mercoledì 29 giugno 2011

La nostra visione del decoro non deve fare i conti con le necessità prioritarie del partito

Forse, e sottolineo forse, non c’è nulla di male se il PD faentino decide ora di fare la sua Festa Democratica in pieno centro cittadino visto che negli ultimi anni la partecipazione alla tradizionale kermesse del partitone rosso languiva e stentava  vistosamente.
E neppure mi curerei troppo della ostentazione di arroganza con la quale si occupano spazi, come il Palazzo delle Esposizioni, tradizionalmente dedicati agli eventi culturali di rilievo tra i quali non è di sicuro ascrivibile l’ex Festival dell’Unità.
Del resto, i confini nell’uso del potere pubblico per fini “privati” sono molto sottili in casa PD come ben sanno anche i cittadini di Casola Valsenio che non dimenticano la reiterata omissione del pagamento dell’occupazione del suolo pubblico perpetrata da anni da PCI, PDS, DS, PD.
Quello che più di ogni altra cosa dovrebbe infastidire i cittadini di Faenza è che l’ex sindaco PD di Faenza, Claudio Casadio, pochi anni fa ha fatto spendere alle esauste casse comunali della città circa 500mila euro per allestire in zona Graziola un’area ad uso pressoché esclusivo del PD per la propria festa annuale. Non ci vuole molto a capire che anche in questo caso ha buttato al vento una montagna di soldi.
Di certo, e sottolineo di certo, se quei soldi li avesse destinati ad ampliare l’offerta di scuola dell’infanzia nella sua città, sempre alle prese con liste di attesa paurose, avrebbe reso un servizio ben più decoroso ai suoi concittadini
Ma probabilmente la nostra visione del decoro non deve fare i conti con le necessità prioritarie del partito.

La manovra da 43 miliardi

EquilibrismoTicket a 10 euro dal 2012 per le prestazioni specialistiche, un anno di blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione e il congelamento fino al 2014 degli aumenti contrattuali per gli statali, esclusi la polizia e i vigili del fuoco. Stretta sulle pensioni più alte con lo stop alla rivalutazione automatica. Sono alcune delle misure contenute nella prima bozza della manovra da 43 miliardi. Il documento potrebbe venire aggiornato con il mancato aumento dell'Iva, l'azzeramento dello stipendio ai ministri dal prossimo mese di luglio e la tasse sulle transazioni finanziarie, un significativo contributo chiesto alle banche che «saranno le prime a pagare» come ha affermato il ministro Romano. Ma la misura più discussa e temuta è quella sull'aumento graduale dell'età pensionabile delle donne, ipotesi contenuta nella stessa bozza secondo indiscrezioni subito smentite dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi.

TICKET - Arrivano per il 2011 per la sanità 486,5 milioni di euro. Eviteranno l'introduzione di ticket sulle prestazioni specialistiche e sul pronto soccorso. Ma «a decorrere dal primo gennaio 2012 sono confermate le disposizioni» della Finanziaria per il 2007 che appunto istituiva un ticket di 10 euro per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di 25 euro per i codici bianchi di pronto soccorso.

AGGANCIO PENSIONI-SPERANZA VITA - Dovrebbe essere anticipata al 2014 (dal 2015 previsto con la manovra 2010) l'aggancio dell'età pensionabile alle aspettative di vita. Lo si legge nella bozza della manovra. In un primo tempo si era ipotizzato un anticipo addirittura al 2013.

LA PENSIONE DELLE DONNE - L'aumento graduale dell'età di pensionamento delle donne lavoratrici sia nel settore pubblico sia in quello privato potrebbe essere portati a 65 anni nel 2020. Da gennaio dell'anno prossimo il requisito anagrafico di sessanta anni verrebbe aumentato di un anno e le lavoratrici potrebbero lasciare il lavoro a 61 anni. Tali requisiti anagrafici sono ulteriormente incrementati di un anno, a partire dal primo gennaio 2014, e poi un anno ogni biennio fino ad arrivare a 65 anni nel 2020.

BLOCCO DEL TURN OVER - Arriva la proroga di un anno del blocco delle assunzioni dei lavoratori nella pubblica amministrazione, ma la misura non scatterà immediatamente e non riguarderà la polizia e i vigili del fuoco. Il congelamento viene rimandato a un successivo regolamento. Lo stop riguarderà anche le assunzioni di nuovo personale nelle agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici, alcuni altri enti come quelli lirici, l'Agenzia spaziale italiana, il Coni, il Cnel, e l'Enac. Attesi risparmi per circa 1,5 miliardi. Viene prorogato al 2014 anche il congelamento degli aumenti contrattuali per gli statali.

MISSIONI - per la proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali a partire dal primo luglio e fino al 31 dicembre verranno stanziati 700 milioni di euro.

RICORSI - Presentare ricorso presso le commissioni tributarie potrà inoltre costare fino a 1.500 euro. Per i ricorsi avanti le Commissioni tributarie provinciali e regionali, si legge, è dovuto il contributo unificato nei seguenti importi: 30 euro per controversie di valore  fino a 2.582,28 euro; 60 euro per controversie da 2.582,28 e fino a 5.000 euro; 120 euro per controversie di valore superiore a 5.000 euro e fino a 25.000 euro; 250 euro per controversie di valore superiore a euro 25.000 e fino a 75.000 euro; 500 euro per controversie di valore superiore a 75.000 euro e fino a 200.000 euro; 1.500  euro per controversie di valore superiore a euro 200.000.

NORMA ANTI-BADANTE - Nella bozza arriva dal 2012 anche la norma «anti-badante», che mira a porre un freno ai matrimoni di interesse fra la colf e il pensionato. Dal primo gennaio del prossimo anno, la pensione di reversibilità «è ridotta, nei casi in cui il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad età del medesimo superiori a settanta anni e la differenza di età tra i coniugi sia superiore a venti anni, del 10% in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto al numero di 10».

FONDI IMMOBILIARI - Arrivano anche i fondi immobiliari pubblici per valorizzare il patrimonio locale. Così si legge nella bozza: «Il ministero dell'Economia costituisce una società di gestione del risparmio avente capitale sociale pari a 2 milioni per l'istituzione di uno o più fondi d'investimento al fine di partecipare in fondi d'investimento immobiliari chiusi promossi da Regioni, Provincie, Comuni anche in forma consorziata ed altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile», si legge nella bozza. Vi possono partecipare Fondazioni e Cassa Depositi e Prestiti. Contestualmente è sciolta e posta in liquidazione la società Patrimonio spa.

LIBERALIZZAZIONE DELLE PROFESSIONI - La bozza della manovra prevede anche che: «Le restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle professioni, diverse da quelle di architetto, ingegnere, avvocato, notaio, farmacista, autotrasportatore, sono abrogate quattro mesi dopo l'entrata in vigore dal presente decreto». Il testo lascia aperto però uno spiraglio anche altre professioni: «Alcune professioni - si legge - possono essere esentate con regolamento da emanare su proposta del ministro competente entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge qualora, fatto salvo il principio di proporzionalità, un prevalente interesse pubblico richieda il mantenimento delle precedenti disposizioni normative».

SPENDING REVIEW - Addio tagli lineari: parte dal 2012 il processo di «spending review» «mirata alla definizione dei fabbisogni standard propri dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato». Nella bozza della manovra si sottolinea anche che «in caso di omessa trasmissione dei dati» relativi alla revisione della spesa degli enti interessati, «senza motivata giustificazione entro il termine previsto, l'amministrazione competente riduce la retribuzione di risultato dei dirigenti responsabili nella misura del 2%»

martedì 28 giugno 2011

Casa per le giovani coppie, asili nido, Ici: questi vogliono solo far cassa

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Togliamo agli spioni le armi per infamare politica e democrazia

spioneQuando lo Stato s’impiccia di quel che fanno e di che cosa si dicono tra di loro i cittadini, i cittadini diven­tano sudditi e lo Stato una tirannia. Quando la segretezza delle comu­nicazioni private è sistematica­mente violata e la loro registrazio­ne è pubblicata dai giornali e tra­smessa da radio e tv, il potere pubblico limita­to per legge, quello li­berale, si trasforma in potere totalitario. Non c’è obbligo di azione penale che possa mini­mamente giustificare il romanzo a puntate degli origliamenti che in Italia, e solo in Italia, si scrive e si pubblica ogni giorno.

Decine di migliaia di pagine di in­famia, prive di attinen­za con le indagini che solo in apparenza le giustificano, snaturano la politica e la democra­zia, ci fanno regredire alla fase pri­mitiva della soggezione totale a un soggetto che ci sovrasta imperso­nalmente e ci incute timore e tre­more nella forma sempre più diffu­sa dell’intrusività tecnologica. Se non si blocca questo meccanismo, tutto il resto è inutile: votare e auto­governarsi diventano, in un regi­me senza privacy, parole vuote. Una santa alleanza di governo, op­posizione e poteri neutri dovrebbe prendere atto di questo fatto e provvedere subito. La questione non riguarda affatto la sola maggioranza di governo. Chi ha impedito alle cooperative di sinistra di «avere una banca»? Le intercetta­zioni. Chi ha stroncato la carriera poli­tica del leader forte del centrosini­stra, Massimo D’Alema?Le intercetta­zioni. Chi fece cadere il malandato go­verno dell’Unione presieduto da Ro­mano Prodi? Le intercettazioni.

Chi favorisce l’ondata di delegittimazio­ne di tutta la politica e la vittoria degli outsider più demagogici, in aperto contrasto con la necessità di costrui­re una coalizione alternativa di gover­no? Le intercettazioni. Ma c’è altro. Dov’è che avviene la saldatura tra il partito combattente dei magistrati, che lavora per la pro­pria influenza politica e tutela corpo­rativa, e il partito mediatico che gover­na di fatto la televisione e i giornali? Nella pratica delle intercettazioni e nel loro abuso pubblico. Su che cosa si fondano le incursioni disgustose della pornopolitica e le ondate di fal­so puritanesimo che puntano a un im­pudico governo delle virtù o dei mi­gliori innalzato sulle forche spionisti­che, sulla fine del pudore? Sulle inter­cettazioni. L’origliamento abusivo travestito da azione legale, con la pubblicazio­ne spensierata sui giornali o la tra­smissione via etere di conversazioni private: questo è l’alfa e l’omèga del feroce attacco alla politica e alla de­mocrazia iniziatosi sotto la Repubbli­ca dei partiti e proseguito da quasi vent’anni sotto il segno della Repub­blica delle procure.

La Costituzione impone la tutela della segretezza del­le comunicazioni, salvo eccezioni precise e penalmente legittimate, e l’offensiva del partito politicamente irresponsabile si dispiega in aperta violazione della Carta. Nel segreto, pensavano i costituenti, il cittadino realizza la propria libertà privata, di cui può fare un uso legale o un uso criminale, ma quel che conta è la sua libertà, che solo sotto condizioni cer­te di legge si può limitare. Lo stesso ragionamento che aveva indotto i pa­dri costituenti, i quali sapevano benis­simo che delle immunità parlamenta­ri si poteva fare un uso improprio e perfino aberrante, a stabilire comunque con l’articolo 68 della Costituzio­ne, abrogato nell’anno del Terrore giustizialista, che per mettere sotto scacco penalmente un membro delle Camere occorreva la loro autorizza­zione. Gli origliamenti di Stato hanno so­stituito i pentiti e i delatori di Stato che disintegrarono la Repubblica dei partiti con accuse di corruzione e di mafia propalate dai professionisti del­la forca.

Corruzione e mafia c’erano e ci sono. Il punto è che la lotta contro la corruzione e la mafia si è trasforma­ta in un’arma politica impropria, in decimazione del sistema rappresen­tativo, in gogna che travolge persone e funzioni a prescindere dagli esiti del­le indagini e dei processi, che si fanno prima del dibattimento con la deten­zione preventiva e la gogna preventi­va al cospetto dell’opinione pubbli­ca. In nessuna parte del mondo gli ori­gliamenti di Stato e la loro diffusione selvaggia hanno la funzione politica rivestita in Italia dalle ondate succes­sive di intercettazioni. Se governo, op­posizione e poteri neutri non saran­no in grado di troncare il fenomeno, è meglio che se ne vadano tutti a casa.

Giuliano Ferrara – Il Giornale

lunedì 27 giugno 2011

No Tav: I soliti pacifisti in azione

pict005Bombe carta, molotov, spranghe, massi di pietra, bastoni, mazze chiodate, caschi, estintori. Ecco gli strumenti pacifici con cui i pacifici manifestanti no tav hanno espresso il loro pacifico dissenso in questa giornata molto pacifica in Val di Susa.

Fieri dei propri valori pacifici, i no global esponenti dei centri sociali già protagonisti di altri numerosissimi casi di atti di pacifismo contro le forze dell’ordine hanno voluto aspettare polizia e carabinieri con atteggiamento assolutamente pacifista e rispettoso delle leggi.

In un tripudio di gioia, felicità, rispetto e sempre pacifismo hanno buttato addosso di tutto alle forze dell’ordine, provocando (non si sa come visto che sono pacifici) 25 feriti. Bisogna ammetterlo come sono pacifisti loro non c’è nessuno. Andrebbero premiati per questa lodevole caratteristica che dimostrano in ogni occasione.

Auguro a loro un po’ di severità repubblicana.
Oops…. mi sa che sono stato troppo pacifista pure io.

Un imprenditore romagnolo riflette sui rifiuti di Napoli ricordando Pompei

Anch’io ho avuto una piccola esperienza di che cosa sia Napoli e di come ragionano i napoletani. Poco più di dieci anni fa, ebbi l’avventura di occuparmi della informatizzazione dei biglietti, del controllo accessi e dell’organizzazione delle visite guidate all’area archeologica di Pompei.
Il sovrintendente era il professor Pietro Giovanni Guzzo, un’autorità nel settore, un uomo di specchiata onestà. Era stato appena incaricato dal Ministro del duro compito di mettere ordine in quel guazzabuglio dell’archeologia napoletana, di Pompei in particolare. Mi accolse a braccia aperte, il Professor Guzzo, pieno di speranza. Mi raccontò del disastro nel quale doveva operare e che non aveva nemmeno idea di quanti fossero i suoi dipendenti, delle mansioni a loro assegnate.
All’ingresso dell’area archeologica di Pompei facevano bella mostra due moderne cabine in vetro e acciaio, con due tornelli, di quelli per regolare l’accesso del pubblico. Le cabine erano vuote e i tornelli giravano liberi, senza alcun meccanismo di gestione. Chiesi spiegazione. Mi risposero che avevano acquistato e installato l’hardware, ma dovevamo ancora provvedere al software di controllo.
Assieme a me c’erano anche due dirigenti napoletani di Telecom perché, quell'offerta, la facevo in associazione di impresa con Telecom Italia. La prima cosa che provai a verificare furono le canalizzazioni per i cavi della trasmissione dati all’interno dell’area archeologica, che dovevano esistere poiché era un lavoro che risultava già fatto e pagato. Ma la risposta fu molto evasiva e lo sguardo dei miei accompagnatori era eloquente. Poi controllai la stanza dove erano stati installati i calcolatori. Ci guidava una signora che doveva essere una grande esperta nell’arte dell’intorto. La buona donna disse che li dentro c’era il loro “cervellone”. Era una bella stanza, con aria condizionata. C’era un tavolo su cui campeggiavano due personal computer IBM, un quadro elettrico e un piccolo “monolite” grigio con ruote, appoggiato al pavimento. Un cavo elettrico collegava il “monolite” al quadro e una ventola ronzava. Accesi uno dei personal computer. C'era il sistema operativo Ms Dos, 640 kilobyte di Ram, disco da pochi megabyte. E basta. Mi avvicinai per esaminare il “monolite”. Nessun cavo di collegamento. Solo il cavo di alimentazione. Nessuna porta per i dati.
Guardai le persone Telecom che mi accompagnavano: il loro sguardo confermava il mio sospetto: era un cabinet vuoto con ventola! , mogi mogi, dal sovrintendete. Spiegai al professor Guzzo che erano stati truffati e che il loro sistema di controllo accessi non esisteva. Era il classico pacco napoletano. Nessun software poteva essere installato in quell’accozzaglia di carabattole: conveniva esaminare una soluzione, ex novo, con costi molto maggiori di quanto inizialmente ipotizzato. Un caloroso saluto, la promessa reciproca di rivederci presto.
Una sensazione di impotenza aleggiava nell’ambiente strano di Villa dei Misteri, come se lo stile napoletano fosse più distruttivo dell’eruzione del Vesuvio che l‘aveva sepolta per quasi due millenni. Nella riunione con Telecom, un’ora dopo, prevalse la decisione di rinunciare perché era impossibile regolarizzare una gestione, basata sul malaffare, che però era la

venerdì 24 giugno 2011

Il Consiglio Comunale è convocato per Giovedì 30 Giugno

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03) Risposte a interrogazioni
     
n. 22 - il giardino officinale
     
n. 23 - strade al buio
     
n. 24 - le strade non lette dai GPS
     
n. 25 - la recinzione pericolosa

04) Mozione per l’assunzione in house dei servizi idrici

05) Indirizzi generali per la stesura dei contratti di servizio nei servizi socio sanitari

07) Modifica piano triennale delle opere

08) Variazioni di Bilancio

Casola_Valsenio-Gonfalone09) Modifica regolamento mercato ambulanti

10) Regolamento mercato del contadino

11) Adesione ai comuni virtuosi: statutoregolamento

12) Istituzione consiglio comunale dei ragazzi

13) Variante piano edilizio e urbanistico “Gli ulivi”

14) Ampliamento delega a Ufficio urbanistico Unione dei Comuni

 

Un altro bel lascito di Claudio Casadio al Comune di Faenza

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Acqua, la rivincita di Hera e dei sindaci PD. A Bologna aumentano le tariffe del 3,5%

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da: http://www.ilfattoquotidiano.it/edizione-locale/emiliaromagna/

La risposta al referendum è già arrivata, anche se la Cgil si schiera contro la decisione, lo stesso fanno i comitati che hanno promosso il voto e il Movimento 5 Stelle. E' l'epilogo che ilfattoquotidiano.it aveva già previsto.

A poco più di una settimana dal referendum, Hera, la società per azioni a controllo pubblico che gestisce il servizio idrico in Emilia Romagna, da Modena a Rimini, aumenta le bollette dell’acqua di un ulteriore 3,5 per cento, a Bologna e nei 60 comuni della provincia.
A seguire la stangata arriverà per tutti gli altri, città piccole o grandi che siano.
Poco importa se dal voto è uscita una indicazione politica sulla richiesta di acqua pubblica, dunque un bene comune e non in vendita. Poco importa se l’Emilia Romagna è tra le regioni che hanno avuto massima affluenza alle urne.
Hera, i cui manager appartengono all’area politica del Partito democratico (e la posizione ambigua del Pd il fattoquotidiano.it l’aveva segnalata più volte), va avanti per la sua strada. Così quel 7 per cento sul capitale investito che la consultazione referendaria ha tolto, viene già recuperato. E a pagarlo sarebbero gli utenti sulle bollette. Da subito.

Il tutto avviene nel momento di vuoto legislativo. In sostanza col referendum è stata abrogata la legge che prevede alle aziende una remunerazione del 7 per cento dei capitali investiti. Legge abrogata, ma che resta valida fino a quando il parlamento non ne voterà una nuova. Ma Hera, senza perdere tempo – e con l’appoggio dei sindaci che hanno fatto la campagna referendaria – incassa i frutti della vecchia legge ancora in vigore, più gli aumenti.
La legge arriverà, dunque è meglio preparare il paracadute, hanno detto Hera (e il Pd cui fa riferimento). Ma non si meraviglia nessuno, visto che il giorno successivo al referendum il Partito democratico stesso aveva già addolcito la sua scelta referendaria e aveva spiegato con un “vedremo” quello che si sarebbe fatto.

Il problema dell’aumento, spiega Hera, non è solo conseguenza del referendum, ma anche dell’indebitamento e dei consumi più bassi. Due fattori che hanno creato qualche problematica ai conti dell’azienda. Così le bollette sono state subito aumentate del 3,5 per cento. Aumento che bissa quello dello scorso aprile, arrivando così a una crescita delle tariffe di circa il 7 per cento su base annua.
Per Beatrice Draghetti, presidente della provincia di Bologna in quota Pd, “le attuali tariffe non coprono i costi riconosciuti al gestore (Hera) e ogni anno accumuliamo debiti”. La conseguenza opportuna non è altro che un aumento del 3,5 per cento della tariffa, quindi, per “fermare la divaricazione tra entrate e uscite”. Draghetti nella nota precisa che è “molto importante una riflessione pacata e approfondita: sul tavolo ci sono infatti questioni significative. Non ci spaventano le discussioni, ci preme un esito onesto e giusto, segno di buona amministrazione”.

Giovanni Favia, consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle, lo dice senza giri di parole: “Queste aziende fanno il bello e il cattivo tempo. Presentano cifre come dicono loro, vanno contro quelli che sono stati i risultati di una consultazione popolare”. E poi, rivolgendosi alle amministrazioni locali: “Tutto ciò è frutto di incapacità e dilettantismo del centrosinistra. Così prendiamo solo il peggio del pubblico, che è lottizzato, e il peggio del privato, che fa utile sulle spalle dei cittadini”. Dopodiché fa una proposta: “Noi chiediamo lo scorporo del servizio idrico, l’acqua è un bene non economico. Se siamo noi i primi azionisti di quelle società pubbliche-private, allora dobbiamo essere noi a controllarle. Ma così non è”.
La coperta sembra quindi essere troppo corta. Da qualsiasi parte la si tiri qualcuno resta scontento, ma soprattutto è costretto a tirare fuori più denaro. Hera sembra comunque propensa a stralciare le attuali condizioni della convenzione e la remunerazione al 7 per cento. Ma finché il parlamento non approverà una nuova legge, l’unica soluzione per gli enti locali è passare al 5 per cento.

giovedì 23 giugno 2011

Un altro bel lascito di Claudio Casadio al Comune di Faenza.

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Sorpresa: le riforme funzionano e fanno risparmiare. Era ora di dirlo

pict002Finalmente una buona notizia: conoscere tutte le realizzazioni del governo in maniera sistematica è possibile grazie a un opuscolo di 36 pagine dal titolo Il governo del fare - Maggio 2008- marzo 2011 realizzato dal parlamentare del Pdl, Antonio Palmieri. Ma la cosa importante è che l’agile pubblicazione si trova on line, sul sito del governo e del Pdl, scaricabile su iPad, iPhone e sui cellulari “intelligenti”.
L’augurio è che si tratti di una fase nuova della mobilitazione lanciata dal Pdl per “bucare” l’opera di disinformazione sul lavoro svolto dal governo in settori chiave. Iniziamo dalle riforme che stanno funzionando, nel silenzio generale.

Riforma dell’Università

La riforma Gelmini è stata ferocemente criticata, eppure ora sono gli stessi rettori, ricercatori e professori non ideologizzati ad ammettere come dopo decenni si sia posto un rimedio agli sprechi, a vantaggio della qualità dell’istruzione: la riforma moralizza i concorsi per docenti, razionalizza l’organizzazione dei corsi e migliora il sistema di governo delle università. Questi i punti: meno facoltà: massimo 12 per ateneo; eliminazione dei corsi inutili; chiusura delle sedi decentrate superflue; bilanci trasparenti e commissariamento delle università “in rosso”; fine dei “rettori a vita”, ora il mandato dura solo sei anni; stop alle parentopoli.

Nel 2009 per la prima volta tutti gli aventi diritto hanno avuto la borsa di studio grazie al fondo di 135 milioni per gli studenti meritevoli. Nel 2011 sono destinati altri 100 milioni per il prestito d’onore. Nel 2009 il governo ha stanziato 65 milioni per nuove residenze universitarie, per un totale di 1.700 posti letto in più. E poi, via al merito: dal 2011 il 7% dei finanziamenti agli enti di ricerca è dato in base ai risultati ottenuti.

Riforma del pubblico impiego

Anzitutto un dato: per effetto delle nuove norme, da giugno 2008 a dicembre 2010, le assenze per malattia sono calate del 35%, il che vuol dire una migliore organizzazione del lavoro dovuta anche a un’informatizzazione progressiva del settore, dalla digitalizzazione dei servizi

A Imola si accende il dibattito sull’acqua. Il PD in evidente difficoltà nel conciliare il massimalismo referendario e la gestione reale delle forniture idriche

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mercoledì 22 giugno 2011

Sindaco e pm sepolti dalla spazzatura: ora urlano al complotto

5856359477_e26d023735_zA Napoli è già emergenza. Finito il tempo degli slogan e dei concerti in salsa partenopea dell’onnipresente Roberto Vecchioni, il neo-Sindaco De Magistris si trova a combattere l’emergenza che da anni ormai flagella il capoluogo campano.
“L’immondizia arriverà al terzo piano delle case”, disse profeticamente Vittorio Feltri mentre il Viminale sfornava percentuali bulgare a favore dell’ex Pm che Di Pietro considera il proprio “figlio politico”.
Una profezia che si sta tramutando in realtà.
“Entro l’estate partiremo con la raccolta differenziata”, tuonò tra un mercato del pesce e l’altro l’allora candidato De Magistris; “faremo di Napoli la città dell’ecologia”, disse invece in qualche caffè del centro chic.
Passato qualche giorno, fatta la Giunta, l’immagine che abbiamo davanti agli occhi è quella tristemente nota dei roghi di rifiuti, delle montagne di spazzatura che ormai sono diventate parte dello skyline partenopeo. Uno schifo, una vergogna per una delle città più belle del Mondo. Ed ecco che, allora, il De Magistris di tricolore fasciato, sfodera la promessa che tutta la popolazione attendeva: “Entro cinque giorni risolveremo tutto”.
Capito? Entro cinque giorni. Ma non era Berlusconi ad aver “ingannato i napoletani promettendo di risolvere l’emergenza in qualche giorno”? Sì, almeno così ci raccontava lo stesso Sindaco durante la campagna elettorale. Così ci diceva mentre spiegava alle telecamere di Sky o a quelle di Ballarò come si dovesse “escludere la costruzione di termovalorizzatori o l’apertura di discariche”. Peccato che l’immondizia, da qualche parte, vada messa. Come succede in ogni contesto civile e umano. No, per De Magistris tutto si risolve con la differenziata, da attuare in pochissime settimane. Un’utopia, ovviamente. Lo capirebbe pure un bambino.
Insomma, su Napoli si addensano nubi cariche di pioggia: dopo il decennio bassoliniano e l’agonia jervoliniana, ora è la volta del populismo spiccio e inconcludente del pubblico ministero prestato alla politica attiva. Un disastro. Eppure, il 65% dei napoletani l’ha voluto. La stragrande maggioranza degli elettori ha creduto alla sua promessa di trasformare la città in un polmone verde ecologico. Le prospettive, però, sono opposte.
Finito il tempo dei festeggiamenti e dei pianti di gioia, la realtà è quella dell’immondizia che invade sempre di più le strade della città, senza che il Sindaco dalle facili promesse sappia cosa fare. Un dramma nel dramma.

Anche a Castelbolognese protestano per la pessima organizzazione dei servizi di affissione nei piccoli comuni. Un appalto dell’Unione dei comuni che non ha funzionato nonostante le nostre sollecitazioni

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martedì 21 giugno 2011

L’agenda del Governo per i prossimi mesi negli impegni assunti oggi in Parlamento

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  • Riforma fiscale, basata sulla semplificazione delle normative e sui benefici per le famiglie e le piccole e medie imprese, favorendo il lavoro. Essa dovrà conciliare l’esigenza di mantenere in equilibrio i conti pubblici con la necessità inderogabile di far prendere fiato all’economia.
  • Ultimi passi in Parlamento per le disposizioni attuative del federalismo fiscale, solidale e sussidiario.
  • Riforma della giustizia, nel campo civile e penale, per dare certezza di procedure, imparzialità e tempi equi nel suo corso. Regole chiare contro gli abusi delle intercettazioni, che sono un macigno che schiaccia la libertà di comunicazione e distrugge – con la indebita pubblicazione – la reputazione di molte persone innocenti.
  • Rapida soluzione del conflitto libico, e dunque uno stop al flusso di profughi, ora certamente da accogliere, ma cui consentire il ritorno in patria in condizioni di sicurezza.
  • Prosecuzione senza attenuazione della lotta contro le mafie.
  • Abbattimento del costo della politica tramite una riforma istituzionale che dimezzi il numero di deputati e trasformi Palazzo Madama nel Senato delle Regioni.

Il testo integrale del discorso di Berlusconi al Senato

Lui consigliere regionale, lei presidente del consiglio comunale di Rimini: totale familiare € 12.000 netti al mese. Questi stipendi derivanti da una normale attività politica sono incompatibili con le condizioni medie del popolo italiano.

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lunedì 20 giugno 2011

Come per l’acqua, anche sulle concessioni demaniali delle spiagge il PD utilizza una doppia morale

giano bifronte“Ancora una volta dobbiamo far notare la doppia morale del PD” afferma Gianguido Bazzoni a proposito della polemica che si è aperta nella stessa sinistra sulle concessioni demaniali e che investe pesantemente i titolari di bagni sul nostro litorale.

“La direttiva europea Bolkenstein impone anche all’Italia di mettere a gara le concessioni del litorale demaniale e di interrompere la pratica ormai secolare delle concessioni a vita, dalle quali oltretutto lo Stato ricava pochi spiccioli. Il PD non può essere europeista quando si tratta di attaccare Tremonti o Berlusconi e diventare corporativo se le norme europee possono danneggiare il suo parco elettorale. Sappiamo anche noi che c’è un grosso problema, anche perché l’UE ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia che non si è ancora adeguata, sappiamo anche che, per il tipo di investimenti che sono stati fatti sui litorali italiani e per la mole del giro d’affari, la questione va affrontata e risolta in maniera equa. Cominciando innanzitutto da una moratoria e da un impegno concreto del Governo che c’è e ci sarà. Non può però il partito delle “lenzuolate” demagogiche di Bersani per le cosiddette liberalizzazioni, che colpivano tassisti ed altre categorie deboli, rimangiarsi tutto solamente perché deve difendere la categoria forte dei bagnini che votano a sinistra.

Bene ha fatto l’ex capogruppo PD del Comune di Ravenna, Maestri, a ricordare ai suoi compagni che i litorali sono sempre un bene pubblico e come tale devono essere trattati, avendo il coraggio di modificare una prassi che vedeva imprenditori diventare quasi alla stregua di proprietari di quel bene. Per questa sua presa di posizione è stato attaccato da tutto il suo partito ed anche dal partitino satellite dei repubblicani. Ma dal PD locale non potevamo aspettarci altro, visto quello che ha fatto e lasciato fare in quello scandalo che è Marinara, dove la concessione è di 50 anni rinnovabile.

Non si possono nascondere le proprie contraddizioni e doppiezze attaccando il Governo da posizioni, per di più, antieuropeiste. La soluzione equa che salvi il principio del bene pubblico e della libera concorrenza, coniugandolo con la salvaguardia delle professionalità e degli investimenti che vi sono sulla costa, alla fine verrà trovata e sono sicuro che il Governo riuscirà a farla accettare anche dall’Europa, ma il PD di Ravenna deve uscire dalla sua ambiguità ed avere un atteggiamento costruttivo senza giocare al tanto peggio tanto meglio.
Questo atteggiamento, simile a quello che ha tenuto sull’acqua pubblica, dove ha diffuso falsità e si è messo contro l’Europa solo per danneggiare Berlusconi, deve finire. Viene quasi da rimpiangere i seri e stimabili comunisti di una volta!!”

Anche l’altro grande vecchio ci sta lasciando

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da http://phastidio.net/

Lo spirito del 1992

Il “discorso” di Umberto Bossi sul sacro sterrato di Pontida trasmette un senso di tristezza che tende persino a sopravanzare l’irritazione. Tristezza per un anziano uomo, minato dalla malattia, che ha progressivamente perso il senso della realtà e, ciò che è peggio, lo ha fatto perdere anche a gran parte dei propri sostenitori, anche se gli ultimi esiti elettorali sembrano suggerire un risveglio della base. L’irritazione deriva invece dalla profonda ignoranza in ambito economico che pervade la Lega, forse il partito italiano messo peggio, sotto questo profilo, in un panorama già desolante di suo.

E così, ecco Bossi difendere a spadone tratto gli allevatori e le loro quote latte, con il rinforzo di Roberto Calderoli, che nega sdegnato la vicenda del finanziamento “oncologico” delle multe sulle quote latte, e che invece esiste ed è agli atti, parlamentari e non. Da dove recuperare soldi, per aiutare le famiglie padane ad arrivare alla quarta settimana? Bossi ha qualche “idea”: Tremonti deve “lavorare sulle bollette”, magari proprio “su quelle dell’Enel, perché nell’Enel lo stato ha ancora il 30 per cento”. Inutile commentare, per umana compassione.

Poi ci sono i ministeri (con portafoglio) da spostare, come precisa Calderoli, per i quali è già pronta la Villa Reale di Monza, con sindaco sorridente a confermare il geniale piano. Basta con i costi della politica, bofonchia Bossi. Giustissimo, perdio! Procediamo quindi a duplicare funzioni ministeriali, i costi si dimezzeranno dopo miracolose abluzioni con acqua del Po. Poi ci sono i costi delle missioni militari estere e soprattutto l’avventura libica, che costa soprattutto

venerdì 17 giugno 2011

Mi dispiace, cocchi de mamma, ma Brunetta ha ragione

La veritàOra che Brunetta ha detto a dei fastidiosissimi e beceri “Precari Organizzati” ciò che moltissimi, a destra come a sinistra, pensano, e cioè che sono la parte peggiore del Paese, apriti cielo.
Condanne da tutte le parti, perché i precari italiani sono diventati come i “Disoccupati Organizzati” napoletani, una categoria di Madonne Pellegrine che la demagogia cattocomunista, da Santoro a Ballarò, porta in giro per colpevolizzare l’egoista Società capitalistica di non aver abbastanza a cuore i loro destini. Non se ne può più di gente che ti prende d’assalto e ti piazza le proprie telecamerine in faccia convinta di esser gli inviati di Striscia la Notizia, per poi mandarti su internet a raccogliere sputi e sberleffi da parte di una categoria tra le più socialmente inutili: quella di coloro che si sentono importati perché pubblicano i loro onanistici filmati su YouTube.
D’altronde non a caso Andy Warhol profetò che “La Televisione è quella cosa che renderà tutti (quasi tutti), famosi per quindici minuti”. Figuriamoci Internet.
Ma cosa volete che risponda uno come Brunetta che non ha fatto obiezioni a dare una mano fin da ragazzino e suo padre, ambulante veneziano, mentre studiava e si faceva largo nella vita, a piangenti italiche mamme che gli chiedono cosa possano fare i loro superdotati figlioli, che a petto del loro quoziente intellettivo, secondo le mamme, che Einstein era un minorato mentale, non trovano lavoro?
Esattamente quello che risponderei io: vadano a scaricare frutta e verdura ai mercati generali. Poi da cosa nasce cosa.
Visto che a petto di tanta piangente disoccupazione giovanile, godiamo di più di quattro milioni di immigrati che fanno lavori che i nostri cocchi de mamma si schifano di fare.
E la matematica non è un’opinione.
Chi, come un superintelligente e pozzo infinito di cultura del calibro di Oscar Giannino, si è fatto il culo partendo da condizioni sociali disperate, non può rispondere che la stessa cosa a beceri disoccupati palermitani che durante una trasmissione de “L’Ultimaparola” battevano i piedini per terra perché non volevano andare a lavorare fuori città.
In una trasmissione successiva Giannino venne insultato e minacciato da un esponente della categoria di tali “disoccupati-precari”.
Perché questi disoccupatosi e precariosi hanno in comune che sono maleducati e violenti, per il fatto che trasmissioni del cosiddetto “Servizio Pubblico” radiotelevisivo, come quella di Santoro, li usano come utili idioti (per poi magari togliere loro di brutto il microfono quando si prendono un po' troppo spazio), e hanno loro insegnato che solo facendo un gran casino e insultando riescono ad emergere e, forse, a farsi sentire.
E loro possono dire e fare tutto perché sono “Vittime della Società”.
Beh, mi dispiace, ma uno come il sottoscritto, che cominciò quindicenne a non solo sgambettare sui palcoscenici, ma anche a imbottigliar medicamenti veterinari in oscure cantine o a battere a macchina paghe e contributi in grigi uffici di periferia, perché la famiglia stava andando in rovina (anche il mutuo da pagare) per via che il padre di famiglia, ottimo Perito Industriale Edile, a causa di vecchie ferite e traumi di guerra, cadde malato per alcuni anni e a differenza degli impiegati pubblici non godeva di stipendio assicurato sempre e comunque; che a diciassette già guadagnava quanto il genitore, lavorando come un ciuco, in Teatro e altrove, senza mai lamentarsi e maledire Vita e Società, anzi divertendosi un mondo a fare sempre nuove esperienze, non può che condividere le diagnosi di quelli come Brunetta e Giannino: si mettano un’elica tra le chiappe e si diano da fare.
Altro che gioventù senza un futuro.
Ma “sociologicamente” (ah ah) parlando, la faccenda di questa massa di imbecilli che magari hanno fatto l’università e che, come si è visto durante le ultime becerate studentesche

Passino dalle parole ai fatti i sindaci che urlavano in piazza “l’acqua non si vende”. Il nostro Gruppo Consiliare presenta una mozione affinché il Comune di Casola Valsenio dia il ben servito ad Hera e riprenda il controllo diretto dell’acquedotto e del depuratore così come ha voluto il 57% dei cittadini italiani

mozione gestione acqua

giovedì 16 giugno 2011

Finalmente anche Casola ha la sua filiera corta, anzi cortissima.

mercato del contadinoGli scandali, veri o presunti che siano, sulle manipolazioni e le contaminazioni di prodotti alimentari di uso quotidiano inducono i consumatori a ricercare sempre più la sicurezza alimentare.
In una società in cui si spende sempre più per tecnologia e credo anche per il superfluo, non si può risparmiare e lesinare sulla sicurezza alimentare, in primis, ma anche in senso lato.
Ritengo giusto che una amministrazione si impegni per fornire ai sui cittadini la possibilità di poter scegliere e poter decidere sulla sua sicurezza. Come ritengo altrettanto corretto impegnarsi per dare la possibilità di fare reddito a chiunque ne abbia i requisiti e la volontà.

La consulta agricola è stata convocata dall'assessore di riferimento, Caroli, ad inizio d’anno, intenzione dell' assessore era quella di creare un regolamento ed un " mercato del contadino" sulla falsa riga di quello di Faenza.
Come presidente ho partecipato ed ho espresso un'opinione favorevole al progetto, ma ho anche concordato con Stefania Malavolti, quando ha sottolineato che una delle finalità principali del regolamento doveva essere quella di dare sicurezza , trasparenza, ma innanzi tutto garanzie ai potenziali acquirenti.
Forte della sua esperienza nei vari mercati, ma soprattutto in quello di Faenza, Stefania ha evidenziato come troppe volte ci siano piccoli produttori con una enormità di prodotti e di varietà, che in alcuni casi, si sono rivelati al limite della regolarità, andando sia a discapito dei consumatori ma anche della credibilità del mercato e dei produttori stessi.
Nella serata si provò a fare "la conta" di chi fossero i produttori interessati, del luogo e degli orari più indicati, delle possibili soluzioni per dare visibilità al progetto. Emerse subito che non c'era un numero congruo di produttori per realizzare un mercato, anche ridotto, ma in grado di offrire una buona varietà di prodotti e indurre la gente a venire o fermarsi al mercato del contadino di Casola.
Si ipotizzò, come causa di questo numero ridotto di interessati che non ci fosse stata una adeguata concertazione con gli organi preposti e con gli agricoltori stessi.
Concertazione che doveva sia individuare il luogo più adatto che l'orario ( durante la riunione si accennò alla domenica mattina in una delle due piazze, preferibilmente quella Oriani per una questione di visibilità di passaggio). Ma non solo. Si convenne che per avere un buon mercato si dovevano mettere dei paletti seri e fissi al regolamento. Paletti che andavano dalle caratteristiche dei prodotti, ai requisiti dei produttori, passando dal sistema di controllo interno al mercato fino alle " sanzioni" previste per i trasgressori.
La serata si concluse con l'invito all'assessore da parte della consulta a fare il possibile per realizzare il mercato avviando quel coinvolgimento che era mancato sino ad allora e ricercando anche possibili sbocchi" pubblicitari" per avere più visibilità , indicando Il Parco della vena dei gessi e la società d'area i soggetti principali.

Dopo alcuni mesi, alla fine di maggio, l'assessore mi ha contattato per la disponibilità ad una nuova riunione della consulta sul mercato agricolo, che ho dato senza problemi. La riunione però non è stata convocata non so per quali problemi. La prima domenica di giugno, come molti avranno notato, è partito il " mercato del contadino" con cartelloni provvisori e nessuna pubblicità riguardante il regolamento.
Questa cronistoria serve a fare un po’ di chiarezza su come è nato il "mercato del contadino" di Casola Valsenio. Mercato che, come i funghi della spiga, è nato senza preavviso, in tarda primavera ed in un luogo, quantomeno, inaspettato.
Come presidente della consulta, ma innanzitutto come agricoltore, credevo fosse stata chiara la richiesta fatta all'amministrazione. Devo però constatare che - come avvenuto tante, troppe volte - i diretti interessati non sono stati chiamati in causa, o meglio, pochi hanno deciso chi erano i soggetti interessati, pochi hanno deciso quali devono essere le regole a cui tutti devono sottostare. Regole che avevamo chiesto venissero pubblicizzate per dare quel valore aggiunto di sicurezza e trasparenza che un mercato di eccellenza deve avere per distinguersi della massa.

Dopo queste considerazioni ringrazio il sindaco e l'amministrazione per aver creato "il mercato del contadino" ed aver così "completato un altro impegno elettorale", sottolineando che nessun merito ha la consulta agricola, citata in vari articoli apparsi sulla stampa locale e nel sito istituzionale, non per demeriti ma per mancata consultazione.
Mi permetto, inoltre, di dare al Sindaco un parere del tutto personale e di ricordargli che ha totalmente disatteso il regolamento della consulta agricola, che la vede come anello di confronto e dialogo fra le parti, ed anche di non potersi più dichiarare sindaco di tutti, perché non tutti gli agricoltori casolani sono stati invitati a partecipare al mercato agricolo.

Mirko Giacometti
Presidente della Consulta Agricoltura
del Comune di Casola Valsenio

Quattro certezze e una petitio

016disperazioneDopo lo tsunami referendario, quattro certezze e una petitio principii
La prima certezza, è che i proprietari di Ferrari e Bentley potranno continuare a lavare gratuitamente le proprie autovetture con l’acqua “pubblica” gentilmente offerta e pagata dai pensionati al minimo. Come sin qui hanno sempre fatto. E come non avviene in alcun’altra parte al mondo.
La seconda, è che le fasce meno abbienti della popolazione saranno sottoposte, da qui ad un triennio, ad un bel salasso fiscale. Mancano all’appello, infatti, 64 miliardi di euro per fare improcrastinabili investimenti nel settore idrico; e, siccome s’è voluto rinunciare all’apporto dei privati, che quell’onere economico si sarebbero accollati, questi soldi andranno reperiti in altra maniera, ovvero al solito modo: aumentando le tasse. D’altra parte, “nessun pasto è mai gratuito”. Checché ne dicano i comunisti. A pagare è sempre e solo il contribuente.
La terza, è che i partiti seguiteranno a gestire le municipalizzate, incaricate in via esclusiva di erogare i servizi pubblici locali, come fossero dei feudi privati, riempiendole di figli, amanti, amici, cugini minus habens, ed altra inutile umanità. E a pagarne le conseguenze, more solito, saranno i contribuenti più disagiati.
La quarta, è che rinunciando al Nucleare si è fatto un favore alle cricche affaristiche, alla Mafia dei Messina Denaro e alle lobby dell’eolico e del fotovoltaico, che, avendo investito un bel mucchio di quattrini nelle “energie rinnovabili”, poco avrebbero gradito la concorrenza di un’ulteriore fonte “interna” d’approvvigionamento energetico; in quanto essa avrebbe assottigliato – e di molto – i loro munifici guadagni garantiti da una sorta di “condizione monopolistica”. Per non parlare del fatto che, con la medesima rinuncia, s’è scelto di continuare a pagare bollette oltremodo salate e di dipendere, da qui all’eternità dall’estero, perché le rinnovabili non bastano a garantire la nostra autosufficienza energetica..
La petitio principii è che Berlusconi resetti velocemente e radicalmente alcuni suoi comportamenti privati ma anche i troppi tentennamenti politici che risultano indigesti a moltissimi elettori di centrodestra a tal punto, che sono financo disposti a fare un danno a se stessi come dimostrano, ahinoi, Milano, Napoli e la valanga di si che ci ha messo inopinatamente in ginocchio.

E questi, domani, potrebbero governare l’Italia

dalli dalli

Milano, funerali del senatore Comincioli, presente l’amico di infanzia Silvio Berlusconi.

C’è un piccolo gruppo di contestatori.
A chi chiede loro chi siano, dicono che vengono da Bologna e che vanno ovunque per contestare il Cavaliere.
Anche ai funerali.
E il rispetto dei morti? Rispondono: “..ma non è mica morto un magistrato o un partigiano, quello era solo un servo del nano mafioso”.

Ci chiediamo esterrefatti , ma che razza di persona siete?

mercoledì 15 giugno 2011

I giovani tornano ad occuparsi di politica: lo hanno fatto alle elezioni amministrative e nei referendum


Termometro Politico, uno dei più seguiti siti di sondaggi ed analisi politica, elabora un esauriente disaggregato del voto sui 4 referendum abrogativi con un risultato che, come noto, è andato ben oltre le aspettative: quasi il 57% degli italiani sono andati a votare per cancellare le norme volute dal governo.
Il dato più impressionante a testimoniare questo nuovo corso è la “mobilitazione generale” di cui parla Lorenzo Pregliasco, caporedattore di TP, analizzando proprio i dati della distribuzione del voto incrociati con le intenzioni di preferenza politica alle elezioni.
Si scopre così che al voto referendario si sono recati anche in moltissimi fra quelli che dichiarano contestualmente di non votare alle elezioni: a testimoniare la trasversalità dei temi in discussione, più che il non interesse su di essi da parte dei cittadini di cui parlava il centrodestra.
Questi dati ci consegnano le prime basi per un’analisi approfondita del risultato, specie se incrociati a quelli relativi all’affluenza per partiti (sarebbero andati a votare il 45% degli elettori del Pdl, il 40% degli elettori della Lega, il 58% del Terzo Polo, il 78% del Pd, l’81% dell’Idv e il 75% di Sel, oltre a un sorprendente 25% di persone che si dichiarano intenzionate a non votare alle elezioni «normali»).

In sostanza, la mobilitazione è stata generale. Andando a curiosare sui dati per età e per livello di istruzione si scopre qualcosa di interessante.
A trainare il quorum sono stati i giovani, che si sono recati alle urne in percentuale maggiore rispetto a tutte le altre fasce d’età messe insieme. Oltre il 64% la percentuale degli under-24 che sono andati alle urne: un risultato davvero importante e che stacca di 10 punti quasi la percentuale media sulla quale si è assestato il dato finale dell’affluenza, che partendo dal picco dei giovani declina fino al relativamente scarso interesse degli ultra 65enni sui temi referendari. I dati dimostrano inoltre come l’alta scolarizzazione abbia fatto il paio con l’alta partecipazione.
Tra i segmenti più «difficili» e meno sensibili ai quesiti referendari – elettori di centrodestra, anziani, persone meno istruite – circa il 40% è comunque andato a votare, facilitando l’ampio superamento del quorum. D’altra parte, le dimensioni del risultato sono state rese possibili dal grande coinvolgimento dei giovani e degli italiani con livelli di scolarizzazione maggiori: e questa è a suo modo una notizia, se è vero che questi settori sembra stiano iniziando nuovamente ad impegnarsi in politica.

E adesso siano coerenti

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La stessa richiesta la rivolgiamo noi al sindaco Iseppi: fuori Hera dalla gestione idrica … e non ci venga a dire - come farà -che non ha i soldi per riprendersi l’acquedotto con annessi e connessi.

martedì 14 giugno 2011

Ma quali comitati !? I casolani, da tempo, sanno ragionare con buona autonomia anche nelle vicende politiche

solo il 57

C‘era in ballo un’idea di Paese

2776240538_f0859099eb_zIl centrodestra si chiama centrodestra perché si suppone faccia cose da centrodestra. Si immagina cioè, ma è pura fantasia a queste latitudini, che si batta per il mercato contro lo strapotere dello stato, che rivendichi la libertà e la responsabilità degli individui contro il paternalismo socialista, che tagli la burocrazia e riduca il potere degli apparati pubblici. Questo uno si aspetta: è poco, si dirà, ma è già qualcosa.

Il referendum di questi giorni è la perfetta fotografia del centrodestra moderno: insipido, arrendevole, culturalmente inesistente. Non c'era solo Berlusconi a giocarsi la faccia domenica e lunedì. C'era in ballo un'idea di paese, la competizione nella gestione dei servizi pubblici, la de-ideologizzazione delle politiche energetiche. C'erano cose per cui battersi, uscire allo scoperto, dire chi siamo, dove vogliamo andare e perché.

Questo governo è stato eletto per fare delle leggi e poi per difenderle . In verità senza troppa convinzione le ha fatte e poi ha alzato bandiera bianca quando un referendum le ha messe in dubbio. E' un problema di Berlusconi, del centrodestra, del Pdl e in ultima analisi del paese. Questa endemica incapacità di fare scelte (i tagli lineari, la libertà di coscienza sui referendum, le province mai abolite) è l'esatto contrario della buona politica e, ormai, si è fatta sistema.

Non aiuta, o almeno: non aiuta noi, pensare che Bersani si è rimangiato le sue lenzuolate e ha consegnato la golden share della sua coalizione a Vendola e Di Pietro. E non rende meno amara la sconfitta vedere Debora Serracchiani esultare in piazza senza rendersi conto che oggi sono morte tutte le speranze di avere un giorno una sinistra blairiana.

Non serve a niente, perché abbiamo perso. E abbiamo perso a causa di un partito e di un leader che hanno dimostrato la personalità, la lungimiranza e l'incisività di uno struzzo. Staccate la spina.

Sono tornati i bei tempi

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lunedì 13 giugno 2011

Referendum 2011: l’affluenza al voto in provincia di Ravenna

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E adesso?

pict002Il raggiungimento del quorum sui referendum rappresenta una sconfitta per il centrodestra. Parliamoci chiaro, si tratta di una batosta, e non nascondiamoci dietro ad un dito: è una batosta pesantissima. Non per le norme oggetto di referendum, perché nulla cambierà. Ma la nostra è una sconfitta culturale. Una disfatta senza precedenti.

La sinistra e tutto il mondo dell’antiberlusconismo sono stati capaci di mettere in campo una devastante e poco gioiosa macchina da guerra. Una macchina che ha fatto della disinformazione e della mistificazione la propria arma letale. Perché loro stessi, da Di Pietro a Bersani, non condividevano affatto il sì ai referendum. Ma in nome dell’antiberlusconismo, e facendo leva su altri sentimenti, sono riusciti a convincere gli italiani a votare sull’acqua “bene comune”, quando l’acqua “bene comune” non è mai stata messa in discussione. Eppure ce l’hanno fatta. I referendum da 16 lunghi anni non ottenevano il quorum, oggi sì. E’ un risultato straordinario.

Il centrodestra non è stato capace di rispondere a questa macchina da guerra. Per manifesta incapacità, inferiorità e per paura. Per timore di perdere, un timore che è diventato convinzione e certezza. Il centrodestra ha preferito non giocare la partita, scegliendo preventivamente di battere in ritirata, stando al riparo di una inefficace campana di vetro.

E così il centrodestra ha lasciato “passare” ogni mistificazione della sinistra. Ha permesso di far credere che si votasse sull’acqua “bene comune” e contro il nucleare dipinto come la peste nera. Un errore madornale, ma espressione di una nostra oggettiva incapacità di veicolare contenuti di peso.

Diciamoci la verità. Questo risultato è la certificazione di un fatto: il centrosinistra, il mondo dell’antiberlusconismo, sono la maggioranza nel Paese. Non sappiamo se “elettorale”, ma indubbiamente “culturale”. La supremazia è netta, evidente, disarmante. Il centrodestra ha fallito in uno dei compiti più importanti: quello di costruire una società basata sulla riorganizzazione dello stato su basi liberali che si sarebbe dovuta accompagnare alla necessità imprescindibile di dare forza e consistenza ad un’area culturale alternativa alla sinistra di cui questo paese avrebbe un bisogno estremo. E adesso?

sabato 11 giugno 2011

Questa volta no

15-16 Giugno 2003: quando i DS, oggi PD, non andarono a votare.Non andare a votare per i referendum è del tutto legittimo.  Per questo respingiamo fermamente anche gli ultimi tentativi di far passare quei cittadini che non si recheranno alle urne come dei fuorilegge.

Molti di noi non andranno a votare riaffermando così la propria volontà di non adeguarsi al vero scopo dei partiti di sinistra che sperano che questo referendum diventi lo strumento per la caduta del governo.
Infatti i quesiti referendari sono stati volutamente caricati di significati politici che stanno snaturando la consultazione trasformandola in un referendum pro o contro il governo ben oltre i contenuti specifici.

Per una volta non siamo d’accordo con il presidente Napolitano: se, com’egli dice, andare a votare al referendum vuol dire fare il proprio dovere, facciamo sommessamente e rispettosamente notare che anche noi faremo il nostro dovere astenendoci dal voto insieme ad una auspicabilmente numerosa schiera di italiani.

Ci conforta molto in questa circostanza l’ineffabile D’Alema che, non più memore del suo comportamento nel 2003, dichiara: "Se si è contrari a un quesito referendario ci si batte per il no e non per stare a casa. E' un messaggio brutto e di debolezza".
Ecco, appunto.

Le perplessità di un uomo onesto

4333911869_99eea2f400_oIl quesito sul nucleare sembra scompaginare le posizioni politiche in schieramenti trasversali pro e anti. Umberto Veronesi, scienziato di fama internazionale, finora non è voluto intervenire nel dibattito.

Professore andrà a votare?
«… Sono perplesso per solidarietà con gran parte del mondo della ricerca, che non voterà come forma di protesta…».

Ma il nucleare è di destra o di sinistra?
«Né l'una né l'altra … la sinistra ha dimenticato che " l'atomo per la pace" è stato una sua bandiera, che i primi impianti nel dopo guerra sono sorti nelle repubbliche popolari dell'Europa dell'Est, nella Svezia socialista e nella Francia di Mitterand. Ora invece è di destra…».

Il referendum, dice il presidente Giorgio Napolitano, è strumento sacrosanto di espressione della volontà dei cittadini. L'astensione non ne mina i principi?
«… Questo referendum, così accorpato ad altri quesiti, avverrà in un clima in cui l'espressione del pensiero dei cittadini rischia di essere in parte viziata. La scelta energetica per un Paese è scelta di indipendenza economica. Bisogna valutarne con lucidità tutte le implicazioni perché dire sì o no significa scegliere un futuro per i nostri figli e nipoti, che fra alcuni decenni saranno di fronte al dramma della carenza di energia … ».

Eppure il nucleare evoca spesso la paura di qualcosa di incontrollabile.
« … Resto convinto che, anche nella decisione di non costruire nuove centrali, sarebbe grave per il nostro Paese fermare la ricerca sul nucleare e sulla sua sicurezza, come il resto del mondo continua a fare ».

Il Corriere della Sera (Mario Pappagallo) – 10/06/2011

venerdì 10 giugno 2011

Guarda un po’, a Milano l’acqua costa 115,36 euro all’anno mentre a Ravenna 414,70 euro.

acquaFederconsumatori ha presentato l’indagine nazionale sui servizi e le tariffe idriche.
Dai dati riferiti alle 93 città campione emerge che nel 2010, per un consumo annuo pari a 200 m3 (ovvero il consumo medio di una famiglia tipo) si è pagato mediamente 310,99 euro l’anno.
La città in cui l’acqua risulta più economica è Milano, con una bolletta annua di 115,36, la più cara, invece, è Firenze dove per la stessa quantità di acqua si spendono 478,05 euro. Anche a Ravenna, tuttavia, l’acqua è piuttosto salata. Sempre prendendo a riferimento i consumi di una famiglia tipo (200 m3), il capoluogo si piazza al 17° posto nazionale, guadagnando la testa della classifica regionale. La bolletta media annuale in quel di Ravenna è - secondo le rilevazioni di Federconsumatori - pari a 414,70 euro (2,07 euro al m3).

Al totale della bolletta concorrono 5 diverse componenti: la quota fissa, il costo del servizio acquedottistico; il costo del servizio di fognatura, il costo del servizio di depurazione e l’IVA (pari al 10% dell’imponibile).
A Ravenna, come nella maggior parte delle città emiliano-romagnole, il peso del servizio acquedottistico è superiore al 50% del costo totale. Su di una bolletta media annuale di 414,70 euro a Ravenna abbiamo questi singoli costi dei servizi: 10,55 euro di quota fissa, 240, 28 per l’acquedotto, 30,91 per la fognatura, 95,28 di depurazione e 37,70 di Iva.
La bolletta media del 2010 a livello nazionale si è rivelata più cara, rispetto al 2009, del + 6,85%. A Ravenna, tuttavia, l’incremento è stato superiore alla media toccando il 7,74% (peggio hanno fatto Cesena e Forlì con l’11,75%, Parma +10,25% e Bologna +7,83%).

Per consumi annui pari a 100 metri cubi (quello di un single o di una coppia di pensionati con consumo moderato) la bolletta media nazionale è di 137,07 euro l’anno. In questa classifica Ravenna si piazza al 22° posto con una tariffa media di 165,39 euro (1,65 al m3) facendo meglio di Parma e di Forlì-Cesena (178,98 euro di bolletta media annuale).

L’indicazione che noi diamo agli elettori che si riconoscono nel Popolo della Libertà è quella di rigettare le proposte conservatrici dei referendari non partecipando al voto per invalidare alla radice una consultazione strumentale e sbagliata.

Sulle energie alternative ci raccontano delle favole

pict002Con il referendum dell’8 e del 9 novembre 1987 l’Italia fece il colossale errore di abbandonare l’energia nucleare. La legge 8/1983 che quel referendum abrogava, tendeva ad assicurare contributi finanziari alle amministrazioni locali che accettavano l’insediamento di centrali nucleari. Quel sì al referendum, quindi, non comportava necessariamente lo stop al nucleare. Perciò, tale scelta è da ascrivere a una classe politica vile che si fece sopraffare dall’ondata emotiva post-Chernobyl che alimentò la demagogia verde, con il Pci che mutò posizione rispetto al nucleare anche perché avvalorarne la pericolosità significava scagionare il sistema sovietico a cui aderiva.

In ogni modo, la scelleratezza di quella scelta è riscontrabile facendo il raffronto tra Europa Occidentale e Italia in merito al contributo percentuale delle varie fonti energetiche alla produzione elettrica. La prima vede un 52,5% di energia fossile contro l’82% dell’Italia, un 15% dell’idroelettrico contro il 12% dell’Italia, il 5% di rinnovabili contro il 6% dell’Italia e il 27,5% di nucleare contro lo zero dell’Italia.

Gli antinuclearisti ci raccontano favole sull’eolico e il fotovoltaico. Peccato che il primo contribuisca a poco più dell’1% della nostra produzione di energia elettrica, mentre il secondo allo 0,04%. E il tutto con incentivi pubblici da capogiro. Gli ambientalisti ci raccontano sempre che il sole, è una fonte di energia gratuita e inesauribile. Peccato che ciò che conta per una fonte di energia è la potenza, che è data dal rapporto tra quantità di energia trasferita e tempo di trasferimento. E in questo, sia l’energia solare, sia quella eolica possono dare contributi trascurabili. Facendo un raffronto tra nucleare ed energie rinnovabili, con cui si vorrebbe coprire il 10% del fabbisogno elettrico nazionale (4 Gigawatt di potenza), l’esperienza con i parchi eolici del mondo ci dice che la potenza erogata è 1/6 di quella installata, per cui dovremmo installare in un territorio di almeno 2000 chilometri quadrati circa 24000 (6X4000) turbine, che rimarrebbero in esercizio per meno di 20 anni, al costo di 1 milione di euro l’una (24 miliardi di euro totali), mentre la stessa energia verrebbe prodotta da 4 centrali nucleari che rimarrebbero in esercizio per ben 40 anni, al costo di 2,5 miliardi di euro l’una (10 totali), in 1 chilometro quadrato totale di estensione.

Riguardo al fotovoltaico, per produrre il 10% del nostro fabbisogno energetico, ossia 4 Gigawatt annui, dovremmo installare pannelli solari in un territorio di almeno 200 chilometri quadrati, che rimarrebbero in esercizio per meno di 20 anni, al costo totale di 240 miliardi di euro, dato da 4 Gigawatt di energia elettrica annua moltiplicata per 60 miliardi di euro. E con i pannelli solari che richiederebbero una pulizia costante e assai costosa ogni settimana, senza dimenticare quanto sia inquinante il processo di smaltimento dei pannelli una volta dismessi. Quanto alle scorie radioattive, ammettiamo che l’intero fabbisogno elettrico italiano (40 Gigawatt) venga coperto dal nucleare. Questo genererebbe un quantitativo di combustibile spento per un volume annuo di 100 metri cubi di rifiuti, problema del tutto trascurabile se si tiene conto che ogni anno l’Italia affronta con successo (tranne a Napoli e Palermo) il problema della gestione di 50 milioni metri cubi di rifiuti solidi urbani e 5 milioni metri cubi di rifiuti tossici. Di questo combustibile, il 95% è U-238, che non è rifiuto prodotto, in quanto presente naturalmente sulla terra ed estratto dal sottosuolo. È quasi stabile e non crea alcun pericolo. Le scorie propriamente dette sarebbero il 5% rimanente, ossia 5 metri cubi all’anno. Inoltre, a differenza di quelli tossici i rifiuti radioattivi tendono a perdere pericolosità man mano che decadono. I detrattori del nucleare lamentano il fatto che ciò accade nel giro di diversi secoli, salvo trascurare il fatto che i rifiuti tossici la loro pericolosità la mantengono per sempre. In ogni modo, i rifiuti radioattivi vengono inglobati in manufatti solidi stabili. Per quelli a bassa attività che non sviluppano calore si usano matrici di calcestruzzo, mentre quelli ad alta attività che sviluppano calore sono miscelati con materiale vetroso fuso, che una volta solidificato diventa una matrice vetrosa, dura come la roccia, infrangibile, insolubile e a prova di corrosione. Quando è ancora allo stato fuso, la miscela viene versata in appositi contenitori sigillati d’acciaio inossidabile, anch’essi a prova di corrosione. Gli effetti radiologici all’esterno di depositi costruiti appositamente con criteri di sicurezza sono nulli. I timori a riguardo sono del tutto fuori luogo, specie considerando che un distributore di carburante di città distribuisce in un giorno dosi di veleni quante un deposito superficiale di rifiuti radioattivi non ne distribuirà in 300 anni e che nessuno trova alcunché da dire quando una qualsiasi cisterna contenete liquido infiammabile passa per un centro cittadino.

A dire il vero, il quesito referendario prevede una sorta di stop alla definizione e all’attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, il che significa che non avrebbe il potere di bloccare per sempre l’adozione del nucleare in Italia, ma lo stesso discorso valeva per il referendum del 1987. Oggi come allora, la vittoria dei sì verrebbe presa a pretesto per rinunciare al nucleare nell’illusione che saranno l’eolico e il fotovoltaico a salvarci, quando l’unico sole che ci può salvare è quello che invoglia gli italiani ad andare in spiaggia e disertare così le cabine elettorali.

Carlo Zucchi La Voce del 10/6/2011

Per queste ragioni l’indicazione che noi diamo agli elettori che si riconoscono nel Popolo della Libertà è quella di rigettare le proposte conservatrici dei referendari non partecipando al voto per invalidare alla radice una consultazione strumentale e sbagliata.

giovedì 9 giugno 2011

Il terrorista che piace ai cattivi maestri

per la libertà di Battisti

Cesare Battisti, dunque, non sconterà i suoi ergastoli da assassino in Italia né in alcun’altra parte del mondo. Il Brasile nelle sue supreme istanze, prima quella politica poi quella giudiziaria, ha confermato che non darà l’estradizione per questo terrorista mai pentito. Sarà il caso di pensare un momento ai soggetti di questa vicenda. Lasciamo perdere Battisti, la cui foto con il sorriso sfottente sulle labbra è un manifesto dell’odio impunito, interessiamoci di chi lo tutela e lo ha tutelato.

1) I cattivi maestri italiani e francesi. Gli intellettuali di rango per anni hanno guardato con sommo apprezzamento alla colonia di latitanti brigatisti e simili traslocati a Parigi. Per decenni abbiamo letto e visto servizi giornalistici che ritraevano i vari Scalzone e Toni Negri (l’unico che alla fine si è consegnato in Italia) come veri e propri guru. Pietrostefani, condannato per l’omicidio Calabresi, è riparato di là dal confine e non è che si sia scatenata una campagna perché pagasse il suo debito con la giustizia. Questi intellettuali medesimi che minacciano tutte le volte di volersi esiliare dall’Italia berlusconiana, hanno sempre trovato magnifico l’ambiente parigino che consentiva questa dittatura dell’impunità assassina.

2) I politici di sinistra di tutte le parti del mondo alla fine obbediscono al riflesso condizionato teorizzato da Lenin: mai nemici a sinistra. Ingraziarseli. Dimostrare che una volta al potere garantiscono comunque la creazione di un porto franco per qualsiasi compagno che sbaglia. Il caso di Lula è lampante. Nessuna persona onesta intellettualmente può ritenere giusto che le vittime di efferati delitti, dinanzi a prove indiscutibili, non ottengano giustizia. Eppure si è preferito trattare l’Italia che si è opposta con successo, e senza violazione di diritti umani, alle bande terroristiche come un Paese che non rispetta le prerogative degli imputati (di sinistra, ovvio).

3) I vari politici che hanno addirittura accompagnato a suo tempo le campagne elettorali di Lula e del suo movimento politico non si permettono neanche di scalfire l’immagine dei nuovi leader brasiliani, tipo Dilma Roussef. Non troverete mai, da nessuna parte o in qualche dichiarazione, una critica ai sodali brasiliani del Partito democratico. Peraltro neanche ai giudici brasiliani, guai a parlar male delle toghe in pubblico, di qualsiasi galassia siano… Anche i giornali, al di là di generiche professione d’amarezza, tirano le conseguenze politiche di quanto sta accadendo: un governo di sinistra sta proteggendo un terrorista rosso.

Punto e a capo. Ma si spera non finisca qui.

mercoledì 8 giugno 2011

Nicola Rossi, “l’economista di D’Alema”, non ha dubbi: un errore appoggiare i referendum. Si baratta la spallata con il futuro dell’Italia

spallataNicola Rossi, caso unico nella storia, senatore dimissionario del Pd, (ma il Senato respinse le dimissioni), conosciuto un tempo come “l’economista di D’Alema”, sul referendum parla chiaro: un errore appoggiarli: «Sotto questi sì ai referendum il Pd fa scambi di piccolo cabotaggio: baratta un risultato politico di oggi - la spallata a Berlusconi - contro un obiettivo futuro di crescita del Paese».

Una decisione, quella del Pd che conferma la sua ipotesi: «sono stati riformisti per tattica». Nessuna contraddizione, spiega, con le famose lenzuolate di Bersani: «le scelte della fine degli anni`9o a favore di liberalizzazioni e privatizzazioni furono tattiche. Non a caso, si parlò di riformismo dall’alto perché la sinistra non fece nulla per alimentare quella che era una svolta culturale profonda né per spiegarne le ragioni e creare consenso in una base che era ostile». Il riferimento agli anni ’90, secondo Rossi, è obbligatorio. Perché allora si parlava di «cose serie», «di energia, di gas». Nella seconda fase, «si passò ai farmacisti e taxisti. Ma così le liberalizzazioni sono diventate un modo per differenziare l`elettorato: colpire quello di centro-destra e tutelare l`altro». Sui quesiti sull’acqua, poi, Rossi non ha dubbi. Rappresentano «la fine del processo di liberalizzazione, un altolà al mercato». Al contempo, mostrano la vera natura del Pd, che si mostra «coerentemente socialdemocratico».

Si tratta di un problema enorme perché «se siamo cresciuti poco in questi ultimi 15 anni molto è dovuto all`assenza di liberalizzazioni e di mercato» e i referendum spingono proprio in questa direzione. La questione sulla privatizzazione dell’acqua, inoltre, è fuorviante. «non c’è scritto da nessuna parte. Un conto è la proprietà un conto è la gestione». Nessuno, inoltre, «ha spiegato che la rete idrica è largamente inefficiente al Sud e che tra alcuni anni serviranno investimenti nell`ordine di decine di miliardi». Ovvero, «tasse per i cittadini». Lo scopo del sostegno ai referendum da parte del Pd? «il sì sul legittimo impedimento».

da Il Sole 24ore del 7/6/2011

Anche Matteo Renzi riconosce l’inconsistenza del secondo referendum sull’acqua

Matteo-Renzi-acqua-300x225A pochi giorni dal referendum del 12 e 13 giugno a dare ulteriore materia di discussione politica arrivano le dichiarazioni di Matteo Renzi. Il primo cittadino di Firenze, dopo aver manifestato qualche dubbio nelle scorse settimane, ha infatti reso nota la sua intenzione di votare No al secondo quesito referendario, avente per oggetto la possibilità per i gestori del servizio idrico di caricare sulla bolletta un costo ulteriore fino al 7% in modo da avere profitti garantiti.

Insomma, sulla scheda di colore giallo Renzi opterà con decisione per il No, con una scelta che di fatto rompe la grande compattezza con la quale l’intero centrosinistra sembrava approcciarsi ai temi del referendum. Un “effetto collaterale” che non sembra preoccuparlo più di tanto, dal momento che, come dichiarato al Fatto, “quella che si vuole abrogare è una legge del 2006, Governo Prodi e firmata dal ministro Di Pietro, dovevamo riflettere allora. Come dissi anche io che non ero da un’altra parte, ma nel Pd. Oggi quella legge mi comporterebbe andare a chiedere qualcosa come 72 milioni di euro ai fiorentini, e non posso permettermelo”. Poco importa se una posizione del genere potrebbe causare qualche grattacapo ai democratici, perché “io continuo sulla strada della coerenza e se il Pd cambia idea a seconda del vento che tira non è un problema mio”.