lunedì 20 dicembre 2010

Il modello amministrativo di Casola non può essere quello del tacere e del nascondere

4723341538_b853348bc8_bAncora una volta abbiamo assistito alla sceneggiata di una gara d’appalto ben strana come ha giustamente fatto rilevare Mirko Giacometti a proposito delle modalità di affidamento del nido alla cooperativa Zerocento.
A margine delle osservazioni che sono già state sollevate, una più di tutte merita di essere messa in evidenza.
Coloro che seguono le vicende amministrative casolane sanno con quanto vigore e con quale tenacia ci siamo battuti per fare in modo che la giunta Iseppi, per nulla dissimile dalle giunte Sagrini, rendesse pubblici i propri atti per consentire almeno ai consiglieri comunali di esercitare il diritto e il dovere del controllo.
Alla fine, quasi fuori tempo massimo, più per merito dei decreti Brunetta che per volontà del sindaco, siamo riusciti ad avere uno straccio di albo pretorio on line che ci consentisse l’esercizio del mandato senza dovere correre dietro ai cartacei con le loro lentezze inaudite.
ANCI RISPONDEPensavamo che l’albo on line, finalmente consentisse la completa disponibilità del tutto, come la legge prescrive e invece ancora una volta ci accorgiamo che spesso quello che manca è il più, in ossequio ad una perseverante modalità di governo locale caratterizzata dal “meno si sa e meno si dice, meglio è”.
Per questo ci permettiamo di ricordare al sindaco Iseppi che tutti i provvedimenti amministrativi (deliberazioni e determinazioni dirigenziali) devono essere pubblicati in versione integrale e conforme all'originale e che non sono ammissibili omissioni neppure parziali.
Fino ad ora non è stato così e alcuni atti, anche importanti, come quelli dell’esternalizzazione del nido sono parsi lacunosi e carenti al limite del lecito.
Così non deve essere ed è per questo che vogliamo ricordare agli amministratori e ai dirigenti del nostro Comune l’obbligo della massima trasparenza in atti come raccomanda anche l’ANCI (l’Associazione dei Comuni d’Italia) alla quale sempre ci si richiama quando c’è da votare un ordine del giorno contro il Governo, ma mai quando c’è da mutuare un comportamento di trasparenza e di linearità amministrativa.

Uno strano Bando: molte reticenze e omissioni in atti caratterizzano la gara per l’affidamento del nido

4716045088_9a09954aa5_bLa decisione presa dalla giunta, e avvallata da tutta la maggioranza, di dare l’affidamento dell’asilo nido comunale alla cooperativa Zerocento è l’ennesima dimostrazione che non sempre c’è la volontà di ricercare e valutare tutte le soluzioni possibili per risolvere un problema. Innanzitutto manca la trasparenza.
Ora che l’albo pretorio on line, finalmente, funziona si potrebbe andare a scaricare e leggere la delibera di giunta nr 86 riguardante appunto l’affidamento del servizio ma, soprattutto, le regole che con cui si andava a fare la gara d’ appalto. Peccato che gli allegati, che sono sostanzialmente le regole, non siano stati pubblicati.
”Il cottimo fiduciario consente di invitare alla gara un congruo numero di soggetti di fiducia dell’Amministrazione, in possesso di tutti i requisiti prescritti dalla legge e dalle disposizioni regolamentari in vigore;” questo cita la delibera di giunta. Ora non si capisce perché l’asilo Santa Dorotea non sia stata invitata, e soprattutto non si sia voluto portarla a conoscenza delle regole di aggiudicazione del servizio. La risposta data dall’assessore Barzaglia, all’interrogazione di Piolanti, è vaga e soprattutto dice esplicitamente che alla parrocchia è stato chiesto, preventivamente e in forma privata,un tipo di servizio ( che comprendeva la chiusura della scuola materna) e alla cooperativa è stato affidato un ‘altro tipo di servizio.

Andando a leggere il “capitolato speciale”, uno degli allegati non pubblicati, ma che è stato consegnato in forma ufficiale alla consigliera Bertozzi in data 15/11/2010 si trovano:

ART. 16 - MODALITA’ DI PRESENTAZIONE DELL’OFFERTA E CRITERI DI AMMISSIBILITA’ DELLE OFFERTE
I plichi esterni contenenti l’offerta e le documentazioni, pena l’esclusione dalla gara, devono pervenire integri entro il termine perentorio delle ore 12,00 del giorno .

L’articolo 17 cita:
Le operazioni di gara saranno assolte da un'apposita Commissione giudicatrice che sarà formata in base alle disposizioni di cui all'art. 84 del D.Lgs. n. 163/2006.
La commissione, nel giorno fissato di _________ ore 10,30, in prima seduta pubblica, procede all’apertura delle buste “A” contenenti la documentazione amministrativa…….”

Come si vede chiaramente le date sono state omesse.
Con determina nr. 277 del 10/12/2010 si è dichiarato che il termine per la presentazione delle domande era il 04/12/2010 e si è provveduto alla costituzione della commissione ma si è nuovamente omesso la data dell’apertura dei plichi.

Ora le domande sono:
1) come si può partecipare ad una gara se non si sanno nemmeno i termini?
2) come si può partecipare all’apertura dei plichi se non si sa quando questi si apriranno?
3) che seduta pubblica è, se non si dichiara quando si farà?

Altra zona d’ombra è sulle ditte che sono state invitate dall’amministrazione. L’allegato manca e non si sa se la cooperativa Zerocento ha gareggiato da sola perché è stata l’unica invitata o se nessuno degli invitati ha fatto una proposta. L’unica cosa certa è che ha gareggiato da sola perché così appare nel verbale di aggiudicazione che la commissione ha redatto ed è stato pubblicato con determina nr 293 in data 17/12/2010.
I dubbi sono pure sulle economicità che la convenzione apporterà alle casse comunali, ma questo si potrà vedere solo tra un anno, alla chiusura del bilancio prossimo.
Il sospetto è che l’amministrazione volesse dare questo servizio alla cooperativa ad ogni costo, come ha sostenuto Piolanti in consiglio, perché ha delle forti pregiudiziali verso la scuola Santa Dorotea e più in generale verso il mondo cattolico. Dubbio che, ha dire il vero, ritengo non abbia solo la minoranza, anche se non è stato espressamente detto da nessuno.

Quest’affidamento che, obbiettivamente, ha rivelato delle gravi lacune d’informazione e trasparenza poteva essere evitato dando la gestione dell’asilo nido comunale direttamente alla cooperativa e dichiarando apertamente la volontà di non voler fare una gara pubblica per l’affidamento del servizio. Il risultato era lo stesso ma almeno si evidenziava un po’ di coerenza.

Mirko Giacometti 19/12/2010.

“Esprimiamo la nostra soddisfazione per l’elevata affluenza alle urne…” Mah?!

Per quanto il PD casolano esprima con la solita enfasi una grande soddisfazione per l'elevata affluenza alle primarie del Centro Sinistra per la scelta del candidato alle provinciali, svolte il 19 Dicembre, i numeri dicono altro perché dal 2005 (anno di avvio delle primarie) a ieri gli elettori sono passati da 485 a 165 con una diminuzione secca di oltre il 65% e con un calo costante che è difficile nascondere:

- ottobre 2005 alle primarie vinte da Prodi per le elezioni politiche parteciparono 485 casolani
- ottobre 2007 alle primarie vinte da Veltroni per l’elezione del segretario parteciparono 311 casolani (-35,88%)
- ottobre 2009 alle primarie vinte da Bersani per l’elezione del segretario (aperte anche ai sedicenni) parteciparono 215 casolani (-30,87%)
- dicembre 2010 alle primarie per la candidatura alla presidenza della provincia di Ravenna vinte da Casadio hanno partecipato 165 casolani (-23,26%)

Non abbiamo alcuna intenzione di sminuire la prova di partecipazione democratica alla quale il PD  si sottopone periodicamente con un coraggio che talvolta sfiora la temerarietà,  ma sarebbe bello vedere che anche il linguaggio e le modalità comunicative così ingessati e formali in quel partito cominciano a cambiare.
Quando i numeri sono questi occorrerebbe pur fare uno sforzo per non utilizzare formule di rito che non aiutano. O no?

sabato 18 dicembre 2010

Perché è opportuno che Gianfranco Fini si dimetta da Presidente della Camera

pict003E’ unanime il giudizio sulla modalità del tutto anomala con cui Gianfranco Fini sta ricoprendo l’incarico di Presidente della Camera ma sul fatto che sia Napolitano a doversi esprimere, la valutazione è più cauta.
Secondo Tommaso Edoardo Frosini,  ordinario di Diritto comparato a Napoli, “Giorgio Napolitano potrebbe chiamarlo e chiedere le sue dimissioni e Fini dovrebbe pensarci seriamente. Le sue dimissioni sono dovute in termini di rispetto sostanziale”. Ma, come spiega Fabrizio Cassella, ordinario di Diritto costituzionale a Torino, “quello del presidente della Repubblica non potrebbe essere nulla più di un richiamo a un corretto uso della comunicazione istituzionale”.

La militanza politica non è mai stata un’attività
a cui i presidenti della Camera si siano dedicati direttamente. Come sottolinea Cassella, “Fini ha provocato una rottura senza precedenti, inaugurando una radicale metamorfosi della carica di presidente della Camera: colui che sarebbe chiamato a svolgere il compito di arbitro dell’arena politica ha invocato fuori dall’aula una crisi parlamentare”.
Non esiste una norma a cui appellarsi per dirimere il conflitto istituzionale in atto alla Camera. Ma, come i giuristi interpellati confermano, non tutto può essere contenuto in una norma, e non tutto può essere contemplato dai regolamenti: esistono comportamenti reiterati che nel tempo assumono carattere vincolante.
Dice Tommaso Edoardo Frosini “Il caso di Fini rappresenta la rottura di una prassi che va assolutamente ristabilita, altrimenti si getta la presidenza di Montecitorio nella lotta politica”.

Spiega Nicolò Zanon, ordinario di Diritto costituzionale a Milano e membro laico del Csm, “nel caso di Fini la componente di parzialità di questo ruolo si è spinta oltre ogni limite”. “Fini non può essere accusato per il momento di una gestione parziale dei lavori, ma correttezza istituzionale vorrebbe che fosse imparziale dentro e fuori la Camera. La sua duplicità crea imbarazzo”.
Molti costituzionalisti, tra cui Cassella, individuano una vera e propria “virata storica” nell’interpretazione del ruolo data da Fini: “L’anomalia non consiste nel suo essere presidente pur essendo all’opposizione, ma nel suo approccio militante al ruolo. La prassi è rotta e cercare di rafforzare il proprio schieramento attraverso il ruolo di presidente è più grave di un eventuale abuso consumato dal presidente del Consiglio”.

Tuttavia non c’è articolo della Costituzione a cui si possa far riferimento. “Dal punto di vista istituzionale non esiste possibilità di smuovere il presidente della Camera – dice Fulco Lanchester, ordinario di Diritto costituzionale alla Sapienza di Roma – ma c’è un problema di responsabilità istituzionale che ci si deve assumere”.  Se il Quirinale ha le mani legate, chi si deve far carico di questa responsabilità? Per Raimondo Cubeddu, ordinario di Filosofia politica a Pisa, “coloro che hanno eletto Fini alla Camera devono chiedere le sue dimissioni”.

(Per abstract da un articolo di Giulia De Matteo su Il Foglio del 17 dicembre)

venerdì 17 dicembre 2010

Silvio Berlusconi: riprendiamo il cammino del buongoverno

3697691092_3a43458b68_bCon il voto sulla fiducia al Senato e alla Camera, ancora una volta il senso di responsabilità ha avuto la meglio.
Riprendiamo da oggi il cammino del buongoverno, proseguendo su tre linee fondamentali. Innanzi tutto il completamento dei cinque punti strategici sui quali avevamo avuto una fiducia ampia dal Parlamento il 29 settembre. Voglio sperare che su questi cinque provvedimenti tutti i parlamentari che li hanno votati poche settimane fa siano coerenti con l’impegno assunto allora. In particolare spero che il Senato approvi definitivamente entro l’anno il decreto sicurezza e, nel minor tempo possibile, la riforma dell’università.
Come ho detto nei miei interventi al Senato e alla Camera, intendo proseguire il cammino per riunificare i veri moderati in un unico grande movimento politico, ovviamente senza quei pasdaran che si schierano con Di Pietro e usano i toni, le calunnie e le false argomentazioni del Fatto quotidiano e di Repubblica e. Considero il consolidamento di una unica grande forza politica che sia la sezione italiana del Partito dei Popoli europei uno dei compiti fondamentali che devo assolvere nel mio impegno in politica.
A questo compito se ne accompagna un altro, altrettanto decisivo per il futuro del nostro Paese. Dare finalmente all’Italia istituzioni in grado di funzionare in modo adeguato ai tempi, superando il bicameralismo perfetto, riducendo il numero dei parlamentari, rinforzando i poteri del premier per garantire stabilità al governo e impedire ribaltoni e colpi di palazzo, una legge elettorale che garantisca bipolarismo e governabilità. Su questo punto faccio appello a tutte le forze responsabili presenti in Parlamento, con cui abbiamo proficuamente lavorato su questo tema nella prima metà della legislatura ed anche a  quelle con cui è cominciato il nostro cammino politico nel 1994: riprendiamo il lavoro dai punti che abbiamo condiviso. E’ un dovere che abbiamo nei confronti di tutti i cittadini.
Possiamo e dobbiamo realizzare questi tre grandi obiettivi nei due anni che mancano alla fine della legislatura. Io, come al solito, mi impegnerò con dedizione e passione. Oggi, come sedici anni fa, sento su di me il dovere di non deludere le attese e le speranze degli italiani, che qui in forzasilvio.it, nei gazebo e nelle numerose manifestazioni di queste ultime settimane mi hanno confermato il loro sostegno. Per loro e per tutti gli italiani lavorerò per completare queste grandi riforme, per consolidare e rafforzare la casa di tutti i moderati e per realizzare un nuovo assetto istituzionale. Questa è la risposta che daremo a chi, inutilmente, ha cercato di sconfiggerci con una congiura di palazzo.

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giovedì 16 dicembre 2010

Come sempre il Pd vorrebbe dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Ma i carabinieri questa volta parlano chiaro: chiedete scusa e dimettetevi

altÈ il figlio di un ex brigatista rosso il minorenne che compare in alcune foto degli scontri di martedì armato di una pala. Il padre del ragazzo, liceale di 16 anni, è un uomo noto alle cronache del terrorismo di estrema sinistra, dunque con precedenti molto importanti. Ma lo stesso sedicenne è noto per appartenere agli ambienti della sinistra estrema

Questo elemento sembra tagliare sul nascere la polemica sui presunti infiltrati nella protesta. Anna Finocchiaro (Pd) dopo aver visto le foto pubblicate sui giornali e i video su internet si è rivolta al ministro dell'Interno, Roberto Maroni: «A Roma c'erano evidentemente degli infiltrati che hanno messo a rischio i manifestanti e le forze dell'ordine - sostiene -. Chi li ha mandati? Chi li paga? Cosa devono causare?».
Francesco Ferrante e Roberto della Seta, sempre Pd, si chiedono se «c'erano agenti travestiti». Sulla stessa linea l'Idv ha presentato un'interrogazione parlamentare in cui ipotizza una «strategia eversiva» se fossero vere le insinuazioni sugli infiltrati.

Si ribella alle tesi del Pd il Cocer (consiglio di rappresentanza) dei carabinieri, che definisce sconcertante l'ipotesi sollevata e osserva che «se le dichiarazioni sono frutto solo di illazioni, invitiamo i parlamentari a fare ammenda con pubbliche scuse a tutti gli appartenenti del comparto sicurezza e a presentare le proprie dimissioni da parlamentari».

martedì 14 dicembre 2010

La guerriglia di piazza è figlia della sinistra dipietrificata e di una opposizione che nella sua furente avversione verso il capo del governo ha avvelenato tutti i pozzi

Scontri-14-dicembreChi ha organizzato la canaglia squadrista contro il Parlamento?

Chi ha promosso i suoi slogan, oltre che i suoi pullman?

Chi ha creato lo stato emotivo teppistico per un attacco a freddo alla vita democratica, mandando allo sbaraglio giovanotti attempati e carichi di libidine violenta?

Chi sono i responsabili della guerriglia urbana, che per un miracolo non ha fatto vittime, e che si è accanita contro i simboli del vivere civile nella capitale della Repubblica?

Queste sono le domande da farsi in queste ore.

E le risposte non sono poi così difficili.

sabato 11 dicembre 2010

Nove giorni di lavoro per una pensione a vita di 3000 euro al mese

negri_potere_operaioFacendo un riepilogo degli onorevoli che tra la prima e la seconda Repubblica hanno ottenuto la pensione per il resto della loro vita c’è anche Toni Negri, il cattivo maestro per eccellenza, il grande nemico dello Stato borghese e capitalista. Questo signore - come riporta il sito internet dell’Espresso - incassa ogni mese dai contribuenti italiani 3108 euro e questo dal 1993, anno in cui varcò la soglia dei sessant’anni.
Questa ragguardevole cifra, ben superiore alla retribuzione di molti nostri connazionali, se l’è guadagnata così: fu eletto nelle liste radicali, uscendo dal carcere dove era stato rinchiuso dal 7 aprile 1979, dopo un processo in cui gli venivamo mosse pesanti accuse per legami col terrorismo rosso.
Fece il suo ingresso in Parlamento il 12 luglio del 1983 e prima che gli onorevoli colleghi autorizzassero il suo arresto, fuggì in Francia e tanti saluti. Dunque la sua esperienza in aula durò 64 giorni. In realtà, però, per via del periodo estivo e delle relative ferie, a Montecitorio vennero convocate soltanto 9 sedute.
La notizia non è nuova, in sé. Anzi, è stata scritta e riscritta, campeggia pure in La Casta di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Nel libro, fra l’altro, viene citato un memorabile intervento dell’on. Negri, nel quale affermava: «Mi hanno accusato di aver vissuto in cento bande clandestine, ma l’unico corpo separato in cui mi è toccato di vivere è proprio questo Parlamento».
Però la pensioncina mica gli fa schifo.  Quel che sorprende è notare che a Negri continui ad arrivare lo stipendio da ex rappresentante del popolo italiano, garantitogli da quella democrazia borghese e padronale da lui tanto disprezzata.

Per la verità il professore padovano non è il solo a godere delle prebende da ex politico. Tanti come lui incassano e continuano ad approfittare di scandalosi benefici. Il suo però è un caso abbastanza clamoroso. Sia per il numero di giorni di “lavoro” in Parlamento sia per le dichiarazioni che il maestro rosso ancora sparge in giro.
Gianfranco Fini, ci permettiamo di rivolgerle un appello: lei che di Montecitorio è il massimo rappresentante, faccia una cosa di destra. Tolga queste pensioni ridicole. E, magari, inizi dal rivoluzionario Toni Negri.

La rivoluzione liberale di Marchionne imprime una accelerazione poderosa al cambiamento del sistema Italia

free4_intFiat o meglio Chrysler-Fiat ha imboccato ieri a New York la strada che la porta fuori da Confindustria e dalla sua tradizione di contratti nazionali concertati.
La rivoluzione di Sergio Marchionne è politica e sociale ed avrà ripercussioni ben oltre le relazioni sindacali in senso stretto, ben oltre la questione dell'organizzazione del lavoro e dei diritti. Lo smantellamento del vecchio contrattualismo cambia struttura e assetto dei poteri in Italia.

Marchionne da Detroit importa a Mirafiori e altrove, con sensibile rischio di contagio a macchia d'olio, il modello di business e di lavoro americano.
Addio riunioni e concertazioni al terzo piano di Palazzo Chigi. Stato Confindustria e sindacati confederali o di categoria prendono un colpo storico nel loro spazio e nella loro funzione. Lavoratori e impresa faccia a faccia a discutere di salari e produttività e modelli di lavoro e tecnologie e condizioni ambientali: fine presuntiva per la gigantesca intermediazione sociale all'europea, di ceppo storico corporativo.

Se alla fine questa linea aziendalista e produttivista di stampo americano passerà nell'industria manifatturiera, trasferendosi nel resto del sistema produttivo, si imporranno coerenze ad alto impatto politico anche nell'istruzione, nella sanità, nell'organizzazione dei servizi di welfare, perché tutto si tiene.
Da una simile rivoluzione non esce indenne il nostro vecchio stato, con la sua pubblica amministrazione e le sue abitudini.

giovedì 9 dicembre 2010

Ma ve li immaginate Muti o Abbado che chiamati a dirigere al Lincoln Center di New York….?

Ieri, davanti alla Scala erano in molti ad offrirsi alle telecamere con l'occhio umido per i tagli alla cultura ma non uno ha suggerito a quale dei capitoli della finanziaria si fosse disposti a rinunciare per trasferire più risorse alla lirica, al cinema o ai teatri. Tanto meno lo hanno fatto i dimostranti in piazza, anche loro sulle barricate della cultura, illuminati dalla luce dell'avvenire, sprezzanti del pericolo (a rimanere feriti sono stati solo poliziotti e carabinieri) e investiti dalla missione salvifica di difendere i fondi a quel teatro dell'Opera che per decenni era stato semmai il bersaglio della loro protesta.

Nessuno ha detto dove altro si sarebbe dovuto tagliare: i fondi per la Sla?, i soldi ai cassa-integrati?, i fondi per l'Università? O qualcuno che dicesse per lo meno: "in nome della cultura siamo pronti a pagare più tasse!". Perché delle due l'una o si tagliano altre spese o si chiedendo altri soldi ai contribuenti.

Ma la cosa davvero più insopportabile della giornata è stato il siparietto costituzionale di Daniel Baremboim. Il "maestro scaligero" argentino, con aria seria e contrita si è rivolto al pubblico in sala per dirsi preoccupato per lo stato della cultura nel nostro paese, "anche in nome di tutti i miei colleghi che suonano, cantano, ballano e lavorano non soltanto in questo magnifico teatro, ma in tutti i teatri d'Italia". Poi ha tirato fuori un foglietto dalla tasca e ha letto l'articolo 9 della Costituzione: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura...ecc, ecc, ". E giù applausi fragorosi.

E' un ben strano paese l'Italia se può accadere una cosa del genere proprio il giorno della prima della Scala, alla presenza del Capo dello Stato e di mezzo governo italiano in pompa magna. Ma ve li immaginate Muti o Abbado che chiamati a dirigere al Lincoln Center di New York, magari alla presenza di Obama e first lady, o all'Operà di Parigi con Sarkozy e premiere dame, che si mettono a leggere un articolo della Costituzione contro, chessò, Abu Grahib o Guantanamo, la riforma della Sanità, o la cacciata dei Rom?

Sarebbero travolti dai fischi e dall'indignazione, accompagnati a calci al confine e dichiarati persone non gradite per il resto della loro vita e carriera. Qui da noi Baremboim è l'eroe del giorno. Con il suo bel cachet in tasca, l'onore di dirigere la Scala e la lacrimuccia per i "tagli alla cultura", soffuso dall'immancabile aura anti-berlusconiana che oggi si porta tanto bene. E senza neppure il beau geste di dire: "Devolvo il mio compenso di stasera al sostentamento del teatro". Sono tutti bravi a criticare i tagli con il c**o degli altri.

A poche settimane dalle elezioni provinciali non potevano farsi mancare un bel taglio di nastro, ma va egualmente bene, anzi benissimo. E a primavera via con il secondo stralcio (sperando che non sia solo un annuncio preelettorale). Questi sono gli interventi davvero importanti per Casola Valsenio!

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mercoledì 8 dicembre 2010

Ma tu - respiro profondo - si può sapere che c’hai in testa?

bocca della veritàProvo a mettermi nei panni dell’uomo “normale”, quello che osserva le cose della politica dal di fuori, dal suo banco di frutta, dal tabaccaio, dal bar e che sente parlare di un sacco di maneggi, di strane alchimie di palazzo, di terzi poli, di quarte gambe e altre ipotesi bislacche.

Poi ascolta Fini che va al liceo “Orazio” di Roma e dice che lui il ribaltone non lo vuole e che però, però … Però che? Boh, Non si capisce. Così mi metto nei panni dell’uomo “normale”, quello del banco di frutta e penso che lui, così come me, deve aver una gran confusione in testa e qualche serio giramento.

Lui, il cittadino qualunque, il suo intendimento lo ha espresso alle urne e secondo me, ma anche secondo un mucchio di altra gente, se ora riesce a capirci qualcosa in tutto il marasma di dichiarazioni e furbissimi passi indietro, se riesce a venire al bandolo della matassa, è facile non la prenda bene. E’ ormai chiaro infatti che c’è qualcuno che nell’ombra maldestramente lavora perché la sua scelta politica venga rigirata e, peggio, per impedirgli di andare nuovamente al voto per dire come la pensa. Per rifilargli insomma un bel pacco natalizio assai gradito a chi da vent’anni ha fatto dell’odio verso Berlusconi una ragione di vita prima che una ragione politica e che, per questo, da vent’anni le elezioni continua a perderle.

L’uomo qualunque sono io, sei tu, siamo un po’ tutti, come direbbe Flaubert, quelli che in una epifania liberatoria di verità e senso pratico, vorrebbero guardare in faccia Fini e chiedergli “Ma tu - respiro profondo - si può sapere che c’hai in testa?”.

lunedì 6 dicembre 2010

Anche l’Unione dei Comuni apre l’albo pretorio on line. Il Comune di Casola Valsenio invece, nonostante una mozione approvata all'unanimità il 9/7/2009, dopo 17 mesi, non ha fatto nulla

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Per fortuna che la legge prescrive l'obbligo dell’albo pretorio on line dal 1 Gennaio 2011, altrimenti avremmo aspettato ancora per anni il compimento dei deliberati consiliari. Questo è il modo con cui il sindaco Iseppi rispetta la volontà del consiglio!

venerdì 3 dicembre 2010

L’asilo nido comunale non poteva essere gestito dal prete. No, proprio no!

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La netta preclusione verso la scuola paritaria in occasione dell’esternalizzazione dell’asilo nido comunale è passata nel più assoluto e inspiegabile silenzio del mondo cattolico casolano dal quale - almeno in questa circostanza - ci saremmo aspettati un sia pur timido segnale di dissenso.
Avevamo chiesto che il servizio fosse affidato alla Parrocchia di Casola Valsenio, che ha raccolto degnamente il testimone lasciato dalle Suore Dorotee, se questa avesse offerto condizioni paragonabili a quelle dei privati economici.

Che la scuola dell’Infanzia Santa Dorotea avesse tutte le carte in regola per assumere anche la gestione del nido, non c’è nessuno in buona fede che possa negarlo: ha una tradizione quasi centenaria nell’educazione dei bambini tra i tre e i sei anni, ha una presenza consolidata nella gestione delle sezioni primavera dedicate ai bambini di due anni, è inserita nel sistema nazionale di istruzione pubblica essendo parificata alle scuole di stato, ha un nucleo professionale di educatori e di insegnanti, ha organi di gestione collegiale, ha dotazioni didattiche e locali certificati. Ha un solo difetto: è una scuola cattolica, ma insomma è un difetto sul quale si sarebbe potuto anche chiudere un occhio.

Invece si è deciso di affidare il nido ad una cooperativa (si accettano scommesse sul fatto che sarà quasi certamente la Cooperativa Zerocento di Faenza il cui presidente è la moglie dell’on. Gabriele Albonetti del PD) per due ragioni: perché la Parrocchia non ha accettato di interrompere il proprio servizio di Scuola materna e perché l’offerta economica non era competitiva con quella dei privati.

Attenzione: tutto quello che viene raccontato dal Sindaco e dal suo assessore Barzaglia non è riscontrabile in alcun documento scritto (una lettera, una bozza, una e-mail, un pizzino…) perché - cosa decisamente inconsueta e anomala nella pubblica amministrazione - la trattativa è stata condotta verbalmente senza un qualsiasi riscontro verificabile. Già questo, a ben vedere la dice lunga.
Parrebbe dunque che gli amministratori comunali abbiano proposto alla Parrocchia di chiudere la scuola Materna Santa Dorotea e di far transitare i bambini nelle sezioni di scuola statale mantenendo invece alla Santa Dorotea la sola funzione di asilo nido.
Si tratta di una proposta irricevibile e impresentabile perché la “scuola delle suore” è parte sostanziale della storia educativa e culturale di Casola e l’unico soggetto che avrebbe avuto titolo per dismettere quella storica esperienza è la comunità cattolica che l’ha voluta, l’ha difesa, l’ha alimentata, l’ha finanziata. Chiunque altro non avrebbe potuto proporre nulla al riguardo men che meno il Comune che per lunghi anni, in tempi neanche tanto lontani, ne ha ostacolato pesantemente la vita e la sopravvivenza.

Ai fini degli interessi pubblici la questione non poteva essere la chiusura della scuola materna paritaria, ma esclusivamente la riduzione degli oneri per la gestione del nido, oneri che gravano per circa 100mila euro sul bilancio comunale.  A noi risulta che con molta discrezione e con estrema correttezza la Parrocchia avesse avanzato la proposta di assumere integralmente il servizio di asilo nido in una struttura di sua proprietà appositamente ristrutturata e che avesse chiesto un concorso annuale alle spese di 50-60mila euro, onnicomprensivo.

I nostri amministratori sostengono invece che la decisione di mettere sul mercato la gestione del nido al prezzo annuo di circa 75mila euro, iva compresa, sia stata la migliore possibile e che l’offerta presentata dalla Parrocchia non fosse economicamente conveniente. Il tutto naturalmente senza essere suffragato né da un progetto tecnico-economico, né da carte di appoggio, né da raffronti dei modelli di conduzione e dei planning gestionali , secondo il consueto stile dell’amministrazione Iseppi che rende note meno della metà delle informazioni per poter liberamente manovrare nell’ombra e nel sottobosco delle clientele.

E così, ancora una volta, i molti cattolici che sono all’interno della maggioranza consiliare sono stati costretti ad avvallare la scelta dell’esclusione della scuola dell’infanzia Santa Dorotea dalla possibilità di gestire il nido, non perché questa avesse presentato offerte superiori, ma perché il pregiudizio di origine ha rappresentato un veto insormontabile e indigeribile per la componente ex comunista che ancora controlla il PD a Casola come a Ravenna, come a Bologna come a Roma.

mercoledì 1 dicembre 2010

Vince l’Università: la riforma è passata

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Adesso che la giornata del Piccolo Rivoluzionario è finita (almeno si spera), vediamo di capire in cosa consiste quello che, piaccia o no, è il primo provvedimento organico di riforma dell’intero sistema universitario.
Il principio alla base del ddl è che l’autonomia delle università deve essere coniugata con una forte responsabilità finanziaria, scientifica e didattica. Le università restano autonome ma risponderanno delle loro azioni. Se saranno gestite male riceveranno meno finanziamenti.
Altri punti centrali riguardano la riforma delle modalità di reclutamento del personale e della governance delle università secondo criteri meritocratici e di trasparenza. Ecco le principali novità che gli atenei
dovranno recepire negli statuti entro sei mesi dall’approvazione della legge.
Codice etico e dg. Il ddl prevede l’adozione di un codice etico per evitare incompatibilità e conflitti di interessi legati a parentele. Alle università che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non trasparente
saranno ridotti i finanziamenti del Ministero. Per i rettori sarà introdotto un limite massimo di 6 anni, inclusi quelli già trascorsi prima della riforma. Un rettore potrà rimanere in carica un solo mandato.
Il Senato avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il cda ad avere la responsabilità chiara delle assunzioni e delle spese, anche delle sedi distaccate. Il cda non sarà elettivo ma fortemente responsabilizzato e competente, con il 40% di membri esterni. Il direttore generale avrà compiti di grande responsabilità e dovrà rispondere delle sue scelte, come un vero e proprio manager dell’ateneo.
Bilanci trasparenti. Prevista l’introduzione della contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra ministero dell’Università e Tesoro. Per gli atenei in dissesto finanziario
è previsto il commissariamento.
Le risorse saranno trasferite dal ministero in base alla qualità della ricerca e della didattica. Finisce l’era della distribuzione dei fondi a pioggia. Mentre i docenti avranno l’obbligo di certificare la presenza a lezione. Viene per la prima volta stabilito inoltre un riferimento uniforme per l’impegno dei professori a tempo pieno per il complesso delle attività didattiche, di ricerca e di gestione, fissato in 1.500 ore annue di cui almeno 350 destinate ad attività di docenza e servizio. Gli scatti di stipendio arriveranno solo per i professori migliori. Gli studenti danno i voti. Gli studenti potranno valutare i professori e la valutazione sarà determinante per l’attribuzione dei fondi alle università da parte del ministero.
Ci sarà la possibilità inoltre di unire o federare università vicine, anche in relazione a singoli settori di attività, di norma in ambito regionale, per abbattere costi e aumentare la qualità di didattica e ricerca.
La riforma prevede inoltre una riduzione dei settori scientifico-disciplinari, dagli attuali370alla metà (consistenza minima di 50 ordinari per settore) e una riduzione molto forte delle facoltà che potranno essere al massimo 12 per ateneo per evitare la moltiplicazione di facoltà inutili o non richieste dal mondo del lavoro. Largo ai giovani. Il ddl introduce l’abilitazione nazionale come condizione per l’accesso all’associazione e all’ordinariato. L’abilitazione è attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università, cui potranno accedere solo gli abilitati. Le norme sono principalmente destinate a favorire la formazione e l’accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica. Tra i punti salienti: revisione e semplificazione della struttura stipendiale del personale accademico per eliminare le penalizzazioni a danno dei docenti più giovani; revisione degli assegni di ricerca per introdurre maggiori tutele, con aumento degli importi; abolizione delle borse post-dottorali, sottopagate e senza diritti; nuova normativa sulla docenza a contratto: riforma del reclutamento.