni legislatura il Comune di Milano offre ai consiglieri la possibilità di scelta tra un tablet e un computer: in molti hanno scelto l’iPad, ma c’è chi – come De Corato – confessa di aver scelto il pc perché “il tablet non lo so usare, lo prenderò più avanti”. Anche Cappato dei Radicali e Tatarella del PdL hanno scelto di mantenere il buon vecchio pc.

Il leghista Morelli non vuole saperne di sentire parlare di “scandalo”: “Non siamo certo dei privilegiati, nessuno dice che lo stipendio raggiunge massimo i 1500€ al mese. E l’iPad è uno strumento indispensabile per controllare la posta, scrivere gli emendamenti e leggere la rassegna stampa”.

Tutto vero, per carità, come è vero che un iPad o un computer sono utili strumenti di lavoro, ma perché questi costosi mezzi tecnologici devono essere a carico dei cittadini? Specialmente in questo periodo, e in una città che ai cittadini – quelli veri – ha già aumentato molte imposte.

papa castro

Il Papa a Cuba, un viaggio

nel segno della verità

 

La stretta di mano col presidente, all’aeroporto dell’Avana, dopo il caffè con il lìder maximo. Il saluto alla nuova Cuba, e a quella vecchia, identificate dai due fratelli, il (troppo?) prudente Raùl e l’ormai stropicciato Fidel, che indossa sempre una tuta, anche se non è più quella militare. E il congedo e la promessa: «Continuerò a pregare ardentemente affinché continuiate il vostro cammino e Cuba sia la casa di tutti e per tutti i cubani, dove convivano la giustizia e la libertà, in un clima di serena fraternità».

Il lungo volo di ritorno verso Roma, con l’arrivo a Ciampino ieri mattina, ha mandato in archivio il 23° viaggio internazionale di Benedetto XVI, che l’ha portato in Messico a Cuba. In archivio per la cronaca, ovviamente, perché di certo, per la storia, è tutta un’altra faccenda. Non c’è dubbio, infatti, che da Leòn all’Avana, papa Ratzinger ha marcato un nuovo, deciso, passo del suo itinerario di evangelizzatore, costruito su un annuncio della Parola che, senza enfasi, non lascia niente indietro e non fa sconti a nessuno.

A confronto con due facce pubbliche opposte dell’America Latina, il "laicissimo" Messico ultraliberista e il comunismo in salsa cubana, entrambe calate nella fede entusiasta e coraggiosa di due popoli mai piegati nel loro credere dalle condizioni difficili, spesso avverse, in cui hanno vissuto e vivono, Benedetto XVI ha vinto una nuova sfida che appariva impossibile.

Quella, per capirsi, di riuscire a parlare a uno stesso tempo al cuore e alla ragione per arrivare alla verità, mentre si parla di Dio. Come nell’ultima omelia in Plaza de la Revolucion all’Avana a Cuba, quando ha ricordato come «alcuni, come Ponzio Pilato, ironizzano sulla possibilità di poter conoscere la verità, proclamando l’incapacità dell’uomo di raggiungerla o negando che esista una verità per tutti», atteggiamento che «come nel caso dello scetticismo e del relativismo, produce un cambiamento nel cuore, rendendo freddi, vacillanti, distanti dagli altri e rinchiusi in se stessi»; tutto ciò mentre, dall’altra parte, «ci sono altri che interpretano male questa ricerca della verità, portandoli all’irrazionalità e al fanatismo, per cui si rinchiudono nella "loro verità" e cercano di imporla agli altri».

Per superare tutto questo, per il Papa, bisogna convincersi come fede e ragione siano «necessarie e complementari nella ricerca della verità», perché «Dio ha creato l’uomo con un’innata vocazione alla verità e per questo lo ha dotato di ragione. Certamente non è l’irrazionalità, ma l’ansia della verità quello che promuove la fede cristiana». Ogni essere umano deve scrutare la verità ed optare per essa quando la trova, anche a rischio di affrontare sacrifici». Così, e solo così, si arriva a fondare un’etica che riconosca la dignità inviolabile dell’essere umano e possa avvicinare gli uomini tra loro.

È l’impegno speciale a cui, dal Messico a Cuba, papa Ratzinger ha chiamato in primo luogo tutti i credenti, stimolando – ancora una volta – una presenza dei cristiani non annacquata. L’ha fatto fin dal suo definire «schizofrenica» la tendenza di tanti cristiani, specie in politica, di ritenere di poter avere un’etica privata diversa da quella pubblica. È l’ha poi ripetuto nelle piazze di Leòn, di Santiago, dell’Avana, esigendo dai cristiani un impegno fattivo e costruttivo, aperto al dialogo e fiducioso.

È così che si combatte la violenza, in tutte le sue forme, ed è così che si lotta per la giustizia e per la libertà. Nessuna rivendicazione astratta, niente toni lamentevoli. No. Invece, l’esortazione ininterrotta, vibrante, a cercare, nella fede vissuta con convinzione, con tenacia, quella «verità sull’uomo» che è «presupposto ineludibile per raggiungere la libertà, perché in essa scopriamo i fondamenti di un’etica con la quale tutti possono confrontarsi e che contiene formulazioni chiare e precise sulla vita e la morte, i doveri ed i diritti, il matrimonio, la famiglia e la società, in definitiva, sulla dignità inviolabile dell’essere umano».

Salvatore Mazza
L’Avvenire

venerdì 30 marzo 2012

Aveva detto

Iseppi132

Siamo oltre la metà del mandato dell’Amministrazione Iseppi che scadrà nella primavera del 2014. Andiamo a vedere, allora, giorno dopo giorno, quali impegni erano stati assunti nel Giugno 2009 che ancora non sono stati onorati e dei quali si parla poco o nulla

Nel programma elettorale di Iseppi al punto 2 “Uno sviluppo economico equilibrato ed ecologicamente sostenibile…” si leggeva:

acqua

Per ora, anche di questo impegno, non c’è traccia visibile

Senio

Lo strano caso del dirigente regionale infedele, premiato dalla Regione

misteri“La Regione Emilia-Romagna, incomprensibilmente, concede un premio di produzione pari a 13.859 euro al dirigente Claudio Miccoli. Una medaglia riservata al dipendente infedele.
Era il 17 Dicembre 2010, quando, attraverso un’interrogazione regionale (in data 18 Febbraio 2011 sullo stesso caso presentavo anche un’interpellanza regionale), avevo informato la Giunta Errani dei problemi finanziari e di gestione collegati alla società Immobiliare Forlimpopoli S.r.l.
Dalle segnalazioni pervenutemi, era emerso il coinvolgimento diretto nella conduzione della società di un dirigente regionale del Servizio di Bacino di Ravenna.
Il Miccoli ricopriva l’incarico di amministratore unico, carica incompatibile con l’impiego a tempo pieno alle dipendenze di una pubblica amministrazione. Un’evidente anomalia. In quella fase, inoltre, l’immobiliare aveva avviato la procedura concorsuale liquidatoria.
Ci saremmo aspettati un intervento diretto della Regione Emilia-Romagna. Invece, il nulla, anzi oggi scopriamo, vergogna delle vergogne, che al Miccoli è stato pure riservata una retribuzione extra.”

Ad affermarlo è il Consigliere regionale del Pdl Fabio Filippi. “Dopo mesi – aggiunge Filippi – l’assessore regionale allo sviluppo delle risorse umane e organizzative aveva cercato di giustificare il dipendente, il quale avrebbe, a detta della Regione, fornito ‘convincenti ragguagli sull’eccezionalità della situazione in cui era venuto a trovarsi’, nel frattempo la società è stata trasferita a Vibo Valentia, in Calabria.”
Sono tredici le famiglie coinvolte nella compravendita fallimentare di immobili con la società Immobiliare Forlimpopoli. “Gli acquirenti, con il fallimento in atto, rischiano – prosegue Filippi – di perdere gli acconti versati. Ma alla Regione, evidentemente, questa cosa interessa poco. Preferisce fare finta di nulla, premiare il dipendente, lasciando sole tredici famiglie raggirate.
Questa volta è veramente stato superato il segno, la Regione, sempre più lontana dai cittadini, si concede di fare il bello e il cattivo tempo gratificando i funzionari negligenti. Ci domandiamo cosa ci sia sotto. Forse il Miccoli non è l’unico regionale ad essere coinvolto nella truffa Forlimpopoli? Interpello pubblicamente l’assessore competente e il responsabile del Servizio Tecnico Bacino di Romagna, Mauro Vannoni, affinché ci spieghino i motivi di tante attenzioni verso il dipendente infedele Miccoli.
Se il centrosinistra che guida la Regione fosse formato da persone serie, Miccoli avrebbe già fatto le valige e, a questo punto, stesso trattamento lo meriterebbero anche l’assessore regionale e il responsabile del Bacino di Romagna...”

Chiude il Riformista: una delle poche voci equilibrate ed autorevoli del centro sinistra

Il Riformista chiude, domani sarà in edicola con l’ultimo numero, la solidarietà è bipartisan ma l’addio è amaro per la nuova voce che l’informazione italiana vede venir meno in un momento di forte crisi per il settore editoriale.

«Con grande amarezza vi diciamo che tutti i tentativi fatti per salvare il salvabile, non hanno avuto esito positivo. L’assemblea dei soci, quindi, ha deciso di affidare a un liquidatore l’amministrazione della cooperativa e di sospendere la pubblicazione del giornale», scrive il direttore Emanuele Macaluso (in foto) nell’editoriale che uscirà nel numero in edicola domani. E spiega: «comunque vadano le cose, da oggi non sarò più il direttore di questo giornale».

“COOP E SINDACATI NON CI HANNO AIUTATO”
Nel suo lungo e amaro editoriale si toglie anche qualche sassolino dalle scarpe: «dispiace che in un momento difficile per il giornale, e amarissimo per me, ci sia stato qualcuno che in redazione con il suo agire scorretto mi ha costretto a chiudere in modo brusco il mio impegno che ho profuso con disinteresse e passione. Infine, voglio ribadire che non ce l’abbiamo fatta, anche per ragioni politico-editoriali, per nostre, soprattutto mie, deficienze. Non ce l’abbiamo fatta, come ho detto in altre occasioni, anche perchè chi poteva darci una mano, soprattutto il movimento cooperativo con la pubblicità che concede a destra e a manca, ma anche il sindacato, non ce l’ha data. È un segno dei tempi. Ma non mi arrendo».

mercoledì 28 marzo 2012

Claudio Casadio, il grande spendaccione, è ritornato: mentre tutta Italia tira la cinghia, lui assegna super premi ai dirigenti provinciali

Casadio

E’ bastato il baluginare di una bandiera rossa e l’Italia rischia la rovina

bandiera rossaLa favola bella è finita? Forse si. Resta la pulsione acchiappatutto di una sinistra che governare non può e lasciar governare non vuole. L’eterna sinistra all’italiana, mai andata a Bad Godesberg per ripulirsi dalle incrostazioni massimaliste e dalle velleità rivoluzionarie residuate dalla novecentesca società delle masse. Mai disposta a correre il rischio di un nuovo inizio “socialdemocratico”, per sfiducia verso la propria capacità di sintonizzarsi per un tratto di strada su menti e cuori della maggioranza sociale, e perciò timorosa di fare le spese della rottura a sinistra che è sempre il prezzo del cambiamento.

Una sinistra avvezza a surrogare il deficit di appeal democratico con il potere di organizzare il sabotaggio del governo in carica per metterlo nell’impossibilità di fare presa sulla realtà del Paese. È stata questa la storia infinita dell’anomalia italiana, dal tramonto dell’età emergenziale di De Gasperi a Berlusconi. Stavolta è sembrato possibile scampare alla punizione dei mercati con un tuffo nel patriottismo di un governo di tregua, sorretto dalla rinuncia al sacro egoismo partitico. “Tutti per l’Italia”. Ma era troppo chiedere alla sinistra di Bersani.

È bastata la ricomparsa dell’art.18 per eccitare le frange lunatiche della sinistra con il ricordo della vittoriosa battaglia d’arresto scatenata, sulla pelle del Paese, contro il secondo Governo Berlusconi. La tentazione di ripetere il colpo contro la riforma del mercato del lavoro azzardata dal governo Monti si è fatta irresistibile, e ha trascinato con sé il partito di Bersani, in un gioco d’anticipo volto a sfruttare l’occasione delle elezioni amministrative per ipotecare il risultato delle politiche che seguiranno.

Se il governo dei professori non fosse stato spossessato del ricorso all’approvazione per decreto della riforma, e se non si fosse trovato conveniente sovreccitare il clima con lo svolgimento puntuale di una tornata amministrativa che sarebbe stato ragionevole rinviare, le cose avrebbero preso un’altra piega. Così non è stato e il “caveat” lanciato da Seoul dimostra che Monti ha mangiato la foglia. Il suo rifiuto di ridursi a trastullo delle consorterie partitiche, ha il senso di un monito. Ricorda la reazione di De Gaulle quando si cercò di negargli i pieni poteri richiesti per salvare la Francia: “Se è così non mi resta che tornare a Colombey e chiudermi nel mio dolore, lasciandovi alle prese con i paracadutisti”. Solo che in questo caso a calare dall’alto sui profittatori dell’emergenza sarebbe lo spread manovrato dai mercati finanziari.

L’inciampo dell’art.18 non è l’unico elemento comune sul cammino di Monti e Berlusconi: decisiva sarà la sfida per il taglio della spesa pubblica, necessario per contenere la pressione fiscale. Senza di che ogni speranza di ripresa economica sarà strozzata in culla dalle tasche vuote dei tartassati.

Riforme istituzionali: è un accordo al ribasso, ma meglio che niente

rif ist

martedì 27 marzo 2012

Minardi ha ragione: i vertici del Pdl ravennate ignorano la necessità di una rappresentanza territoriale omogenea e coordinata.

Minardi

A Ravenna parlano di istitualizzazione dell’accattonaggio davanti ai supermercati. A noi sembra una iniziativa pericolosa e senza sbocchi, utile solo a pubblicizzare il buonismo lassista della sinistra (e della Coop).

parcheggioA dare la notizia è stata pochi giorni fa la Lega nord. Il consigliere comunale Paolo Guerra, nella risposta a una sua interrogazione circa «la grave situazione di disagio e di insicurezza nei parcheggi della città», era stato informato dall’assessore alla Sicurezza che «sono in corso di definizione accordi fra le Coop e i “mendicanti presso le aree di sosta dei supermercati” al fine di istituzionalizzare questa attività».

Interpellato dal Corriere, l’assessore comunale ai Servizi sociali e al volontariato Giovanna Piaia chiarisce i contorni di quello che, al momento, è solo un progetto.«Sia ben chiaro che non stiamo parlando di regolarizzazione - tiene innanzitutto a precisare -. Coop Adriatica, con la propria sensibilità sociale, ha proposto un progetto per l’integrazione di quelle persone che oggi stazionano all’esterno dei supermercati, con comportamenti diversi, che vanno dal chiedere soldi a indicare i parcheggi liberi all’offrire qualche piccolo servizio come aiutare a trasportare la spesa».
Ciò che l’esponente della giunta tiene a mettere in luce è che si tratta di un progetto sociale - una vocazione che da tempo fa parte della mission aziendale della coop di consumo - «che va oltre la semplice logica di evitare il problema, cosa peraltro in parte già fatta distribuendo i gettoni di plastica per i carrelli: questo è un progetto di integrazione, di inclusione».
Altro aspetto che l’assessore vuole puntualizzare è che non si tratterebbe di vero e proprio lavoro, bensì «di assegnare un ruolo alle persone che oggi si aggirano nei parcheggi, trasformarla in una presenza di servizio». Come?

Il compito del Comune di Ravenna, in questo caso, sarebbe quello di fare da tramite fra Coop Adriatica - che stanzierebbe un fondo ad hoc - e il volontariato locale che opera nel mondo dell’immigrazione, che sarebbe il destinatario del contributo stanziato dal colosso della grande distribuzione, e che dovrebbe definire il progetto e curarne la realizzazione.«Deve essere chiaro che non stiamo parlando di lavoro, ma di una forma di pre-lavoro che può favorire l’inserimento», sottolinea la Piaia; c’è un’ampia fascia di persone che, indipendentemente dall’assistenza, non trova collocazione neanche in forme di attività socialmente utile».
Il progetto per ora è ancora in fase embrionale: dopo l’incontro fra Coop Adriatica e Comune di Ravenna, è il momento del coinvolgimento del volontariato, dal quale dovrebbero giungere risposte e idee.

Il tremendo e ferreo potere di veto della CGIL

prova di forzaGli specialisti dei problemi del lavoro discutono sulla efficacia o meno della riforma messa a punto dal governo Monti. Accrescerà davvero la flessibilità del mercato o accrescerà solo i contenziosi giudiziari? Favorirà l’occupazione o aumenterà gli oneri a carico delle imprese? A parte le valutazioni di merito c’è anche in gioco un problema che sarebbe riduttivo definire «politico »: perché investe gli equilibri del nostro sistema istituzionale, riguarda quella che con espressione abusata viene detta la «costituzione materiale». Il quesito è se ne sia parte integrante il potere di veto dei sindacati e, in particolare, della più forte organizzazione, la Cgil (a sua volta trainata dalla Fiom). Molti pensano che, almeno dagli anni Settanta dello scorso secolo, quel potere di veto sulle questioni del lavoro sia uno dei pilastri su cui si regge la Repubblica. Da qui la diffusa convinzione, propria di chi confonde democrazia e costituzione materiale, secondo cui sfidare quel potere di veto equivalga a mettere in discussione la democrazia.

Ricordiamo che prima di oggi, negli ultimi trenta anni, il potere di veto della Cgil è stato sfidato dai governi solo in due occasioni, una volta con successo e una volta no. Negli anni Ottanta fu il governo di Bettino Craxi ad ingaggiare un braccio di ferro con la Cgil sulla questione del punto unico di contingenza. In quella occasione, la Cgil perse la partita e la sua sconfitta consentì all’Italia di porre termine al regime di alta inflazione che l’aveva flagellata per più di un decennio. La seconda volta, il potere di veto della Cgil venne sfidato dal (secondo) governo Berlusconi proprio sull’articolo 18. L’allora segretario della Cgil, Sergio Cofferati, riuscì a mobilitare e a coagulare intorno a sé tutte le forze antiberlusconiane del Paese e la maggioranza parlamentare non seppe conservare la coesione necessaria. L’articolo 18 non venne toccato, il governo uscì sconfitto.

In entrambe le precedenti occasioni, la mobilitazione della Cgil e dei suoi alleati aveva come bersaglio un chiaro, riconoscibile, «nemico di classe»: Craxi (socialista ma anche anticomunista) e Berlusconi. Adesso le cose sono assai più complicate persino per la Cgil. Il contesto, sia politico che economico, non l’aiuta. Monti e Fornero possono anche essere dipinti nelle piazze come nemici di classe. Ma si dà il caso che l’attuale governo sia un governo del Presidente, voluto e sostenuto da Giorgio Napolitano. Sarà alquanto difficile, e poco credibile, trattare da nemico di classe anche il presidente della Repubblica. Né aiuta la Cgil il contesto recessivo e i potenti vincoli esterni che incombono sull’economia italiana. La battaglia per conservare il potere di veto e, con esso, la potenza dell’organizzazione, si scontra con una congiuntura nella quale il giudizio dei mercati, delle istituzioni finanziarie e dell’Unione Europea sull’operato del governo e del Parlamento è decisivo e può farci facilmente ripiombare nella condizione di assoluta emergenza in cui eravamo solo pochi mesi fa.

Dopo le elezioni amministrative, quando il provvedimento del governo approderà in Parlamento, vedremo se il potere di veto della Cgil ne uscirà ridimensionato o riaffermato. Sarà la cartina al tornasole per capire se ci saranno cambiamenti oppure no nella costituzione materiale della Repubblica. Chi definisce solo simbolica la questione dell’articolo 18 forse sottovaluta il fatto che, in genere, sono proprio gli esiti delle battaglie sui simboli a decidere queste cose.

Angelo Panebianco
Corriere della Sera del 26 marzo 2012

lunedì 26 marzo 2012

I nostri soldi

Giornalmente rendiamo pubbliche molte delle spese effettuate dai nostri amministratori affinché i cittadini possano valutare in piena autonomia l’uso del pubblico denaro

Il premio ai dipendenti comunali che hanno seguito il censimento

DD 64 del 26/03/2012

LIQUIDAZIONE COMPETENZE A FAVORE DEI DIPENDENTI DEL COMUNE DI CASOLA VALSENIO A FRONTE DELLE PRESTAZIONI EFFETTUATE NEI MESI DI OTTOBRE NOVEMBRE E DICEMBRE 2011 IN OCCASIONE DEL 15° CENSIMENTO DELLA POPOLAZIONE E DELLE ABITAZIONI

Spesa di:

7.800,00

A favore di:

- Quadalti Wilmer € 4.517,72
- Sagrini Giovanna € 1.355,55
- oneri riflessi € 1.926,73

Per:

Il responsabile dell'Ufficio Associato di Censimento dei Comuni ci Brisighella, Casola Valsenio e Riolo Terme ha disposto in data 05/03/2012 il trasferimento al Comune di Casola Valsenio della somma di € 7.800,00 a fronte delle operazioni censuarie effettuate dai dipendenti nell'ultimo trimestre 2011.
Le
operazioni censuarie sono state effettuate dai i dipendenti dell'Ufficio Polifunzionale nel rapporto % indicato a fianco di ognuno come attestato dal Responsabile dell'Ufficio Associato di Censimento sulla base delle attività rilevate dal Sistema di Gestione della Rilevazione:
Quadalti Wilmer 77%
Sagrini Giovanna 23%

Scelta esecutore:

Disposizioni legislative

Nostri rilievi:

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Censimento 2011

censimento1

Arrivano soldi per Casola è una favola

DD 69 del 26/03/2012

ORGANIZZAZIONE DELLA RASSEGNA “CASOLA E’ UNA FAVOLA”. ACCERTAMENTO CONTRIBUTI

Entrata di:

€. 11.500,00

A favore di:

Comune di Casola Valsenio

Per:

Per l’organizzazione di Casola è una Favola, come da comunicazioni intercorse, si accerta:
- un contributo dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna di € 10.000,00 (comunicazione Prot. 1243 del 08,03,2012)
- un contributo dalla Banca di Credito Cooperativo della Romagna Occidentale di € 1.500,00 (comunicazione Prot. 1477 del 21,03.2011)

Scelta esecutore:

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Nostri rilievi:

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Teatro estivo

casola favola

Guarda come ti do la casa. La graduatoria definitiva per l’assegnazione di alloggi pubblici

casa

FOTO5

Iseppi, per favore, non fare come quelli di Lugo

Lugo

sabato 24 marzo 2012

Questa settimana

Guerra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

riforma

 

 

 

Una storica riforma del mercato del lavoro

 

 

A Riolo Terme sarà Vincenzo Valenti per conto di tutto il centro destra a sfidare Nicolardi

Da oggi ognuno è più libero

pict004Nel 1963 si formò in Italia il primo governo di centro-sinistra. Per i suoi sostenitori era una breccia riformista e di modernizzazione democratica in un paese ingessato dalla Guerra fredda e dalla cultura classista, con i socialisti che si emancipavano dai comunisti di Togliatti. Per questo l’Avanti di Pietro Nenni fece un titolo esplosivo: “Da oggi ognuno è più libero”. Avevo undici anni e ricordo in merito il sarcasmo della mia famiglia comunista, divenni adolescente con l’idea che quella era una truffa riformista, feci le mie battaglie nei miei vent’anni, giuste e sbagliate, e poi me ne andai e diventai un robusto anticomunista di quelli che è semplice odiare con le viscere e il sentimentalismo da bacchettoni che imperversa in Italia.

Nel 1970 un vecchio socialista di nome Giacomo Brodolini, per santificare quel titolo dell’Avanti e la sua stessa vita, varò al governo lo Statuto dei diritti dei lavoratori, nel quale era detto, in un paese in cui i padroni si comportavano in modo autoritario, e l’economia era un’economia mista privato-pubblica sotto il controllo dello stato, e sostanzialmente autarchica, che nessuno poteva essere licenziato per motivi economici, serviva una “giusta causa”. Il Partito comunista, che non voleva concedere niente a quel titolo dell’Avanti di qualche anno prima, si astenne, non votò la legge. Una magistratura del lavoro che si educò, come l’altra, alla scuola militante e d’assalto di un marxismo abborracciato e fortemente contaminato dal solidarismo, rese quella “giusta causa” un tabù ideologico, culturale e sociale: in questo paese non si può licenziare, punto.

Il risultato storico è che i licenziamenti collettivi sono stati sempre fatti, perché le aziende che falliscono o sono improduttive o non possono andare avanti, ma per il resto il sistema delle imprese ha vissuto di immobilismo sociale e di assistenza e inciuci. Molti costi sociali, invece di pagarli i padroni, come avviene adesso con una riforma Ddl che ha elementi di generosa e giusta tutela del lavoro, invece di essere parte di una crisi di sistema che il sistema deve risolvere con gli investimenti (modello americano, modello tedesco di cogestione sindacale), furono addossati al debito pubblico. Una cappa di piombo di protezione sociale e di stato assistenziale privò di qualsiasi senso l’economia produttiva, fece di noi sudditi impauriti, nanificò le imprese, e portò nel tempo l’Italia, per un periodo anche con l’aiuto dell’egualitarismo salariale della scala mobile, a una situazione insostenibile e fallimentare che si è pienamente disvelata con l’euro e la globalizzazione economica.

Ora un governo tecnocratico,
dopo che i governi Berlusconi e Prodi e D’Alema fallirono nel compito, ha varato una riforma della “giusta causa”, con i saggi complimenti di Giorgio Napolitano, anche lui un comunista che ebbe molti dubbi sul “moralismo storico” di Berlinguer, sostituto del materialismo storico di Carlo Marx, e ovviamente della Banca centrale di Francoforte. Il paese è subito ripiombato nell’ipocrisia, ci si dimentica che i consulenti del lavoro sono stati ammazzati come cani, si fa la rima Fornero/cimitero, si alzano nuove barricate, ci si aggrappa alla losca idea di un nuovo compromesso che mandi tutto in vacca. In nome di un po’ di senso storico, e in segno di riconoscimento a questi borghesi di sinistra e di centro che hanno fatto la cosa giusta al posto di una sinistra mai diventata riformista,
pubblichiamo lo storico comunicato sul disegno di legge di riforma, firmato da Monti e Fornero, accostandolo a quel vecchio titolo dell’Avanti – DA OGGI OGNUNO E’ PIU’ LIBERO – che fece storia mentre noi facevamo ideologia, e non delle migliori.

Leggi Il governo approva la cosa giusta sull’art. 18 senza esautorare l’Aula - Leggi Il Cdm approva la riforma del lavoro. Eccola

Giuliano Ferrara
FOGLIO QUOTIDIANO

venerdì 23 marzo 2012

Inutile nasconderlo: nella grande coalizione sociale e politica per prendere il comune di Riolo Terme ci avevamo creduto. Peccato

Valenti

Riolo RoccaRiolo Rocca (2)

Ospedale di Faenza: questa si che è davvero una buona notizia!

ospedale

Segnatevi queste date

Pronto soccorso:
Ampliamento di circa 1000 metri quadri. Apertura del cantiere nel 2012 termine dei lavori entro il 2015.

Pediatria:
Il reparto continuerà a funzionare anche di notte da Giugno 2012.

Cardiologia:
Promesso un mega ambulatorio in tempi non precisati

Una letterina al Pd emiliano romagnolo: per favore potresti abbassare le tariffe di acqua, luce gas, cimiteri ecc. visto che la tua azienda monopolistica ha guadagnato quest’anno 104 milioni di euro?

Hera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hera (2) Hera (3)

mercoledì 21 marzo 2012

Si giocherà tutto sulla stanchezza dei riolesi verso le amministrazioni senza forza e senza idee espresse dal Pd

Riolo

Una svolta con due errori

di Oscar Giannino

susanna_camusso_segretario_cgilIl governo ha fatto una scelta di metodo saggia, sulla riforma del mercato del lavoro. Confronto a oltranza sì, fino a giovedì. Potere di veto ad alcuno, no. Se la Cgil non convergerà per la nuova disciplina dell’articolo 18, come non converge e lo ha messo a verbale, il governo procede comunque. E’ giusto così, dopo tanti anni di immobilità. E visto che sul mercato del lavoro italiano continuano a vivere totem derivanti da un passato che non passa, molto ideologico. Da questo punto di vista, il superamento del tabù dell’articolo 18 è epocale. Dopo la riforma delle pensioni che è stato grande merito del governo Monti varare di corsa, è proprio la riforma del mercato del lavoro quella più utile a sbloccare. Nell’indice di competitività globale elaborato dal World Economic Forum, nel 2011 l’Italia è al 43° posto su 142 Paesi, stabile o in discesa da anni. Ma nel mercato del lavoro siamo 123esimi su 142. Solo per crimine organizzato e costo e trasparenza della regolazione pubblica, siamo più in giù. Siamo al 134° posto per flessibilità dei salari, al 126esimo per le politiche di assunzione e licenziamento, al 125° sia per reddito da lavoro rispetto al peso preponderante del cuneo fiscale, sia per proporzione tra salario di produttività e quello complessivo. Detto questo, la riforma appena illustrata da Monti e Fornero, per chi la pensa come noi ha dei difetti di fondo. Pesanti.

Purtroppo, l’approccio riformatore del governo ha un primo difetto. Grave. Il grande moltiplicatore della partecipazione al mercato del lavoro – 12 punti complessivi più basso che in Germania, 18 per i giovani, 22 per le donne – è e non può che essere l’abbattimento del cuneo fiscale, che ci dà più bassi salari al più alto costo complessivo. Ma il governo su questo dice che non si può: non si riesce a tagliare la spesa pubblica. Purtroppo, non c’è grande riforma del lavoro che abbia avuto successo, da quella tedesca a quella svedese, che non sia partita da questo primo passo. Da noi, non c’è. Lo Strato continuerà ad asfissiare il lavoro e l’impresa. E la delega fiscale che va in Consiglio dei ministri venerdì da questo punto di vista è una cattiva ulteriore conferma: nessun abbattimento di aliquote, resta l’Irap, l’IRES diventa IRI (pessima idea, acronimo statalista per definizione), altri aggravi procedurali in nome del sacro mantra della lotta all’evasione, ricomparsa del fondo rimborso ai contribuenti onesti di almeno parte dei proventi alla lotta all’evasione, strumento che da anni viene promesso per poi riscomparire nei fatti come già avvenuto il mese scorso sotto questo stesso governo.

Il secondo punto critico è stata invece la bassa correlazione tra minore flessibilità all’entrata e maggiore in uscita. E’ il modo per rendere più ragionevole il risultato finale al quale occorre mirare, che non è ideologico ma deve tradursi in più occupati. Se si sposa la linea della minor flessibilità all’ingresso, è più difficile superare l’ostacolo di quell’enorme feticcio polemico che è l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ieri, il ministro Fornero ha dovuto ammetterlo, che le critiche su questo sono fondate.Il ministro ha inizialmente sostenuto una forte stretta alle diverse forme di ingresso nel mercato del lavoro diverse dall’assunzione a tempo indeterminato, in nome della prevalenza di quest’ultimo per contrastare il precariato. E’ un errore. In tempi di forte rallentamento produttivo la