giovedì 28 aprile 2011

Ma la sinistra non era contraria alla privatizzazione dell’acqua? E intanto per Hera è sempre festa

faccia di bronzo

Ha ragione l’UDC di Lugo: Hera è un soggetto privato a maggioranza pubblica che fa business come un privato puro.

Ci vuole una bella faccia di bronzo a urlare “fuori il privato dall’acqua” e poi difendere spudoratamente questa potente multiutility che, mentre finanzia l’intero sistema di potere del PD in Emilia Romagna, si cura assai poco della ricaduta economica delle tariffe e dei servizi sulle famiglie.

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mercoledì 27 aprile 2011

Due feste, un solo marchio che non rispetta né i liberatori dell’Italia né i lavoratori

granaroloCome tutti gli anni il 25 aprile una delegazione del Popolo della Libertà di Faenza accompagnata dal Consigliere regionale Gianguido Bazzoni si è recata a rendere omaggio ai caduti Alleati nel cimitero di Santa Lucia. Un appuntamento molto sentito questo dagli azzurri faentini che tradizionalmente onorano da almeno quindici anni con un saluto composto e accorato, pieno di gratitudine, rivolto a chi ha dato la vita in terra straniera per regalarci la libertà e renderci un popolo libero.

Allo stesso tempo in quel di Granarolo Faentino, campeggiava sopra ad un cippo commemorativo uno striscione con su scritto “25 aprile – 1 maggio”, mettendo in scena, in questo modo la “grande marcia”, l’espressione più retriva del Kitsch politico, accorpando eventi, idee e bandiere, mettendo assieme la liberazione di una nazione con la giornata dedicata ai lavoratori: accomunano in una totale confusione di idee e di ideali bandiera rossa e tricolore, sognando forse un 25 ottobre 1917 scambiandolo con un 25 aprile 1945.
Un’ idea degna di un “Peppone” qualunque e qualunquista che volontariamente crea una confusione inaccettabile ed indecorosa che non porta rispetto né ai liberatori dell’Italia né ai lavoratori.

Raffaella Ridolfi
Capo Gruppo Pdl - Consiglio Comunale di Faenza

martedì 26 aprile 2011

Qualcosa sul 25 Aprile

pict002Ieri si è svolta a Casola, come in tutta Italia la festa della Liberazione; curiosamente, a differenza del passato la cerimonia non è stata pubblicizzata, né con manifesti istituzionali né con la pubblicazione nel sito del Comune. L’unico intervento informativo è stato quello del PD che con manifesti e presenze online ha marcato l’evento con il proprio emblema, come del resto avviene da oltre mezzo secolo. A riprova che continuano a fare di tutto per rendere questa celebrazione un evento di parte.
E’ probabile che la concomitanza della festa di primavera e delle elezioni amministrative abbia suggerito al sindaco di mantenere un profilo basso e questa sembrerebbe la ragione per la quale non ha preso la parola a differenza dei sui colleghi di Ravenna e di Faenza che invece hanno commemorato la giornata.
Senza alcuna spiegazione che ne precisasse meriti attinenti e titoli correlati, è stata chiamata a parlare la ricercatrice universitaria del dipartimento di filosofia di Parma Federica Montevecchi che non ha impiegato molto tempo a spazzare via in tre parole tutta la faticosa opera di revisione storica che è stata condotta in questi anni sulla guerra civile degli italiani dal 1943 al 1945 e a far ben capire agli astanti da che pulpito politico venisse l’orazione.
Lo ha fatto con una tale supponenza ideologica da lasciare interdetti e amareggiati quelli di noi che non si riconoscono nella lettura del movimento resistenziale ricostruito dalla storiografia comunista e sperano e lavorano affinché prevalga prima o poi una lettura critica ben più equilibrata e misurata.
Per la verità noi avevamo preso parte alla celebrazione più che consapevoli che avremmo dovuto sorbirci almeno uno o due passaggi della consueta propaganda contro il governo in carica cosa che del resto era avvenuta persino nell’intervento molto politicizzato di Iseppi in occasione delle celebrazioni per l’Unità d’Italia. Allora avevamo lasciato correre ma questa volta l’occupazione dell’evento istituzionale da parte di un unico pensiero politico è stata così marcata da giustificare e rendere condivisibili persino quelle tesi che propendono per una rilettura della festa della liberazione nazionale.

Si arrabbiano molto quando li si chiama comunisti, talvolta qualcuno di loro si arrabbia pure se li si chiama socialisti, ma sono proprio questi modelli comportamentali che rendono le posizioni del Partito Democratico così ambigue agli occhi delle nuove generazioni e così indigeribili alla maggioranza degli italiani.
Occupare la cultura della nazione, costruire la storia dei vincitori a scapito e spregio di quella dei vinti, demonizzare l’avversario e se possibile condannarlo alla morte civile era ed è una prerogativa delle dittature del novecento che hanno insanguinato l’Europa e l’Italia.
E’ con le parole e con i fatti che gli amici del PD devono dimostrare di essere diventati altro dall’ideologia di sangue e di morte da cui i loro padri sono partiti. Ma questi comportamenti, ancora, non ci restituiscono né le parole né i fatti.

mercoledì 20 aprile 2011

Piazza San Marco ridotta a un suk dopo lo stop della Consulta alle ordinanze sulla sicurezza

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Da diversi giorni, a Venezia, è scoppiata quella che potrebbe definirsi una guerra “tra poveri”. Da un lato ci sono gli ambulanti che, da sempre, con le loro colorate bancarelle di souvenir e oggetti “attira-turisti” di ogni tipo, stazionano nei luoghi più battuti dai visitatori. Che, a frotte, quotidianamente prendono d’assalto la città lagunare. Dall’altro c’è l’esercito degli abusivi “multicolore” che si accontentano di un pezzetto di strada - giusto lo spazio necessario per poter stendere un lenzuolo bianco - per esporre la loro mercanzia contraffatta.

Il teatro di guerra è il cuore pulsante di Venezia, in particolare Riva degli Schiavoni. Uno dei punti nevralgici e di maggior passaggio cittadino, visto che si trova a pochissimi passi dal Ponte dei Sospiri, Palazzo Ducale e Piazza San Marco. I commercianti protestano perché, a detta loro, i vu cumprà in questione gli porterebbero via - e ormai da anni - la gran parte dei guadagni e, in aggiunta, ogni giorno violano le leggi e dribblano i divieti più banali. Inoltre, alla faccia delle continue multe che collezionano e che non pagano (sono nullatenenti), ogni giorno - imperterriti - si rimettono a vendere borse e oggetti falsi. La tensione negli ultimi giorni si è, però, acuita in concomitanza con la bocciatura da parte della Consulta delle ordinanze del sindaco (le cosiddette “anti-borsoni”) che vietavano agli abusivi di girare indisturbati tra le calli, vendendo merce falsa d’ogni tipo. Merce che, appunto, viene tirata fuori da borsoni che gli extracomunitari hanno sempre con sé.

E così, dopo essersi ben organizzati, gli ambulanti hanno cominciato la loro battaglia con l’obiettivo di impedire ai vu cumprà di lavorare. Hanno letteralmente invaso Riva degli Schiavoni con bancarelle chiuse e decine di banchetti messi di traverso per far in modo che l’esercito degli abusivi non avesse spazio per stendere i lenzuoli Il tutto sotto gli occhi di increduli turisti che, giunti in città per le vacanze pasquali, hanno assistito alle proteste degli uni e agli insulti degli altri senza poter far nulla, se non cambiar velocemente strada. Per raggiungere così i monumenti. «È mai possibile assistere ogni giorno a simili spettacoli senza far nulla? È forse degno di una città come Venezia?» si domanda uno dei commercianti a capo della rivolta «oltre a una città invasa dall’abusivismo commerciale, qui se nessuno farà nulla c’è anche il rischio per l’incolumità dei passanti ». I commercianti, all’unisono, chiedono una regolamentazione nuova - qualcuno di loro ipotizza che vi siano non soltanto delle normative locali, ma una vera e propria legge nazionale che imponga regole ferree e dirima una volta per tutte la delicata questione - e la presenza costante di forze dell’ordine che tutelino gli operatori del territorio.

Dopo un primo momento di sbandamento seguito all’inattesa decisione della Corte Costituzionale che ha mandato in soffitta l’ordinanza anti-borsoni, il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni (centro sinistra), non si è perso d’animo ed è passato al contrattacco. Dicendosi pronto, entro pochi giorni, a varare una nuova ordinanza anti-borsoni. E a liberare la città dall’invasione quotidiana dei vu cumprà che, da qualche anno a questa parte, hanno trasformato Venezia in un vero e proprio suk a cielo aperto. «La giunta» ha precisato il primo cittadino, «ha dato il disco verde alla modifica del regolamento comunale nel quale inseriremo gli strumenti idonei a prevenire tutto ciò che oggi disturba la vita della città. Abbiamo già chiesto l’approvazione da parte del consiglio comunale che arriverà, al massimo, entro pochi giorni».

Benedetta Vitetta - 20/4/2011 - Libero

martedì 19 aprile 2011

E noi che pensavamo che fosse solo una nostra “virtù”

pict002Con l’approssimarsi delle elezioni - preferibilmente quelle amministrative ma talvolta anche le politiche - era ed è ancora consuetudine nel nostro Comune mettere mano ad un intenso lavoro di maquillage di strade, parchi, giardini per mostrare le realizzazioni dell’amministrazione in carica e aiutare così l’elettore, a pochi giorni dal voto,  a fissare bene nella memoria i meriti del partito. In periodi di vacche grasse era un gran tramestio di asfalti, di fioriere, di porfidi, in anni magri ci si dava dentro con vernici e rigature stradali: quel che è certo è che la chiamata alle urne mobilitava sempre la casa comunale in un attivismo non ordinario.

In tempi molto lontani il sindaco Rossini, a capo di una amministrazione ancor più povera di quella attuale e per questo sempre alle prese con cittadini grati per i modi, ma perplessi sulle realizzazioni (adesso sono solo perplessi),  fiutava le elezioni come un cane la trifola e impegnava ogni risorsa e ogni conoscenza politica per raggranellare qualche lira per queste opere elettorali. E ci riusciva.

Noi giovani (allora) pensavamo che quel modo di fare politica fosse un po’ rozzo e molto paternalistico, che il giudizio degli elettori fosse più articolato, riguardasse l’intero quinquennio di mandato, avesse a che fare con gli impegni programmatici, non potesse racchiudersi insomma in un belletto di maniera.
Naturalmente ci sbagliavamo, tanto è vero che questa consuetudine delle opere “elettorali” è rimasta nel tempo e ancora oggi, quando le urne si avvicinano e i lavori fioriscono, più che la voglia di denunciare “la solita presa in giro” (come direbbe il giornalista), trova spazio solo l’emergere malinconico del tempo e dei ricordi. E così, quasi sempre, lasciamo correre pensando alla relatività delle cose.

Ma nel vedere ora che anche la grande città, il nostro capoluogo Ravenna, ben più ricco e dotato di quanto potrà mai essere il piccolo comune di Casola Valsenio, si appropria di una nostra “virtù”, quella del belletto necessitato, dell’opera tirata su alla belle meglio, del finto restyling, ci rimaniamo molto male quasi che ci sentissimo espropriati di un diritto nostro che la condizione di minorità ci riconosce e ci attribuisce. Quasi che, quella che da noi è una virtù virgolettata, in mano loro diventasse un vero affronto al buon senso e alla miseria e che rappresentasse uno schiaffo insopportabile alle differenze. Per questo glielo diciamo chiaro a quelli di Ravenna: non ci provate!

lunedì 18 aprile 2011

18 Aprile 1948, un giorno da ricordare

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Il 18 aprile fu giustamente definito una seconda Lepanto, in quanto se Lepanto ha impedito ai musulmani di invadere l'Europa, il 18 aprile ha impedito ai comunisti di conquistare l'Italia. Quante analogie fra i tempi che viviamo e l'aprile del 1948! Se il 25 aprile del '45 segnò la fine del nazifascismo per l'opera determinante delle truppe anglo-americane e dei resistenti, il 18 aprile del '48 fu la data in cui, con il voto, l'Italia decise per la democrazia e la libertà, sconfiggendo il pericolo frontista. Come non sottolineare l'intelligenza politica, la lungimiranza ed il coraggio di Saragat, il quale si staccò da un partito socialista, ormai succube del Pci, per dar vita ad un socialismo liberale e democratico. Sessanta tre anni sono passati da quel 18 aprile 1948, quando, alle prime elezioni dell'Italia repubblicana, i partiti del centro-destra ottenevano il 48,5% dei suffragi, battendo di oltre diciassette punti la lista di Unità Popolare, formata da Pci e Psi. Il significato della vittoria del 18 aprile va sicuramente al di là del pur considerevole risultato ottenuto dalla Dc, e supera di gran lunga la sigla stessa, sotto la quale tutti quei consensi vennero raccolti. Il 18 aprile del 1948, infatti, non vinse la Dc, ma vinse l'Italia, vinse un'Italia che aveva capito che consegnarsi in mano al Pci di Togliatti, proprio mentre in tutta l'Europa dell'est i partiti comunisti obbedienti a Stalin costituivano Repubbliche popolari dipendenti dall'Urss, significava diventare schiavi di Mosca. Il 18 aprile vinsero i Comitati Civici, creati pochi mesi prima, che, forti di trecentomila volontari e di ventimila comitati elettorali, intrapresero una politica anticomunista e organizzarono una campagna elettorale nella quale risultò evidente, attraverso slogans e manifesti, che la posta in gioco era la salvezza del Paese dal comunismo. Vinse uno spirito di «crociata» in difesa della civiltà, un anno prima della scomunica lanciata da Pio XII, il 28 giugno del 1949, nei riguardi dei cristiani che aderivano alle dottrine del comunismo e che collaboravano con movimenti comunisti, e undici anni dopo l'enciclica Divini Redemptoris di Pio XI che aveva definito il comunismo «intrinsecamente perverso».

Siamo tutti figli del 18 aprile 1948, perché quel giorno fu il popolo vero, fu l'Italia profonda, dal nord al sud, che seppe difendere, unita, un patrimonio comune di valori ereditato nei secoli; perché quel giorno il nostro popolo seppe dire «no» ad una ideologia che, se avesse vinto, avrebbe portato in Italia il terrore rosso che già aleggiava sui Paesi dell'est europeo, consegnati a Stalin dagli accordi di Yalta; perché, infine, il 18 aprile non vinse, come invece troppo comunemente si crede, il partito che ci avrebbe portati verso il cattocomunismo e la partitocrazia. La storia della Dc non è la storia delle elezioni del 18 aprile: è un'altra storia. Forse è proprio per questa diversità di storie che la Dc, fino alla caduta del Muro di Berlino, non ha mai voluto celebrare quella data. Certamente, una delle cause della sconfitta del Fronte popolare è da ravvisare nella levatura politica e morale di uomini come De Gasperi, Saragat, Einaudi. Fu così che i moderati contribuirono a salvare la democrazia e la civiltà del nostro Paese; mentre presuntuosi intellettuali di sinistra predicavano la via della caverna e, ciechi di fronte ai crimini di stampo leninista-stalinista, iniziavano la loro triste marcia dentro il comunismo. Un'analisi di mezzo secolo di storia italiana che potrà contribuire a far luce sul significato politico e culturale di una data troppo importante per essere dimenticata, forse, un po' troppo scomoda, dopo che gli sconfitti di ieri vorrebbero diventare i vincitori di oggi, anche grazie alla connivenza ideologica o alla poca accortezza di chi, allora, non seppe o non volle capire fino in fondo il senso ultimo di quel 48,5% di consensi. Le istituzioni dovrebbero ricordare con gratitudine i protagonisti di quell'evento: Alcide De Gasperi, Giuseppe Saragat, Luigi Einaudi, Randolfo Pacciardi, che affermarono i valori della democrazia, della libertà, dell'atlantismo, dell'europeismo e dell'Occidente, valori che sono ancora attuali ed irrinunciabili. Quella del 18 aprile 1948 non fu una delle consuete competizioni elettorali tra differenti forze politiche, ma una scelta di civiltà fra due opposte concezioni del mondo: fra un'Italia profondamente legata alle proprie radici nazionali, religiose e civili, ed una parte del Paese plagiata dall'utopia marxista-leninista; un'utopia che proprio nella primavera dello stesso anno portava con un golpe i comunisti al potere a Praga e forniva l'ennesimo saggio di brutalità nell'Europa dell'est con la defenestrazione del socialista Masarik. Le elezioni del 1948 segnarono anche negativamente l'egemonia del Partito Comunista Italiano nello scenario della sinistra nazionale. Il clima da guerra civile di quegli anni, le aspettative dei comunisti italiani nei confronti dei partigiani comunisti jugoslavi di Tito, che avanzavano nell'Italia orientale, e l'eliminazione sommaria da parte comunista dei partigiani non comunisti e di tanti innocenti subirono un duro colpo.

Rodolfo Ridolfi
del Coordinamento Regionale del PDL

Basta carta igienica da casa. Le scuole statali non devono chiedere soldi alle famiglie

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Nell'anno scolastico 2010/2011, il Miur ha incrementato di 685 milioni di euro le risorse a disposizione delle scuole statali:
+223 milioni per il funzionamento,
+41 milioni per gli straordinari resi dai docenti per le supplenze,
+191 milioni per il miglioramento dell'offerta formativa,
230 milioni di finanziamento straordinario per debiti precedenti.

Il Ministero chiarisce che "le istituzioni scolastiche non hanno ragioni e titolo per chiedere contributi alle famiglie se non liberalità finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica (di competenza degli Enti Locali), al miglioramento dell'offerta formativa. Resta la facoltà di richiedere contributi per le spese di laboratorio nelle scuole secondarie di II grado".

sabato 16 aprile 2011

Almeno facciamoli lavorare a favore della comunità che li assiste

pict003E’ fuori di dubbio che i profughi vadano accolti, alloggiati, sfamati, scolarizzati se minori, forniti di ogni assistenza medica. Non siamo sicuri che il nostro paese abbia la forza di farlo per un numero altissimo di richiedenti (si dice ben oltre i 50mila) e per un tempo indefinito, ma così dovrebbe essere. I dieci tunisini maggiorenni che arrivano oggi a Faenza verranno accolti con il massimo decoro in una struttura adeguatamente predisposta dal Comune, ospitati in camerette a due letti, serviti di due pasti al giorno, seguiti da nuclei di assistenti sociali. Non crediamo che gli amici della sinistra, tutta carità e amore pelosi, abbiano molto da ridire, almeno in questo caso, ma non ci giureremmo troppo.

Tuttavia nessuno ha posto il problema di cosa faranno i rifugiati adulti in questi sei mesi di permanenza italiana: difficile che riescano ad andarsene in Francia o in Germania o in Belgio perché non li vogliono, difficile che si mettano a bighellonare per l’Italia dato che condizioni migliori di queste difficilmente potrebbero trovarne, difficile che riescano a trovare un lavoro regolare, una delle merci più rare che ci siano in questo momento.

Converrebbe allora che cominciassimo subito ad abituare questi nostri nostri ospiti a considerare l’Italia in maniera un pochino diversa da quella che si sono immaginati attraverso le televisioni satellitari facendoli lavorare per sei ore al giorno nei servizi comunali così da ripagare la città che li assiste. L’obbligo servirebbe anche a spiegare loro che l'Italia è un repubblica fondata sul lavoro e questo principio è valido sia per i cittadini italiani, che per gli ospiti assistiti. Alla fine un po’ di lavoro non ha mai ammazzato nessuno, neppure i tunisini che rischiano di pensare di essere arrivati nel paese di bengodi.

venerdì 15 aprile 2011

L’imbecille e la cricca Scalfari. Il golpismo di Repubblica e l’anticostituzionale “progetto Spinelli”

thumbnailDenunciare il pronunciamento golpista di Alberto Asor Rosa è stato ed è utile. La tribuna che prepara ogni giorno il terreno a simili sconcezze, il quotidiano la Repubblica, si è spaventata e si è affrettata a processarlo in una grassa pagina per la sua goffaggine impudente, chiamando “sparata” la sua uscita sul manifesto e stimolandolo a un’autocritica pelosa, che non c’è stata salvo una mezza marcia indietro nello stile dell’uomo, dell’italianista e dell’ideologo combattente, che è uno stile obliquo. Veltroni, Enrico Letta e altri capi del Pd, alcuni dei quali hanno lodevolmente firmato il nostro appello in difesa della democrazia liberale e costituzionale, si sono sbracciati a dire che quelle di Asor Rosa – una prova di forza contro la sovranità delle Camere con l’appoggio di Carabinieri e Polizia di stato – sono tesi inaccettabili. Il direttore di Repubblica ha castigato il suo collaboratore addirittura parlando di “imbecillità”. Un passettino in avanti, ecco.

Ma l’apparenza non è tutto. C’è la sostanza. La sostanza è che Asor Rosa si difende così: il mio appello golpista sarà anche stato una forzatura, ma l’ho fatta per rendere più chiara la premessa, cioè che l’Italia è governata da un delinquente che esercita un dispotismo il cui esito è l’attuale affossamento della democrazia, che a questo punto deve difendersi con il pennacchio dei Carabinieri, scagliato contro le Camere e il popolo elettore. La cricca Scalfari non è mai arrivata a invocare la forza pubblica per rimuovere l’ingombro delle Camere, conclusione forzante di Asor Rosa che ne fa parte (il solito compagno che sbaglia), ma in fatto di premesse, che quella conclusione mette in luce, è madre e maestra.

Tutti i giorni da alcuni anni il presidente del Consiglio è descritto come un malato, un delinquente, un imbroglione, un caporione politico impegnato nello svuotamento della legalità e della democrazia. Insomma: un tiranno capriccioso che si fa beffe di ogni regola e calpesta la Costituzione. Chi volesse smentire questa nostra asserzione dovrebbe smentire che l’acqua disseta, il cibo sfama e l’amore senza preservativo di norma porta con la cicogna tanti bei bambini. Vaste programme, come diceva il generale De Gaulle, impresa piuttosto difficile.

In un sillogismo non c’è conclusione senza una correlata premessa. La cricca Scalfari scrive la premessa, e il professore tira la conclusione logica. Ma la premessa di una tirannia operante non basta. Repubblica, per la penna di Barbara Spinelli, editorialista che ha lasciato la Stampa di Torino per la sua presunta timidezza nella lotta, ha apertamente teorizzato un certo metodo per liberarsi dell’autocrate, quando sembrava che Fini avrebbe dato il colpo di grazia al governo Berlusconi, nel novembre del 2010: né un governo tecnico appoggiato da una maggioranza di ribaltone e incaricato di cambiare la legge elettorale in senso più vantaggioso per il centrosinistra né il voto potrebbero mai risolvere la questione dell’eliminazione del tycoon che ha rimbecillito gli italiani con le sue tv; ci vuole un governo di unità costituzionale che renda Berlusconi ineleggibile per legge, e solo dopo si può andare a votare. Mauro ieri nella riunione di redazione del suo giornale, lamentando rozzamente il nostro proditorio attacco alla sua linea di lotta, e castigando il suo collaboratore Asor Rosa come un “imbecille”, ha detto che non c’è una riga di Repubblica che si possa citare per dimostrare una propensione al golpe. Ora io chiedo ai lettori se il “progetto Spinelli” non sia, come scrissi subito, “inconsapevolmente golpista”, e l’avverbio “inconsapevolmente” era una timida concessione di buona fede a una scrittrice di politica che un tempo, quando rifletteva in modo sensato su giustizia e politica, mi capitò di stimare. Procurarsi una maggioranza, rinviare le elezioni dovute agli italiani che ne avevano eletta un’altra, dichiarare per legge l’eliminazione del competitore, e poi andare a votare: se questo non è letteralmente un golpe costituzionale, che cos’è un golpe costituzionale? La novità, ferale per questi scombinati piagnoni e virtuisti della cricca, è che uno di loro è passato, per impudenza e per goffaggine, a illustrare la conclusione anticostituzionale che deriva dalla premessa di golpismo costituzionale da loro elaborata.

Non so se il presidente del Consiglio e il suo partito abbiano voglia di continuare a fronteggiare la cricca Scalfari con le barzellette sul bunga bunga. Sono utili anch’esse, perché di una tragicommedia si tratta. Ma se non dovessero passare all’attacco in un caso come questo, se non fossero capaci di promuovere una ribellione di cultura e di coscienza contro simili posizioni, in difesa della democrazia e della Costituzione, meriterebbero alla fine l’arrivo dei Carabinieri e della Polizia di stato.

Giuliano Ferrara – Il Foglio – 15/04/2011

Hanno ragione i sindaci ma perché non dicono che è ora di utilizzare meglio i soldi pubblici da parte di regione e provincia? Ad esempio, come si giustifica una spesa di un milione di euro per una rotonda?! Sarebbe ora di piantarla con la solita litania contro il governo e imparare ad amministrare bene e con efficienza

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giovedì 14 aprile 2011

Capo Gruppo PDL in Consiglio Provinciale

Anche il nostro Flavio Linguerri cerca di smorzare la crescente psicosi per la distruzione di Roma prevista per l’11 Maggio 2011

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Perché il Parco dei Gessi Romagnoli appalta la gestione del Rifugio Carnè alla chetichella e senza alcun rispetto per il precedente gestore?

pict003Prende avvio nel peggiore dei modi la gestione consortile del Parco dei Gessi Romagnoli che fin dai primi provvedimenti sembrerebbe mancare di trasparenza amministrativa e gestionale.L’ultimo caso segnalato riguarda una strana gara di appalto del Rifugio Ca’ Carnè inserito nel Centro Servizi al Parco sito nel Comune di Brisighella

E’ opportuno ricordare che il Centro Servizi al Parco è costituito da:
a) un immobile attualmente adibito ad abitazione
b) una capanna scout
c) una capanna Norvegese unico punto di barbecue autorizzato nel parco
d) un museo- aula didattica
e) un immobile adiacente la grotta Tanaccia
f) un immobile denominato Rifugio Carnè con bar locanda e ristorante

Ad eccezione del Rifugio Carnè che da 14 anni è gestito da un affittuario, tutte le strutture e gli immobili del Centro Servizi sono in disponibilità diretta del guardia parco che su incarico del Consorzio Parco svolge anche mansioni di guida turistica e similari, e per questo è regolarmente retribuito
Nel mese di dicembre 2010 scade, dunque, il contratto di locazione del Rifugio stipulato molti anni prima dalla Società d’Area Terre di Faenza, ma nessuno dei nuovi amministratori, tantomeno il Direttore del Parco, ritiene, necessario o opportuno, informare il gestore della necessità di interrompere l’attività, né da alcuno viene manifestata l’intenzione di procedere a gara. E così il gestore prosegue tranquillamente la conduzione pensando a un rinnovo contrattuale quasi automatico come prassi vorrebbe.

Invece in data 7 Marzo 2011 egli viene a conoscenza che la gestione del rifugio è stata oggetto di Bando Pubblico da parte del Consorzio Parco quando in realtà lui aveva già assunto impegni, appuntamenti, prenotazioni per l’intero anno e aveva già programmato i Cree estivi delle Parrocchie abituali utilizzatrici della struttura. Aveva insomma mantenuto le caratteristiche della gestione familiare che per tanti anni aveva caratterizzato l’attività sua e della sua famiglia.

mercoledì 13 aprile 2011

La provincia di Ravenna presenta il rendiconto in un’aula piena di dipendenti in contestazione

Giangrandi lascia alla nuova Giunta Provinciale un debito di 1.700.000,00 euro

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Non serve a nulla dirglielo. Proveremo in altri modi

nascondersiQuesta sera, ancora una volta, il Comune di Casola Valsenio organizza un comizietto elettorale a favore del PD sulla sanità pubblica invitando un suo esponente cioè un assessore proveniente dall’amministrazione provinciale di Ravenna che come noto è sotto elezioni amministrative

Potrebbe, forse, tornare utile un ripassino: “Dalla data di convocazione dei comizi elettorali (31 Marzo 2011) e fino alla chiusura delle operazioni di voto (16 Maggio 2011 o in caso di ballottaggio, 30 Maggio 2011) è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quella effettuata in forma impersonale e indispensabile per l’efficace svolgimento delle proprie funzioni” Legge n. 28/2000 art.9.

Che a Casola si parli di sanità pubblica, a noi va benissimo tanto più se organizzatore dell’incontro è un soggetto super partes come l’Amministrazione Comunale. Non ci sta bene invece che questa stessa Amministrazione che ogni giorno di più dimostra di non essere affatto super partes (bella scoperta, dirà qualcuno), organizzi e promuova la campagna elettorale del PD anche approfittando della buona fede di soggetti terzi come la Misericordia, totalmente ignari di questi meschini trucchetti.

In sostanza questa sera l’assessore provinciale Giangrandi presiede un dibattito al quale non dovrebbe né potrebbe essere presente perché promosso da una pubblica amministrazione in violazione delle leggi vigenti. Quasi ovunque c’è attenzione verso questi aspetti per nulla secondari della democrazia reale, ma a Casola Valsenio no.

Vedremo se un esposto alla prefettura sortirà qualche risultato.

Tutti bravi a fare la predica

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Nel luglio 2009 l’Italia istituì il reato di clandestinità, all’interno del pacchetto sicurezza. E previde che la condizione di clandestino avrebbe costituito un’aggravante nei processi penali.

Quali furono nel 2009 le reazioni a livello europeo e internazionale?

  • Sono intervenuti sul governo italiano il Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg; il Servizio giuridico del Parlamento europeo; il presidente della Commissione Libertà civili, giustizia e Affari interni Gérard Deprez, ed infine lo stesso commissario Ue alla Giustizia, Libertà e Sicurezza, Jacques Barrot, esprimendo critiche che variavano dalla “preoccupazione” alla “netta contrarietà”, fino alla censura.
  • In particolare il Servizio giuridico del Parlamento Europeo, già in un parere del 15 settembre 2008 sulla “compatibilità con il diritto dell’UE e i diritti fondamentali” dell’aggravante clandestinità, concluse che, per quanto riguarda la presenza irregolare dei cittadini dell’Unione europea, “le disposizioni pertinenti del diritto comunitario si oppongono a che una legislazione nazionale stabilisca come circostanza aggravante generale in relazione a un crimine o a un delitto, il solo fatto che la persona coinvolta sia un cittadino di uno Stato membro che si trovi irregolarmente sul territorio di un altro Stato membro”.
  • L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Italiana Laura Boldrini, censurò la politica dei respingimenti.
  • La canadese Louise Arbour, nel 2008 Alto commissario Onu per i diritti umani, aveva dichiarato: “In Europa sono fattore di enorme preoccupazione le politiche repressive, così come gli atteggiamenti xenofobi e intolleranti, nei confronti dell’immigrazione clandestina e delle minoranze neglette. Esempio di queste politiche e di questi atteggiamenti sono la recente decisione del governo italiano di rendere reato l’immigrazione clandestina e i recenti attacchi contro campi rom a Napoli e Milano”.
  • Infine, sia il Vaticano sia anche la Corte costituzionale espressero numerose perplessità, critiche e rilievi.

Qual è oggi la posizione dell’Europa?

  • La clandestinità è reato penale in numerosi paesi dell’Unione europea: tra questi Gran Bretagna, Francia e Germania. In Spagna è un’aggravante di un reato penale (chi lo commette deve scontarlo nelle galere della madrepatria per poi essere espulso definitivamente). Fuori dall’Ue, è reato negli Stati Uniti, Canada, Australia per limitarci al mondo occidentale.
  • La Francia ha recentemente stabilito che quella di chi fugge dal proprio paese deve essere definita semplicemente “immigration économique”, e, per ciò che riguarda in particolare i tunisini a Ventimiglia, essi devono sottostare a queste condizioni: 1) avere un documento di identificazione e permesso di soggiorno, anche temporaneo, rilasciato da uno stato membro dell’area di Schengen; 2) approvazione dei relativi documenti da parte dell’Unione europea; 3) mezzi sufficienti al sostentamento; 4) non rappresentare una minaccia per l'ordine pubblico.
  • La Germania ha, giusto ieri, stabilito che i soggiorni temporanei rilasciati dall’Italia non sono validi ai fini di Schengen.
  • In Gran Bretagna, il premier David Cameron ha da poco decretato la fine del multicultularismo e della politica dell’immigrazione praticata per un secolo nel paese.
  • In Spagna, il premier socialista Josè Luis Zapatero ha fatto erigete tra le città di Ceuta e Melilla, nell’ex Marocco spagnolo, un muro di 1.200 km, sorvegliato 24 ore al giorno, per bloccare già all’estero i tentativi di fuga verso le sue coste.
  • Stessa cosa sta progettando la Grecia ai confini con la Turchia.
  • L’Olanda ha approvato un anno fa una legge che impone a tutti gli immigrati di conoscere la lingua nazionale e di dotarsi di lavoro e mezzi di sostentamento.
  • In tutti i paesi europei in cui la Costituzione comunitaria è stata sottoposta a referendum popolare, essa è stata bocciata. In Italia l’ha votata il Parlamento, all’unanimità.
  • Mesi addietro il governo francese di Nicolas Sarkozy ha represso duramente le proteste sociali nelle periferie di Parigi e di altre grandi città da parte di immigrati di seconda e terza generazione.

Questa è dunque la situazione che ci circonda. Il governo prenderà ora le sue decisioni sull’emergenza degli sbarchi dalle coste africane. E saranno misure incisive. Ma per favore, l’Europa e i suoi governi non ci facciano più prediche. E la sinistra italiana la smetta di invocare, in nome dell’accoglienza, dei diritti umani o addirittura della civiltà, “il giudizio dell’Europa”, dell’Onu, e di altri organismi.

martedì 12 aprile 2011

In barba a tutti i gufatori, al PD che il risanamento lo sa fare solo a parole, alla sinistra che sa solo andare in piazza a inveire contro Berlusconi

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Raddoppio dei contributi ai partiti politici

La discussa proposta di legge sui fondi ai partiti vede in prima fila il deputato faentino

Oggi 12 Aprile sarà all'esame della commissione Affari costituzionali di Montecitorio la norma presentata da un gruppo bipartisan di deputati, tra cui spicca, dopo il primo firmatario Ugo Sposetti tesoriere dei Ds –tuttora esistenti– il faentino Gabriele Albonetti. La norma secondo quanto si legge su tutti i giornali, porterebbe il contributo ai partiti da 170 milioni a 355 milioni di euro all'anno.

E Matteo Renzi risponde: Sono pazzi

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Si va verso l’AUSL unica della Romagna: Carradori si prepara a guidarla. Ma l’Ausl unica è la scelta giusta?

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venerdì 8 aprile 2011

Affitti, da oggi in vigore la cedolare secca. Tutto quello che c'è da sapere per proprietari e inquilini

affittasiOggi entra in vigore il decreto sul federalismo municipale e sempre per oggi è previsto l'avvio del software sul sito internet dell'Agenzia delle Entrate, con cui si potrà effettuare l'opzione per la cedolare secca direttamente online.
La strada scelta dall'amministrazione finanziaria per avviare l'applicazione della cedolare secca prova a offrire ai contribuenti le modalità più flessibili per la scelta e tempi distesi per fare il calcolo di convenienza prima di dover decidere. Il provvedimento attuativo darà tempo fino al 6 giugno per la registrazione dei contratti i cui termini scadono da oggi alle settimane successive. In questo modo, i proprietari avranno il tempo di valutare la propria posizione e decidere se l'introduzione della cedolare secca conviene davvero anche a loro.

Il dato, infatti, non è così scontato, soprattutto quando i proprietari sono più di uno. Il provvedimento dell'agenzia delle Entrate, infatti, offrirà la possibilità di opzioni multiple, in cui per esempio un coniuge sceglie la tassa piatta e l'altro, perché ha un reddito più basso o maggiori spese da detrarre, preferisce rimanere nel regime ordinario di tassazione Irpef.
Quando le variabili in gioco crescono, insomma, il calcolo può complicarsi. Il meccanismo individuato per l'attuazione lascia però aperta la porta a eventuali correzioni: prima di tutto, è confermato che l'opzione vale per tutta la durata del contratto, ma può essere revocata se il contribuente vede cambiare la propria situazione reddituale o si accorge che la vecchia tassazione progressiva era più conveniente. Chi invece sbaglierà per eccesso nei versamenti, potrà recuperare in seguito attraverso le compensazioni con il modello F24.

Cos’è la cedolare secca? 
Come calcolare la cedolare secca

Un altro bell’esempio di efficienza dell’Amministrazione provinciale di Ravenna

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Ogni tanto i tentativi di screditare Berlusconi assumono aspetti di assoluta comicità. Come nel caso della villa di Lampedusa il cui acquisto sarebbe stato effettuato solo per l’effetto annuncio. Era invece la verità. Guarda un po’!

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