venerdì 29 luglio 2011

giovedì 28 luglio 2011

Quello che non torna nella difesa di Bersani

pierluigibersaniI politici inglesi di un certo peso tengono con accuratezza un’agenda dei loro incontri e contatti, corredata di date e motivi del colloquio. Spesso la citano per scagionarsi da accuse. Non deve essere questo lo stile di lavoro di Pier Luigi Bersani, il quale, per giustificarsi di aver introdotto nel 2004 l’imprenditore Gavio al compagno di partito Penati, allora presidente della Provincia di Milano, ha detto: «Il ministro delle attività produttive conosce tutti i principali imprenditori italiani. Li conosce, non li sceglie».

La risposta sarebbe corretta se l’avesse data Antonio Marzano. Perché - come è noto - era lui il ministro delle attività produttive nel 2004, quando il centrodestra stava al governo e Bersani all’europarlamento. Non per essere pignoli. Ma siccome da quel contatto scaturì poi una lunga storia finita con Penati che pagò 238 milioni di euro le azioni di Gavio dell’autostrada Serravalle, e con Gavio che contribuì alla cordata Unipol, Bersani capirà che ogni imprecisione danneggia gravemente la sua linea di difesa.
La verità è che con Gavio ci parlò da esponente dei Ds che si faceva intermediario presso un altro esponente dei Ds. Un affare di partito, insomma. E Bersani non deve, per la sua storia e per la sua responsabilità, confondersi con tutti quei politici che rispondono sdegnati ai sospetti lasciando cadere qua e là qualche data o qualche cifra inesatta, sperando che nessuno se ne accorga. D’altronde c’è un’aggravante. Perché se Bersani avesse ammesso, come sul Corriere gli abbiamo chiesto, che l’affare Serravalle fu politicamente improprio e sbagliato, allora gli si potrebbe perdonare il lapsus. Ma siccome non l’ha fatto, viene il dubbio che non sia un lapsus.

C’è una seconda questione di date che mi turba. Fonti vicine al segretario del Pd hanno detto ieri ai giornali che Tedesco fu candidato al Senato quando il leader era Veltroni: dunque altra gestione. Vero. Ma Tedesco non fu eletto. Fu poi nel 2009 che gli si regalò il laticlavio con un’operazione politica di cui sapeva benissimo Bersani, non foss’altro perché i giornali la raccontarono nei dettagli.
A sorpresa il Pd decise di non candidare più al Parlamento europeo Umberto Ranieri, che vi era talmente predestinato da essere stato nominato da tempo responsabile del partito per il programma elettorale, e candidò invece De Castro, all’epoca felicemente senatore. Fece così posto a Palazzo Madama per Tedesco, dimessosi da assessore della Sanità pugliese proprio perché indagato, che era il primo dei non eletti. Anche qui un’aggravante. il Pd lo fece non solo per proteggere Tedesco, ma anche per sfruttarne il consistente pacchetto di voti: perché l’uomo aveva minacciato di ritirare il suo appoggio ad Emiliano, candidato sindaco a Bari nelle contemporanee elezioni comunali, se non fosse stato promosso al Senato. Ma i pm, che sanno essere più furbi del Pd e che finché era assessore e dunque senza scudi non lo arrestarono, ne chiesero l’arresto una volta eletto.

A riprova che l’ipocrisia in politica prima o poi si paga. Sarebbe preferibile un Bersani che a testa alta avesse difeso il diritto di qualche suo senatore di negare un arresto ormai inutile, a un Bersani che finge di dimenticare come e perché Tedesco fu mandato in parlamento. In altre parole: è nel 2004 e nel 2009 che Bersani fece o avallò scelte politiche sbagliate. Se vuole essere credibile nel 2011 sulla questione morale deve cominciare con il riconoscerlo.

Antonio Polito
Il Corriere della Sera

martedì 26 luglio 2011

La solita insopportabile doppiezza del PD: il ticket regionale va sempre bene e quello statale va bene solo se lo decide Prodi

3La maggioranza PD che Governa la Regione Emilia-Romagna  prosegue sulla scia tracciata dall'Assessore regionale alla sanità Lusenti qualche giorno fa in un'operazione di "camouflage" sui ticket sanitari che è onestamente insostenibile.

Il consigliere Luciano Vecchi - relatore di maggioranza in sede di dibattito dell'assestamento di Bilancio - sostiene che i ticket siano iniqui ed illogici perché talvolta le prestazioni del privato potrebbero costare meno.
Queste sono le stesse motivazioni addotte a gennaio 2007 da chi contestava i ticket imposti dalla Regione Emilia-Romagna alla stregua delle misure imposte dall'allora Governo Prodi tra i quali era previsto anche il costo di 25 euro per i famosi "codici bianchi" del pronto soccorso che in Regione Emilia-Romagna erano comunque presenti già dal 2003.

Credo che la maggioranza dovrebbe essere intellettualmente più onesta e capire che a seguito del venerdì nero delle borse europee ed in particolare dell'attacco all'Italia da parte degli speculatori è stato necessario predisporre una manovra stringente che limitasse i danni e scoraggiasse la nuova ondata speculatoria, situazione ben diversa da gennaio 2007 quando il PD era al Governo e quando si intravedeva una piccola fase di crescita poi bruciata dalla bolla finanziaria.

Ricordo come il bilancio sanitario regionale occupa risorse superiori all'80% e di come le regioni siano sempre a caccia di nuovi fondi e per coprire le voragini dei bilanci della AUSL regionali.
Il PD emiliano romagnolo non ha le carte in regola per parlare ed onestamente sarebbe il caso ci risparmiasse questa polemica propagandistica che sa di scarica barile. Se il PD continua così rischia di trovare posto, come le controindicazioni dei farmaci, nei foglietti dei medicinali meglio conosciuti come "bugiardini".

Gianguido Bazzoni
Consigliere regionale Pdl

lunedì 25 luglio 2011

Smettiamola di credere alle favole. L’ultimo è Penati ma ce ne sono molti altri

3169803971_d7a5e06e48_zNegli ultimi due anni sono stati 35 gli esponenti del Pd arrestati, e più di 400 quelli indagati. Si va dalla corruzione di Penati alle tangenti di Pronzato, dai numerosi capi d’accusa di Tedesco all’arresto di Frisullo, da Bassolino e le sue numerose inchieste al fratello di Errani indagato per finanziamenti illeciti, dal candidato alle primarie camorrista accusato di omicidio allo stupratore seriale di Roma dirigente di sezione, da Delbono e il Cinzia Gate al sindaco di Racalbuto coinvolto nello spaccio di droga.

Numeri imbarazzanti per un partito che fa finta di essere pulito. Ma che comunque riesce a godere di un aiuto generalizzato delle procure amiche che il più delle volte non osano nemmeno impicciarsi degli affari piddini e dei giornali che nascondono nelle cronache ogni scandalo ‘democratico’.

Bersani e soci cercano di minimizzare, circoscrivere, descrivere come marginali alcuni episodi o semplicemente non ne parlano per non far montare i casi (tanto i giornali sono benevoli a prescindere).
Una gigantesca questione morale per chi ha sempre professato, a vanvera, di essere eticamente diverso. Il Pd è corrotto così come larga parte della sinistra e il mito della purezza della sinistra non esiste. Che la smettano di credere alle favole…

venerdì 22 luglio 2011

Le grandi riforme vanno avanti. Piano e con grande fatica, ma vanno avanti. Nessuno di quelli che alzano la voce ogni giorno avrebbe saputo fare di più

libertàOggi il Consiglio dei Ministri ha licenziato la prima bozza della riforma della Costituzione, che prevede tra le altre cose il rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio, il Senato federale e il dimezzamento del numero dei parlamentari. Il 4 settembre ci sarà il varo definitivo del testo che poi andrà al voto di Camera e Senato.
Questa riforma si unisce al disegno di legge di riforma del fisco e a quello della giustizia, che il governo ha varato nelle settimane scorse e completa il trittico delle grandi riforme indicate dal presidente Berlusconi come l'obiettivo della parte finale della legislatura.

Queste riforme si uniscono a quelle già in essere e in via di completamento: scuola, università, federalismo fiscale, pubblica amministrazione e servizi on line, pensioni, giustizia civile, codice antimafia, codice del turismo. A questo sommario elenco vanno aggiunte tutte le misure anticrisi messe in campo per le famiglie, i lavoratori e le imprese.e, fondamentale, la messa in sicurezza dei conti pubblici fatta in questi quattro anni di crisi e senza la quale il nostro paese avrebbe rischiato il fallimento.
Anche sul versante dei costi della politica il governo ha fatto la sua parte, tagliando del 20% il numero dei consiglieri comunali provinciali, degli assessori comunali e provinciali, azzerando i consiglieri di circoscrizione nei comuni e riducendoli del 20% nelle grandi città. Inoltre è stato tagliato del 30% il finanziamento pubblico ai partiti, del 10% lo stipendio dei ministri, di 1.000 euro al mese quello dei parlamentari. Nuove misure sono contenute nella manovra anticrisi appena approvata, altre ne arriveranno da Camera e Senato prima della pausa estiva e altre ancora sono contenute nella bozza di riforma costituzionale approvata oggi.

Non abbiamo fatto tutto quello che avremmo voluto fare ma abbiamo fatto tutto quello che era possibile nelle condizioni economiche e politiche nelle quali ci troviamo a governare, come ha ricordato il segretario politico del PDL Angelino Alfano.

Il Consiglio dell’Unione è convocato per Giovedì 28 Luglio

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Punti all’odg:
2a) Comunicazione sulla conferma del rappresentante dell’Unione nel Co.P.A.F.

2b) Risposta a interrogazione sull’appalto del Rifugio Carnè da parte del Consorzio Parco dei Gessi (testo interrogazione del consigliere Piolanti)

4)   Proroga della convenzione della community network (testo convenzione)

5)   Accordo di programma per la viabilità comunale nei comuni dell’Unione (testo accordo)

6)  Accordo di programma per l’istituzione dell’Ufficio urbanistico di pianificazione (testo accordo)

7)   Convenzione con la provincia e con gli altri comuni per l’istituzione dell’Ufficio urbanistico di pianificazione (testo convenzione)

8)   Convenzione semestrale con Società d’Area (testo convenzione)

9)   Piano triennale degli investimenti: modificazione (piano triennale)

10) Variazioni di Bilancio 2011 (variazioni)

giovedì 21 luglio 2011

La speranza è una buona colazione, ma una pessima cena

turismo

Bravo Renato

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La casta salva solo il PD

Incredibile. Il Parlamento della Repubblica, con voto segreto, ha detto sì all’arresto di un deputato del PdL (Papa) e contemporaneamente ha negato l’arresto di un senatore del Pd (Tedesco).

Quindi un deputato della maggioranza andrà in galera, mentre quello dell’opposizione no. Lui è salvo. E pensare che per lui la richiesta era “solo” di arresti domiciliari. E, paradosso dei paradossi, Tedesco si era detto innocente e, per questo chiedeva l’arresto.

Il Parlamento, quindi, la Casta, ha deciso di salvare una parte politica ben precisa. La sinistra. Quello che è successo oggi è clamoroso.

da http://www.daw-blog

martedì 19 luglio 2011

La grande differenza tra liberismo e socialismo sta nella considerazione dell’intervento pubblico

Martinodi Antonio Martino

Prima Stefania Craxi, con una lettera al Corriere, poi il mio amico Francesco Damato, con una al Tempo, si dolgono perché Mario Sechi, Francesco Perfetti ed io avremmo diffamato il socialismo considerando ispirata a tale ideologia la manovra e sostenendo (io, non gli altri) che questo è un governo socialista e pieno di socialisti.
Francesco Damato ed io scrivevamo sul Giornale di Montanelli, poi lui fu allontanato perché ritenuto troppo filo-craxiano. Io ho perso la mia collaborazione alla Stampa perché bollato come anti-craxiano. Abbiamo, quindi, qualcosa in comune! Dato, tuttavia, che la differenza di opinioni non è meramente semantica ma ha anche un’enorme rilevanza pratica, varrà forse la pena cercare di chiarire le cose. Liberale, secondo Cavour (che di liberalismo s’intendeva non poco) è chi crede "nel principio di libertà, nel principio della libera concorrenza, del libero svolgimento dell’uomo morale e intellettuale". Sempre secondo il grande conte è socialista chi ritiene che "le miserie dell’umanità non possano venire sollevate, che la condizione delle classi operaie non possa essere migliorata se non col restringere ognora più l’azione individuale, se non coll’allargare smisuratamente l’azione centrale del governo, nella concentrazione generale delle forze individuali".

Se si sta a queste definizioni, che a me sembrano sempre valide, mentre per i socialisti la soluzione va cercata nell’intervento pubblico, per i liberali quest’ultimo è il vero problema, l’unica vera minaccia alla libertà individuale. Socialista era Mussolini, non solo quando dirigeva l’Avanti, socialisti erano quelli che lasciarono il Psi nel 1921 a Livorno e fondarono il Pci. Infine, a costo di apparire provocatorio, il caporale austriaco era a capo del partito pict002nazionalsocialista! Socialista era Riccardo Lombardi, che insistette per la nazionalizzazione dell’energia elettrica "per ragioni politiche, anche se dannosa sotto il profilo economico", e sempre socialista era Francesco De Martino che voleva nazionalizzare tutto, tranne i saloni dei barbieri!
Quanto a Bettino Craxi, che ho ammirato pur non condividendone le idee, è certamente vero che era anticomunista forse più di me e che non potrebbe in alcun modo essere assimilato a De Martino o Lombardi (per non parlare di comunisti, fascisti o nazisti), ma è anche vero che, per via del "consociativismo" (l’accordo sotto banco di democristiani e comunisti), gli anni Ottanta sono stati disastrosi per la finanza pubblica: il rapporto debito su prodotto interno lordo era del 54% nel 1980, schizzò al 123% nel 1993.
Quanto al Pli di Malagodi, Zanone e Altissimo, non aveva nulla di liberale tranne il nome. Vi aderii solo per continuare la tradizione familiare, ma ho sempre fatto parte di una minoranza composta da una sola persona! Malagodi era molto orgoglioso di essere presidente dell’Internazionale liberale e non mi perdonava per avere io definito quell’organizzazione come "un insieme di partiti che hanno in comune solo due cose: si dicono liberali e perdono tutte le elezioni!"

Se posso ripetermi, esistono solo quattro tipi di governo. Il primo è uno che parla liberale e governa da liberale (Reagan, Thatcher, Roger Douglas); il secondo è uno che parla socialista e governa da liberale (Blair); il terzo parla socialista e governa da socialista (i governi svedesi quando guidati dai socialisti); l’ultimo, e peggiore, è un governo che usa retorica liberale e governa da socialista. Non certo per colpa o per volere di Berlusconi, è questo il caso del nostro governo.
Non bossista, cara Stefania Craxi, né comunista, caro Francesco Damato, semplicemente statalista. Dal momento che lo statalismo nella versione moderna è una creazione del socialismo ottocentesco, non credo che qualificare socialista questo governo, oltretutto composto in gran parte da ex militanti del Psi, sia tanto errato. A chi fosse interessato ad approfondire la questione mi permetto di segnalare «La via della schiavitù» di Hayek (che lo dedicò a "i socialisti di tutti i partiti"), appena ristampato nella versione ridotta da Liberilibri (16 euro), e «Socialismo» di Ludwig von Mises.
Basteranno queste due letture a far comprendere ai miei amici socialisti la differenza profonda che intercorre fra un liberale e un socialista? Temo di no: si può portare un socialista all’acqua ma non lo si può costringere a bere!

Antonio Martino
Il Tempo 19/7/2001

Ravenna è la provincia con il maggiore disavanzo in Emilia Romagna

Nonostante sia una delle province meno popolose della Regione, Ravenna svetta nella classifica di quelle che spendono più di quanto incassino. Il disavanzo delle provincia, secondo la tabella pubblicata dal Centro Studi Sintesi, è stato di oltre 46 milioni di euro, dato che rende la provincia ora guidata dal faentino Casadio la meno virtuosa dell'intera Regione.

Qui potete leggere i dati di tutta Italia pubblicati in una fase in cui da tutte le parti si invoca l'immediata eliminazione di questi enti

lunedì 18 luglio 2011

La grande manovra si accompagna alla grande paura

La paura di Isacco di Emilia Barozzi_Premio Italia 2008La manovra finanziaria si conquista, tra le altre, due medaglie. E’ stata, in termini di miliardi “manovrati”, la seconda manovra più consistente nella storia della repubblica; ed è stata, in assoluto, quella approvata in tempi più brevi. Il motivo di questa rapidità, come si sa, è legata alla crisi di fiducia dei mercati verso i titoli di stato italiani; fiducia precipitata tra la fine della scorsa settimana e lunedì. Da qui nasce la necessità per il governo di dare un segnale forte e immediato ai mercati, mostrando che la politica italiana è in grado di agire in tempi rapidi e di portare l’economia verso una strada più sana. Da qui nasce la prima manovra italiana approvata in pochi giorni e la facilità con cui l’opposizione ha approvato la legge. Va bene. Ma questo segnale ha funzionato? Tutta questa fretta è servita a qualcosa?

Proviamo a dare una risposta. Consideriamo un titolo del debito pubblico e vediamo come il tasso d’interesse sia cambiato nell’ultima settimana, osservando parallelamente le azioni intraprese dal governo. Sul sito della Borsa Italiana troviamo i grafici con le quotazioni; scegliamo, a titolo di esempio un’emissione che scade il prossimo anno, Bot-15Mg12 A. Un primo grafico, che mostra la quotazione nel mese scorso, ci dà un’idea della portata del crollo di lunedì 11 luglio. Il prezzo di questo BOT è sceso da 98,04 a 97,48; il tasso d’interesse lordo che viene percepito con questo titolo è salito quindi da 1,96% al 2,52% in un giorno solo. Ricordiamoci che se il tasso d’interesse di un titolo sale è perché il mercato ritiene che quel titolo sia diventato più rischioso, il default di chi l’ha emesso più probabile, e nessuno è più disposto ad acquistarlo a meno che il maggior rischio che affronta non venga adeguatamente remunerato.

Questi numeri, però, non rendono bene l’idea. Proviamo allora a esprimere questo aumento nel tasso d’interesse come aumento del costo del debito per l’Italia. Ipotizziamo che il tasso di interesse annuo su tutti i titoli di Stato sia cresciuto, come in questo caso, del 25% (ipotizziamo tra l’altro che il tasso d’interesse precedentemente calcolato fosse a 12 mesi, e non a circa 10 mesi come in realtà). Se nel 2011 il costo del servizio per il debito sarà pari a quello del 2010, pagheremo circa 5 punti di PIL, 75 miliardi di euro. Ebbene, con lo scivolone di lunedì, dovremmo pagare 1,25 punti di PIL in più. 18 miliardi di euro che si aggiungerebbero al già esorbitante costo del debito pubblico, e in un giorno solo.

Consideriamo ora più in dettaglio gli eventi politici della scorsa settimana connessi alla manovra e torniamo alla domanda da cui eravamo partiti: la risposta del governo alla crisi di fiducia dei mercati è stata efficace? Qui il grafico che mostra in dettaglio il prezzo del Bot in quest’ultima settimana.

Ripercorriamo brevemente gli eventi di questa settimana che hanno portato alla manovra economica più rapida della nostra storia:
Lunedì: la borsa di Milano perde quasi il 4%. Il prezzo dei titoli dello Stato Italiano, come il Bot che abbiamo considerato, perde quota.
Martedì: accordo tra Tremonti e l’opposizione per procedere ad una manovra lampo da varare entro il venerdì successivo.
Mercoledì: si continua a scrivere il testo: la manovra cresce da 65 a 79 miliardi.
Giovedì: sì del Senato.
Venerdì: sì della Camera e firma di Napolitano.

Il segnale del governo è stato quindi efficace? E’ vero che è ancora un po’ presto per giudicare: la manovra è stata firmata soltanto venerdì sera, a borse chiuse. La prossima settimana potremo sicuramente capire meglio. Inoltre, sul prezzo dei titoli influiscono tanti fattori, non solo la manovra, che pure è stata al centro dell’attenzione questa settimana: da questo punto di vista il fatto che nel grafico precedente il prezzo del BOT non si ristabilisca a fine settimana, non sarebbe significativo.E’ però anche vero che il testo della manovra era già conosciuto. Il contenuto, le scelte economiche del governo, si sapevano già giovedì. E quel giorno, invece, il prezzo dei titoli di stato è rimasto stabile. Venerdì è addirittura diminuito.

Quello che allora siamo in grado di dire è il seguente. Se segnale voleva essere, non è stato chiaro. E una condizione necessaria affinché un segnale venga colto è che sia chiaro. Se il segnale fosse stato chiaro, già giovedì si sarebbe osservata un’inversione di tendenza. Da questo punto di vista sarebbe stata molto meglio una manovra semplice, che con poche norme comprensibili (immaginando un caso limite: “sono abolite tutte le licenze”, come proponeva Oscar Giannino) ed efficaci vada ad incidere nettamente sull’economia del Paese, piuttosto di un testo lunghissimo che colpisce qua e là, cercando di ripartire i sacrifici sui gruppi che esercitano meno pressione politica. La seconda considerazione è che oltre al segnale poco chiaro, il contenuto della manovra non convincerà a lungo i mercati. Nessuna riduzione della spesa pubblica e aumento della pressione fiscale: c’è da aggiungere altro? Verrà ridotto il deficit in due anni, è vero, al prezzo però di soffocare ulteriormente l’attività economica. Davvero pensate che possa essere il segnale giusto per convincere i mercati di aver allontanato il rischio di default?

Emilio Rocca
dal sito dell’Istituto Bruno Leoni

venerdì 15 luglio 2011

Chiamarsi o no compagni: le ridicole discussioni della sinistra

Le priorità della sinistra sono sempre clamorosamente patetiche. Una delle notizie più rilevanti per la galassia sinistrata è legata alle dichiarazioni di Vendola che ha bollato il chiamarsi “compagni” come una stronzata megagalattica.
"Nel Pci mi dicevano che non si doveva dire ‘amico’, che bisognava dire ‘compagno’. Ho passato tutta la vita a ripetermi questa frase. Ma ora ho capito che era una stronzata, perché è stato un alibi per molti crimini. Io preferisco stare con molti amici, che mi aiutano a crescere"
 
Non lo avesse mai detto! L’orecchino umano è stato attaccato pesantemente dal suo elettorato ipercomunista che non sopporta di perdere l’abitudine di chiamarsi compagni. Sono arrivati persino a insultarlo, a chiamarlo traditore. E alla fine il codardo Vendola è stato costretto persino a una indegna rettifica. Una giornata passata dietro a queste fenomenali discussioni, con Repubblica che gli ha dedicato addirittura la seconda notizia sul sito. In ogni caso viste le polemiche sembra sempre più chiaro che i sinistrati italiani sono veramente retrogradi, visto che vedono di buon’occhio un termine che andava di moda quando i comunisti italici sostenevano le peggiori nefandezze sovietiche e cinesi. Erano e rimangono compagni di scemenze.
 
da http://www.ilfazioso.com/ridicole-discussioni-della-sinistra-chiamarsi-compagni.html

I finiani ora vogliono cacciare Fini

fli

È Filippo Rossi, il fedelissimo di Gianfranco Fini, il grande pensatore dei futuristi, colui che raccolse ben sei voti candidandosi alle elezioni di Latina, a lanciare la provocazione. Che magari non è tanto una provocazione, visto che Rossi è attivissimo dentro Futuro e Libertà.

Insomma, secondo Rossi sarebbe ora che Fini facesse “un nuovo partito”. Eh sì, cari miei, basta con FLI, ormai è tutto finito. Serve (già) qualcosa di nuovo. Scrive l’ex direttore del magazine di Fini:

Futuro e libertà per l’Italia sembra in affanno. I numeri parlano chiaro, e i sondaggi non raggiungono più, come avveniva ai tempi di Bastia Umbra, percentuali a due cifre. C’è troppa vecchia politica, in quello che doveva essere il primo partito della Terza Repubblica. E la spinta “giovane”, che ne aveva scandito le prime fasi, si è esaurita di fronte alla barriera conservatrice delle burocrazie di partito, degli apparati ereditati dai vecchi partiti che pretendono di dettar legge anche in questa nuova avventura.

L’analisi di Rossi è impietosa, sembra quasi scritta da noi di Daw. Ecco, ora FLI è diventato in pochi mesi uno dei tanti partitini d’Italia, anzi pure peggio. Perché il partito di Fini è diventata la terza gamba del terzo polo, che poi non è nemmeno terzo ma quarto.
Quindi, che fare? Ce lo dice Rossi: “Servono nuove facce e nuove idee per non fermarsi in mezzo al guado”. “Serve un cambio di rotta. Serve un “altro” partito. Ma attenzione. Ecco il colpo di scena, e mettetevi belli comodi:“Non c’è bisogno per forza di cambiare nome o simbolo”.

Ah, hai capito un po’ questo Rossi. Gira e rigira, alla fine guarda che bomba che ha lanciato. Non vuole cambiare il nome del partito, non vuole cambiare nemmeno il simbolo… ma allora è chiaro: vuole cambiare il leader. Povero Gianfranco Fini, ora viene cacciato pure da Filippo Rossi, il signore dei sei voti a Latina.

da: http://www.daw-blog.com/2011/07/12/i-finiani-ora-vogliono-cacciare-fini/#more-14504

giovedì 14 luglio 2011

65mila precari trovano posto nella scuola. Per fortuna c’è gente che non si lascia intimorire dalle piazzate di quattro precari professionali e cerca invece di risolvere i guai ereditati dalla sinistra

POL:CONFERENZA STAMPA MINISTRI GELMINI E BRUNETTAE’ iniziata ieri a Palazzo Chigi la fase negoziale del Piano triennale per l’assunzione a tempo indeterminato di circa 65mila tra docenti e Ata, nell’arco degli anni 2011-2013, sulla base dei posti vacanti disponibili in ciascun anno.
Il Piano, già deciso e approvato da alcuni mesi, eviterà la formazione di nuovo precariato in futuro e risponde ad una nuova filosofia: prevede infatti esclusivamente assunzioni basate sul reale fabbisogno del sistema d’istruzione, come sarà sempre, d’ora in poi, per tutte le assunzioni nel mondo della scuola.
Erano presenti il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini, il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e i sindacati di categoria.

Il piano non dovrebbe comportare aumenti di costi. Per la continuità del servizio scolastico, nel Decreto per lo sviluppo, è previsto anche che le graduatorie vengano aggiornate ogni tre anni, con la possibilità di scegliere una sola provincia. Chi viene immesso in ruolo non può chiedere il trasferimento in altre province per un periodo di cinque anni. Le ultime stime elaborate dal Ministero prevedevano che, grazie ai pensionamenti e alle immissioni in ruolo degli ultimi anni, il fenomeno avrebbe trovato una definitiva soluzione in alcuni anni.

I provvedimenti contenuti nel Decreto per lo sviluppo consentono, all’interno del quadro di riorganizzazione del personale della scuola, di ridurre i tempi previsti e dunque di risolvere definitivamente un problema nato nei decenni passati, a causa di scelte politiche irresponsabili che hanno fatto lievitare fino a 250mila il numero degli insegnanti abilitati, iscritti nelle graduatorie ad esaurimento.
”L’accordo raggiunto oggi a palazzo Chigi alla presenza dei sindacati della scuola ha un particolare significato - ha commentato il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini -Dal prossimo anno scolastico il piano di assunzioni troverà piena attuazione, garantendo da un lato stabilità al personale della scuola e dall’altro la continuità didattica, indispensabile per elevare la qualità dell’offerta formativa.
Ad invarianza di spesa, come è doveroso in un momento di crisi, siamo riusciti a dare una risposta forte al precariato. Questo risultato - conclude la Gelmini - è frutto della collaborazione fra Governo e sindacati a cui va il mio ringraziamento”.

mercoledì 13 luglio 2011

Marina resisti

di Daniele Leoni

560 milioni di euro al cittadino svizzero Carlo De Benedetti: da pagare subito, altrimenti sei fuorilegge. Nulla contano i quasi ventimila dipendenti del gruppo Fininvest. Nulla conta il percorso virtuoso che, dalle navi da crociera, dove cantavi e guadagnavi abbastanza, passando attraverso l’edilizia, sei arrivato a fondare una TV privata che ha funzionato, con il suo contorno finanziario, di pubblicità e di varia umanità, humus vitale di tutto il mondo dello spettacolo. Nulla conta la consapevolezza che, ad un certo punto, se hai successo, arriva qualcuno più forte di te che ti vuole stroncare, che ti vuole rompere le ossa. Lo vuole fare finché sei piccolo, perché potresti crescere e diventare pericoloso. Nulla conta l’evidenza che hai combattuto con tutte le tue forze che hai vinto, una, dieci, cento volte, per il rotto della cuffia e che i più, al tuo posto si sarebbero arresi. Nulla conta che la tua sconfitta avrebbe significato disoccupazione e miseria, perché tanti altri si sarebbero arresi. Invece, seguendo il tuo esempio, hanno trovato la forza di combattere e di vincere a loro volta.

Mia madre adora Silvio Berlusconi. Mi dice sempre che aveva una bella voce quando veniva a cantare, l’estate, alla Casina del bosco di Rimini. Io non lo ricordo perché avevo solo otto anni ed ero preso da altre cose. Mi piaceva l’elettricità e avevo costruito un telegrafo con cui comunicavo col mio amico Giorgio della casa accanto. Poi avevo fatto una radio galena, che ascoltavo in cuffia. Mi ricordo invece che, l’estate, si dormiva tutti in una stanza sola e si usava il bagno piccolo perché, il resto della casa, era affittata all’Hotel Bamby per i turisti. E mia madre cuciva sempre, anche di notte, seduta sopra il tavolo della cucina, vicino alla lampadina, così ci vedeva meglio. La mattina dopo doveva consegnare i pantaloni e le altre riparazioni ad un negozio di abbigliamento. E il padrone, se sgarrava, aveva tante sartine in fila pronte a prendere il suo posto. La mia mamma, che si era cavata gli occhi con ago e filo, che si era rotta la schiena, quando, vent’anni dopo, Canale 5 fece discutere parecchio perché il grande impresario Silvio Berlusconi aveva sfidato il monopolio pubblico, diceva a tutti ammirata: - Che bravo ragazzo! Che bella voce! … -

Io invece, nel 1982, facevo qualche regia televisiva alla Rai. La mia specialità era il documentario scientifico ed ero bravo. Uno dei miei compagni di lavoro, precario come me, era Loris Mazzetti, oggi capo struttura di Rai tre, quello che ha fatto vieni via con me con

La manovra è efficace e credibile

La crisi di fiducia che si è abbattuta in questi giorni sui mercati finanziari colpisce anche l’Italia, ma la minaccia riguarda tutti, riguarda la moneta comune, il segno più concreto dell’unità dell’Europa. Le autorità europee e i governi nazionali sono impegnati a fondo per sventare il pericolo di un regresso che ci riporterebbe indietro di venti anni. Siamo in prima fila in questa battaglia. Per noi, per l’Italia, è un momento certo non facile. La crisi ci coglie nel mezzo del forte processo di correzione dei conti pubblici che abbiamo da tempo intrapreso e rafforzato pochi giorni fa. La nostra capacità di mantenere i conti sotto controllo dopo lo scoppio della crisi finanziaria nel 2009 è stata superiore a quella di altri paesi.

Gli interventi in discussione in Parlamento accelerano la riduzione del debito. Già quest’anno porteremo il saldo primario in significativo attivo. La crisi ci spinge a accelerare il processo di correzione in tempi rapidissimi, a rafforzarne i contenuti, a definire compiutamente i provvedimenti ulteriori volti a conseguire il pareggio di bilancio nel 2014. Occorre eliminare ogni dubbio sulla efficacia e sulla credibilità della correzione, ma occorre anche operare per rimuovere gli ostacoli che frenano la crescita della nostra economia. Abbiamo l’Europa al nostro fianco e possiamo contare su innegabili punti di forza. Il go-verno è stabile e forte, la maggioranza è coesa e determinata. Le nostre banche sono solide e al riparo dai colpi che grandi istituti bancari esteri hanno dovuto subire e sono state pronte a rispondere agli in-viti ad accrescere ulteriormente la loro capitalizzazione. La nostra economia è vitale. Può contare sulla capacità innovativa dei nostri imprenditori, sulla laboriosità dei nostri lavoratori, sul senso di responsabilità delle parti sociali. La fiducia nello sviluppo non è mai venuta meno, neanche in momenti più difficili di questo e poggia sull’impegno di tutte le forze politiche, al governo e all’opposizione, a difendere il Paese, le sue prospettive di crescita e il benessere dei suoi cittadini.

Dobbiamo essere uniti, coesi nell’interesse comune, consapevoli che agli sforzi e ai sacrifici di breve periodo corrisponderanno guadagni permanenti e sicuri. Questa deve essere oggi la nostra risorsa fondamentale".

venerdì 8 luglio 2011

La legge elettorale sta diventando un grimaldello per demolire il bipolarismo

il-piede-di-porcoSi è aperta, all’interno del Partito democratico e nei suoi dintorni, una gara a presentare quesiti referendari per cambiare la legge elettorale, quesiti che prospettano soluzioni tra loro opposte.

Stefano Passigli (ex senatore dell’Idv) ha presentato un quesito che punta a reintrodurre il sistema elettorale proporzionale, a quel che si dice in coerenza con la tattica dalemiana favorevole a un’intesa post elettorale con il cosiddetto Terzo polo. A questa iniziativa se ne contrappone un’altra, ideata da Arturo Parisi e sostenuta da Pierluigi Castagnetti e Walter Veltroni, che punta invece a ritornare al “Mattarellum”, cioè a un sistema misto basato sull’elezione diretta a turno unico nei tre quarti dei collegi e con la proporzionale nell’altro quarto.

Pier Luigi Bersani ha replicato, soprattutto alla seconda iniziativa, sostenendo che il Pd ha una proposta di riforma elettorale depositata in Parlamento che deve essere sostenuta e che non spetta ai partiti ma alla società civile proporre referendum. Bersani, però, finge di non capire che tutta questa agitazione da parte dei sostenitori del bipolarismo nasce dal sospetto che l’operazione parlamentare, che per riuscire ha bisogno della convergenza della Lega nord, punti in realtà a raggiungere un esito finale di restaurazione della proporzionale, visto che la Lega sicuramente non è interessata al barocco meccanismo misto e a doppio turno dell’originaria proposta del Pd.

Quel che conta politicamente è che un’area interna al Pd esprime una volontà seria di difendere il bipolarismo, evocato anche da Romano Prodi. Se si accetta questa base di ragionamento, che significa affidare di fatto all’elettorato la decisione sulle coalizioni e sul premier, si può discutere su correzioni degli aspetti più criticati della legge attuale, a cominciare dal listone nazionale per la Camera. Su questo principio c’è ancora una maggioranza parlamentare ed è bene che si faccia valere.

La chiusura delle Province è necessaria ma va fatta e gestita con criterio

ItaliaLa bocciatura della proposta dell'Idv per l'abolizione delle Province è stata inevitabile, perché se fosse passata quella legge si sarebbe aperto un vuoto normativo che avrebbe provocato più guai che benefici allo Stato e alle sue casse. Con la demagogia si fa facile propaganda, non si legifera. Ma una cosa deve essere chiara: il voto alla Camera non significa affatto mettere una pietra tombale sulla soppressione delle Province. E' vero esattamente il contrario.

C'è infatti in Commissione Affari Costituzionali una proposta del Pdl, che può essere approvata in tempi congrui e che prevede, per l'appunto, la soppressione delle province e la delega alle regioni a ricostituire province secondo i principi dell'area omogenea e dell'area vasta, assumendosi la responsabilità non solo di farle, ma di sostenerne i costi, dando cioè risposta all'unico interrogativo vero al quale la politica è tenuta nei confronti dei cittadini: riorganizzare le istituzioni secondo criteri moderni e secondo i nuovi assetti istituzionali.

Le Province, dopo la riforma, saranno l'ente intermedio di riferimento per cui i piccoli comuni potranno interferire con le regioni, con lo Stato e con l'Europa attraverso un'area vasta, per la quale le loro istanze avranno, anche economicamente, una valenza. Questo è un modo serio di muoversi, non demagogico e allo stesso tempo conforme al programma di governo, che punta sì alla soppressione delle province, ma soprattutto di quelle inutili.

La proposta del Pdl - ce n'è anche una del Pd che va nella stessa direzione - abolisce le Province così come sono oggi, ma nel frattempo regolarizza il sistema, individuando fra l'altro le soluzioni più idonee per quanto attiene la destinazione dei dipendenti, che non possono certo essere sacrificati sull'altare della riforma.

Quella dell'Italia dei Valori è stata solo un'operazione mediatica e populista: una proposta inaccoglibile perché sarebbe stato assurdo abolire le Province tout court, prima che il governo presenti - e lo farà tra poco - il Codice delle Autonomie. Solo dopo, infatti, si potrà affrontare in un quadro più complessivo e organico la riforma degli Enti locali, a partire ad esempio dai Consorzi di bonifica, un sistema ormai faraonico, costoso e inefficiente.

mercoledì 6 luglio 2011

Sanità faentina. Il pieno e unanime appoggio del consiglio comunale al sindaco di Faenza Giovanni Malpezzi contrasta con l'assordante silenzio del PD

Malpezzi“L’uscita del Sindaco che si contrappone con forza alla difesa d’ufficio della AUSL di Ravenna da parte di un sindacato è da noi pienamente condivisa. La difesa d’ufficio contro le opinioni del Sindaco Malpezzi sull’operato di Carradori in attesa di veder risolti alcune priorità sanitarie del faentino sono fuori luogo ed inopportune rispetto ad un Consiglio Comunale che si è espresso all’unanimità e che ha già fatto sintesi sulle necessità e sui bisogni sanitari del territorio. Una dichiarazione che vorrebbe far intendere che tutti coloro che siedono nel Consiglio Comunale Manfredo sono dei parvenu che non conoscono il territorio e che fanno semplice demagogia politica sui problemi sanitari, un giochino che abbiamo sopportato sulla nostra pelle per 17 anni e che oggi non tolleriamo più perché è dimostrato e certificato, dall’ordine del giorno del Consiglio comunale di Faenza recentemente approvato, che la sanità a Faenza ha bisogno di un cambio di rotta.
Un vizio quello dell’ANAO che pretende di confutare e di dialogare con un Sindaco a difesa di altri, che ricorda tanto l’atteggiamento del Direttore generale quando si prende la briga di rispondere ad esempio al posto proprio del Sindaco, ricordo la polemica di qualche mese fa. Assordante in questo momento il silenzio del PD dal quale ci aspettiamo un appoggio incondizionato al lavoro fatto dal Consiglio comunale, così come ci aspettiamo anche un appoggio forte alle istanze di Faenza da parte del Presidente della Provincia Claudio Casadio.
Oggi più che mai, rispetto a coloro che hanno sempre sostenuto che gli ordini del giorno della minoranza che richiamavano e riproponevano temi trattati nelle linee di mandato del Sindaco fossero superflui faccio notare come questo strumento, che esprime la volontà dei rappresentanti dei cittadini, sia fondamentale per non farsi schiacciare da logiche che esulano dalle necessità sanitarie del nostro territorio. Alla solita solfa che non ci sono i soldi rispondo “andateli a prendere in Regione, dal Governatore Vasco Errani di Massa Lombarda, visto che a Ravenna non sono stati dati 8.000.000 di euro a beneficio di altre AUSL”.
Vorrei che l’ANAO esprimesse lo stesso disappunto espresso nei confronti del Sindaco e del Consiglio Comunale di Faenza anche quando si lasciano i pazienti senza aria condizionata nei reparti dell’Ospedale degli Infermi con 34 gradi fuori. Forse qualcuno in questa vicenda ha confuso il proprio ruolo.”

Raffaella Ridolfi
Capogruppo Consiliare
Il Popolo della Libertà di Faenza

Un Governo che c’è

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martedì 5 luglio 2011

C’era una volta ‘Casola è una favola’: ovvero una triste Unione che non serve a nulla

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A Brisighella prende l’avvio improvvisamente una duplicazione della saga di Casola è un Favola, la vecchia rassegna estiva di teatro per ragazzi, nata a Casola con ben altri intenti nei primissimi anni ’80 e lasciata deperire per decenni dalle grigie e dopolavoristiche amministrazioni di sinistra che da allora si sono succedute.

Doveva diventare una rassegna regionale e poi nazionale sul modello del Giffoni Film Festival dal quale l’idea traeva origine (ne parlo con personale cognizione e trent’anni fa assicuro che c’erano le condizioni), ma per decenni è stata lasciata vivacchiare come evento di paese e quindi con risultati decisamente mediocri e ininfluenti. Un po’ come il mercato (ridicolizzato in mercatino) delle erbe, ma questa è un’altra storia.

Per quanto il brand della manifestazione sia uscito massacrato da decenni di vuoto progettuale (cosa ci si può mai aspettare da gente che senza vergogna chiama quattro stanze nelle ex scuole “Centro Policulturale”?!) , l’idea del teatro ragazzi di Casola ha attecchito nell’immaginario del territorio e non sono pochi quelli che sentendo il nome Casola aggiungono subito compiaciuti di sé, ‘Casola è una Favola’. Almeno nel nome il risultato non ha tradito l’idea.

Per questo dispiace che nel 2011, regnante l’Unione dei Comuni e quindi con strumenti di coordinamento delle politiche culturali e turistiche un po’ meno rozzi che in passato, Brisighella duplichi pari pari un progetto casolano, mal fatto e mal gestito quanto si vuole, ma casolano a tutti gli effetti.

Per buttare la cosa in politica - dove esattamente deve stare - mi chiedo se il sindaco e l’assessore alla cultura del nostro comune sapessero dell’iniziativa ed in tal caso quali rimostranze abbiano avanzato nei confronti dei colleghi di Brisighella. Se poi, peggio, non sapessero nulla, se non ritengano di presentarsi subito all’Unione dei Comuni sbattendo il pugno sul tavolo e chiedendo a muso duro se stiamo forse scherzando. Io lo farei.

Fabio Piolanti

Il PD entra in completo marasma sull’acqua. Accade persino che il segretario provinciale Pagani faccia finta che niente sia successo

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Non c’è chi non sia sia accorto della incoerenza della posizione politica del PD dopo il referendum sull’acqua e delle acrobazie alle quali si trova costretto, soprattutto in Emilia Romagna, nel tentativo di difendere una multiutilty come Hera e il sistema di lucroso scambio che sottende.

A Casola Valsenio e in tutti gli altri comuni il PD (con il codazzo imprevedibile di Sel) ha votato contro le mozioni per il ritorno alle gestioni dirette degli acquedotti ponendosi in evidente contrasto con le lunari affermazioni che solo qualche settimana fa urlava nelle piazze. I sindaci pidini che avrebbero dovuto ben altrimenti orientare il partito ora sembrano persi e balbettanti come il nostro Iseppi in consiglio comunale.
Se c’è una morale da trarre da questa vicenda è che in politica la coerenza è un valore e quando viene meno è come se si fosse palesato il vero spregevole volto dell’opportunismo nel quale troppo spesso il PD sguazza.

lunedì 4 luglio 2011

No Black bloc altro che No Tav!

dawDiciamo le cose come stanno. Il limite è stato superato: in Val di Susa non c’è più una protesta.
Quella è eversione. È una guerra mascherata da manifestazione pacifica.
Ieri 200 agenti feriti, unici eroi presenti sul posto. I criminali, invece, devono essere puniti.
Basta. Con la scusa di un corteo non si può commettere qualsiasi cosa. Arrestateli. Tutti. 
Prima che sia troppo tardi.

Dopo l’ennesima giornata di guerra mascherata (male) da manifestazione pacifica in Val di Susa, è d’obbligo prendere provvedimenti ancora più seri.

Bene aveva fatto il Governo la scorsa settimana a riprendere il controllo della zona per poter permettere l’apertura del cantiere senza perdere i fondi europei, ma se già allora quella che poteva sembrare una goliardata come la proclamazione della “Repubblica libera della Maddalena” era finita a pietrate, ora il limite che passa dalla protesta all’eversione è stato ampiamente superato.

Una giornata finita con il ferimento duecento agenti delle forze dell’ordine, gli unici eroi presenti sul posto, contrapposti ad un branco di criminali, non può essere lasciata passare come se nulla fosse, e la spirale di violenza che richiama violenza e la giustifica deve essere fermata immediatamente. La TAV si farà, perché questo è stato deciso dopo anni di studi e ragionamenti anche con le Amministrazioni locali, e tutti hanno il diritto di essere o meno d’accordo con la decisione. Che è però una decisione, non un’idea o un’opzione, e come tale verrà portata a compimento.

I criminali che hanno messo a ferro e fuoco la montagna, con un’organizzazione di tipo eversivo con armi di ogni genere nascoste nelle notti precedenti per poter poi essere usate contro i rappresentanti dello Stato devono essere puniti: ci sono centinaia di video ed immagini, ed è tutta gente già famosa negli ambienti dei centri sociali e degli anarchici; chiediamo quindi che la polizia proceda senza indugi ad identificare ed arrestare chi ha scatenato la guerra in un tranquillo angolo di Piemonte anche a posteriori: non si può lasciare passare l’idea di impunità, né si può accettare che con la scusa di un corteo si possa commettere qualunque azione.

Allo stesso modo anche i cattivi maestri, chi soffia sul fuoco della violenza e chi cerca di ottenere vantaggi e visibilità dalla protesta anche legittima dei veri abitanti della valle, va punito per istigazione a delinquere. Alberto Perino, il leader No Tav, ha dichiarato: «Volevamo assediare il cantiere e l’abbiamo assediato. Quindi abbiamo vinto. Abbiamo visto chi usa la violenza, è chi tira i lacrimogeni ad altezza d’uomo».

Questa persona è pericolosa e violenta, bisogna smetterla con le ipocrisie e dire le cose come stanno. Provvedimenti vanno presi contro tutti coloro che puntano, con la violenza, a rovesciare decisioni delle istituzioni democraticamente elette, e vanno presi in fretta, prima di creare pericolosi precedenti.

http://www.daw-blog.com/2011/07/04/arrestateli-tutti/#more-14382